Non solo fanciulle
Alberto M., fotografo professionista di Messina aveva ricevuto l’incarico da una casa editrice di una rivista erotica di Roma il compito di fotografare una modella, con e senza veli, una modella il cui nominativo ed indirizzo erano stati forniti dal titolare della casa stessa. Giuseppina M. si era presentata allo studio di Alberto situato a piazza Cairoli una mattina dal tempo uggioso. Il socio di Alberto era Gaetano F., un uomo piccolo scheletrico con gobba ma molto spiritoso malgrado i suoi difetti fisici; quando qualcuno gli era antipatico e faceva malevoli apprezzamenti su di lui, si toccava la gobba avvertendo l’interessato di futuri suoi probabili guai. Quando Giuseppina entrò nello studio Gaetano alzò gli occhi dalle diapositive che stava controllando e: “Alberto è entrato in negozio un raggio di sole!” Alberto che si trovava nel piano sottostante adibito a studio fotografico: “Ma se sta piovendo, che cacchio dici!” “Sali e vedrai.” Alberto conosceva bene lo spirito goliardico di Gaetano ma alla vista di Giuseppina sgranò gli occhi, poi si riprese: “Signorina siamo a sua disposizione.” “Sono Giuseppina M., Pina per gli amici, la modella con cui uno di voi deve eseguire un servizio fotografico, chiamo Adolfo F. il capo redattore della rivista a cui interessano le mie foto.” Col suo telefonino: “Adolfo sono nel negozio del fotografo che mi hai indicato, te lo passo.” “Signor M. mi occorrono delle foto di Pina sia con veli che senza veli, la signorina le darà tutte le spiegazioni, il compenso le sarà da me inviato quando riceverò le foto, potrà essere molto alto, dipende dalla qualità delle foto stesse, a presto.” Alberto: “Sarò io ad eseguire il servizio fotografico, sediamoci in un tavolino del bar qui di fronte, così avrà modo di darmi direttive come eseguire il servizio fotografico, nel frattempo le va bene un Campari soda, è il mio preferito.” “Vada per il Campari, allora le foto saranno scattate in una spiaggia oltre Barcellona P.G., se lei è d’accordo domattina sarò qui, con la sua auto raggiungeremo il posto.” “Per me va bene, a domani.” “Che culo che hai, un pezzo di f…a così mai visto!” “A Gaetà è solo pé lavoro, con quella me sa tanto ‘non c’è ‘trippa pé gatti!’”, Alberto non aveva dimenticato le sue origini romane. Il giorno successivo alle nove Pina si presentò al negozio con un trolley, Gaetano aveva preparato una valigetta con biancheria ed uno zaino in cui aveva riposto il materiale fotografico. Fuori del locale. “Andremo con questa Panda?” “No la mia è la macchina posteggiata davanti.” “Una Jaguar? Complimenti per la scelta, un regalo del classico zio d’America?” “No, quello di una mia zia vedova di un marito mio omonimo.” Uscirono al casello di Barcellona, presero uno stretto viottolo che portava al mare. Percorso circa un chilometro sulla spiaggia si trovarono davanti una casetta prefabbricata di legno con pannelli solari sul tetto. Pina aveva la chiave: all’interno non mancava nulla per un comodo soggiorno, Alberto con lo sguardo enumerò i vari oggetti: cucina a gas con bombola, pentole, grande dispensa con cibi in scatola, pasta, biscotti integrali, zucchero macchina con cialde per il caffè ed ovviamente anche un letto che aveva un solo difetto: era di una piazza e mezza, in due ci si stava stretti…Una piccola stanza ricavata in fondo era adibita a bagno: doccia, bidet lavandino con specchio, water; l’acqua era dentro un serbatoio interrato nel sottosuolo della casetta. “Qui potremmo stare un bel po’!” esordì Alberto, “Il tempo necessario.” ribatté Pina, frase che non prometteva nulla di buono. Era maggio inoltrato, il sole stava scendendo sull’orizzonte, ormai era tardi per eseguire foto e così, dopo cena, i due seduti sulla spiaggia aspettavano che facesse completamente buio prima di andare a coricarsi. Nessuno dei due parlava, Pina al cellulare: “Ciao cara, mi sono sistemata, domani cominciamo il servizio “ Era mia madre.” Il problema del letto si pose ma i due lo risolsero mettendosi ognuno il più vicino possibile alla sponda. Alberto e con lui ‘ciccio’ era molto sensibile agli odori femminili, non quello dei profumi commerciali ma quell’effluvio che emanano certe signore e signorine di proprio. Pina era una di quelle, ‘ciccio’ si alzò speranzoso ma, non avuta confidenza da parte di Alberto, ritornò sconsolato a cuccia. Pina si era accorta del problema di Alberto, dentro di sé se la rideva, il signor fotografo avrebbe sofferto molto durante i prossimi giorni. La mattina fu Alberto ad alzarsi per primo, Pina fece la furba, voleva sapere come se la sarebbe cavata l’Albertone che si presentò a letto con un vassoio contenente Buondì Motta, caffè e latte, zucchero, spremuta di arancia: “Se la signora gradisce…” Pina si stirò tutta, si mise seduta sul letto e, alla frase di Alberto scoppiò in una risata, “Che ne dice o meglio che ne dici di far ridere anche me?” “Mi è venuta in mente un famoso verbo pronunziato da Sandra Milo, nuda, dinanzi ad un gerarca fascista in un film di Fellini: ‘Gradisca’ e con tale appellativo venne poi chiamata da tutti.” “Per favore, fai colazione, lavati, truccati nel frattempo vado in spiaggia a sistemare i miei materiali.” Uscendo dalla casetta Alberto si domandò come fosse stato possibile istallare in spiaggia, peraltro sul suolo demaniale, quella casetta in legno, la spiegazione poteva venire dal fatto che, da quello che scrivevano i giornali che a Barcellona la mafia aveva il suo peso, ma in fondo a lui interessava poco. Pina si presentò ben truccata in viso e coperta da un velo trasparente azzurro, una visione, Alberto che cercò di non far trasparire quello che provava. ‘Ciccio’ al solito alzò prepotentemente la cresta, il suo ‘padrone’ per evitare brutte figure, andò in mare si fermò quando l’acqua arrivò alla vita. Pina se la rideva allegramente, Alberto decisamente incazzato: “C’è poco da ridere, m’è venuto un colpo di calore!” “Ci credo, mi è venuto in mente un verso della Divina Commedia riferito a Farinata degli Uberti: ‘dalla cintola in su tutto il vedrai.” “Invece di fare sfoggio di cultura appoggiati a quella roccia e cominciamo il servizio fotografico.” Pina teneva ben stretto addosso il velo trasparente ma Alberto: “Mi sembra che il signor Adolfo avesse ordinato foto con veli e senza veli!” “Ho capito non vedevi l’ora che mi mostri nuda, ora come va?” “Per me va bene, assumi vari atteggiamenti, scatterò foto a colori ed in bianco e nero.” “Vedi che ti trema la mano, che ti succede?” “La macchina fotografica ha un dispositivo che impedisce di far venire le foto mosse, ma a te cosa importa il lato tecnico?” “Tu sei un parapaffio.” “Ti dispiacerebbe smettere di far sfoggio di cultura e di usare termini aulici!” “Tradotto in termini volgari vuol dure paraculo!” “Ti ricordo che siamo qui per lavoro, che ne diresti di una tregua, io mi sento psicologicamente stanco.” “Il micione è stanco e la micetta gli viene incontro accettando un bacio in fronte.” Alberto scese più giù e il bacio finì sulla bocca di Pina che non sollevò obiezioni. Il servizio fotografico riprese nel miglior dei modi sino all’ora di pranzo. Il fotografo e la modella mangiarono spaghetti in salsa già pronta in barattolo e poi formaggi e verdura cotta e, sempre dai barattoli pesche sciroppate. Pina: “Che ne dici di un half?” “Se non erro vuol dire metà, io mi prendo anche l’altra metà e lavo tutti i piatti, contenta?” “Sei da sposare, a proposito sei maritato, fidanzato, convivente o che?” “Solo assolutamente libero, non amo i legami, tanti miei amici, sposati con figli si sono separati e si trovano in un mare di guai, il loro esempio mi basta! Non ti domando di te …non voglio essere invadente.” “Ho una relazione ma non ti dico i particolari.” “Ed io non te li chiedo ma voglio essere sincero, il tuo effluvio mi fa impazzire, forse il verbo è eccessivo ma sicuramente è vicino alla realtà, dormire nello stesso letto soprattutto per il mio ‘ciccio’.” “E tu prendilo a schiaffi!” “Non potrei mai farlo, è il mio fedele compagno di tante avventure, se litighiamo ci rimetto io.” “Allora che chiedi?” “Posso solo esprimere un mio modesto desidero che tu capisci senza essere io esplicito, insomma, come si diceva una volta da parte di chi chiedeva la carità:’Al tuo buon cuore!’” “Ed io ho un cuore sensibile e te la do! Non mi sembri molto soddisfatto.” “Non vorrei che mi prendessi in giro, te ne ritengo capace.” “Ed io…”Pina andò in bagno e ritornò in camera nuda e bella come una dea. Alberto la seguì precipitosamente o rientrò in camera col bidet fatto e ‘ciccio’ in posizione pronto alla pugna. Pina si pose sul letto allargando le deliziose cosce. L’Albertone si impossessò con la lingua del suo fiorellino che poco dopo diede segni di un orgasmo ripetuto poco dopo, la dama evidentemente aveva una fame sessuale arretrata. Alberto allora volle far provare a Pina qualcosa che forse lei non conosceva, un orgasmo col punto G che lui aveva imparato da una gentile ‘signorina’. Immesso ‘ciccio’ sino a metà vagina lo strofinò in alto fin tanto che la giovane diede segni di un orgasmo gigante, lunghissimo tanto che Alberto pensò che si sentisse male. Dopo circa dieci minuti:”Non ti preoccupare, non ho mai provato nulla di simile, sei un mago!” “Si mago del cazzo” pensò Alberto contento della piega che aveva preso la situazione. Una mattina mentre Pina era in bagno suonò il suo cellulare, Alberto lo aprì e prima che potesse dire ‘pronto’ una voce femminile: “Ciao amore mio, come vanno le cose?” “Da parte mia bene, per il resto devo domandare a Pina, tu chi sei?” Dopo molti secondi:”Sono Aurora’ una buona amica di Pina, appena puoi passamela per favore.” “Ha telefonato Aurora, ti ha chiamata amore mio ed ha chiesto di chiamarla da parte tua. Pina in francese: “Mon amour ne m’appelle pas comme ça avec des incunnu, je t’appellerai plus tard.” “Mon cher je connais la langue français, vous pouvez parler italien!” “Ecco mò mi capita pure il fotografo poliglotta!” “Il fotografo poliglotta è un anticonformista e non si permette di giudicare i suoi simili qualsiasi cosa facciano, tienilo a mente. Mi piacerebbe restare tuo amico ed eventualmente anche amico di Aurora senza secondi fini.” “A chi la dai da bere, tu sei tutto un ‘secondi fini’.” Finita la settimana e finito pure il servizio fotografico rientro a casa con un po’ di melanconia da parte di entrambi, anche se burrascoso il loro soggiorno in fondo era stato piacevole. “Per favore immetti nel navigatore satellitare il tuo indirizzo di casa così finalmente saprò dove abiti.” “Ti accontento subito, abito in viale dei Tigli 15, contento? Più contenta sarà la signorina di cui conosci la voce, si chiama Josephine ed è mia amica. Ti ritengo un bugiardo matricolato, riesci a cambiare le carte in tavola con facilità ma con me vai in bianco!” “Non mi sembra che in passato sia andato tanto in bianco, ti ricordi il punto G?” “È stata una mia debolezza, l’ho dimenticata!” “Adesso sei tu la bugiarda, finiamola qui.” Pina abitava all’ultimo piano, Alberto prese il suo trolley, la porta fu aperta da una signora di una certa età: “Figlia mia che piacere vederti, ci sei mancata, finalmente un maschietto a casa nostra, si accomodi.” Alberto poggiò a terra il trolley di Pina e si esibì in un finto baciamano alla signora, Pina nel frattempo si stava sbaciucchiando con Aurora. “Finalmente un gentiluomo, ai miei tempi c’era un’altra educazione verso le signore, con lei ci farei un pensierino, peccato i tanti anni di differenza!” Mara, questo il suo nome aveva dimostrato un senso dello humour apprezzato da Alberto “Tutti a tavola.” “Non so chi sia stata la cuoca, i miei complimenti, anch’io m’intendo un po’ di cucina, l’unica cosa che non va è il vino…se me lo permetterete vi farò dono di uno scatolone di Verdicchio dei Castelli di Jesi, un bianco dichiarato dai giudici di Vinitaly il migliore d’Italia ed uno scatolone di un vino rosso, un Lambrusco che faccio venire direttamente dal luogo di produzione in provincia di Reggio Emilia. Pina è stata una modella fantastica, penso che il redattore capo della rivista che ha ordinato le foto mi invierà un assegno consistente, tutto merito della modella.” “Non dare tutti i meriti a me, tu sei un buon manico!” Risata generale, Pina senza accorgersene si era esibita in una battuta a doppio senso. Tornando a casa sua in via Cola Pesce Alberto, ragionando con se stesso, capì che non avrebbe mai più potuto avere ‘contatti’ né con Pina e tantomeno con Aurora. Hermes dio pagano suo protettore ed amico stavolta prese una decisione un po’ particolare con spirito di ‘moquer’: far ‘incontrare’ il buon Albertone con Mara che aveva dimostrato che avrebbe gradito…”Signora Mara sono Alberto, che ne dice di venire nel mio appartamento per insegnarmi qualcosa in cucina, non penso che le ragazze in quel campo…” “Sarà un piacere.” “La vengo a prendere a casa sua con la mia macchina.” “Caspita una Jaguar, un gentiluomo non si serve di una utilitaria per andare a prendere una signora!” Mara sembrava un’altra, ben truccata, ben vestita, tacchi alti, era diventata appetibile ed Alberto invece di interessarsi dell’arte culinaria fece provare a madame l’ars amatoria di Ovidio, anche la signora aveva il punto G sensibile…Mara fu molto esplicita: ”Sei stato un mago; di c..i in vita mia ne ho provati tanti ma tu…”, Alberto era ormai diventato il re del punto G! Ripensando al suo desiderio di un contatto sessuale a tre e ritornando col pensiero agli studi classici si ricordò che il numero tre era citato da molte fonti: dalla scuola Pitagorica, nell’antico Egitto, dal punto di vista esoterico, nelle religioni sono perfette le triadi divine: le Parche, le Furie e le Grazie, tre come le Caravelle di Colombo ma erano concetti pleonastici, la perfezione del numero non avrebbe portato ad una triplice relazione con le due fanciulle. Con una certa tristezza Alberto talvolta pensava a Pina, al suo meraviglioso corpo ed al suo profumoo inebriante, lui avrebbe accettato qualsiasi compromesso ma le due ragazze avevano gusti particolari che non collimavano con i suoi!