Nostalgiche Tristezze
Jesi (Ancona), aprile 1981.Sotto la luce di una lampada da tavolo papà Armando dipingeva su una tavoletta di compensato. L’ultimo suo ‘capolavoro’ un paesaggio georgico: cielo imbronciato, in lontananza casetta di contadini con aia, due pagliai, un deposito attrezzi, un pantano con oche e anatre, e poi, in primo piano, un contadino intento al duro lavoro di zappatore.Il monocolore beige dava un senso di pace e di tranquillità.Uno sguardo verso il figlio Alberto senza parlare, voleva un suo giudizio che non poteva non essere che di ammirazione; cosa si poteva pretendere di più da un ex funzionario di banca che, abbandonata la partita doppia, si era incamminato nel difficile lavoro di pittore, si ormai per suo padre la pittura era diventato un lavoro, aveva imparato anche a fare da sé le cornici, si era comprata tutta l’attrezzatura.“A’ papà sei er mejo!”“Ti ringrazio, nella pittura ci metto tutto me stesso, da vecchio impiegato mi sono trasformato in artista della domenica…”“Papà sei un artista di tutti i giorni della settimana!” Mentre parlava Alberto sentiva il suo cuore stringersi, quanto aveva ancora da vivere suo padre? Un tumore alla vescica lo stava distruggendo fisicamente e moralmente infatti poco dopo Armando abbandonò i pennelli e riversò il capo sul tavolino, un pianto dirotto, i dolori si facevano sentire.“Mamma chiama il dottor Tinelli e telefona a Vasco a Pesaro, che venga subito qui.” Suo fratello Vasco era Tenente Colonnello Comandante del Gruppo della Guardia di Finanza.Nel frattempo Armando faticosamente si era messo a letto, occhi chiusi, non si lamentava più per orgoglio.“Dottore ormai siamo alla fine, vorrei almeno che mio padre soffrisse meno, gli prescriva della morfina.”“Le leggi attuali me lo proibiscono, la morfina è prescrivibile solo se il malato è prossimo alla morte suo padre…”“Secondo lei mio padre…”Alberto uscì dalla stanza, non voleva farsi vedere piangere, uscì nel terrazzo, dominio della madre Mecuccia, tanti alberelli e piante in quel momento fioriti in contrasto con la morte che incombeva su quella casa.Nel frattempo era giunto Vasco in compagnia dell’autista e del capitano Comandante del Nucleo di Polizia Tributaria di Pesaro.“Vasco il dottor Tinelli non vuol prescrivere a papà la morfina…”“Dottore provveda immediatamente a stilare la ricetta, le dico immediatamente!”“Lo sa le disposizioni di legge…”“Capitano provveda a mettere le manette al dottore per ‘omissioni di atti d’ufficio’, le dico immediatamente!” “Va bene provvedo a scrivere la ricetta.”Il farmacista alla vista di tre appartenenti alla Guardia di Finanza di cui uno di sua conoscenza, non fece obiezioni, sei iniezioni di morfina.Dopo cinque minuti il medicinale fece il suo effetto, Armando si era addormentato, i quattro, anche per rilassarsi, andarono a mangiare al ristorante ‘Galeazzi’ lasciando a casa solo mamma Mecuccia con Mariola.Il padrone del ‘Galeazzi’ vecchio amico di famiglia, era a conoscenza delle condizioni di salute del signor Armando, non fece domande, capiva il silenzio dei suoi avventori. Il vecchio Armando era benvoluto dagli jesini, era una figura storica che aveva fatto del bene a tutti, durante la guerra, rimasto a casa per la sua gamba di legno, aveva provveduto ad aiutare con donazioni (era proprietario di vari terreni agricoli) tanti indigenti.Al rientro a casa c’era voluta un’altra iniezione di morfina praticata da Alberto con le mani tremanti, il dolore era ripreso più violento che mai. Così si era andati avanti sino alle ventidue quando finalmente un dio, al quale Armando vecchio ateo non aveva mai creduto, lo prese con le sue mani misericordiose. Tutta la via Giani venne a conoscenza dell’accaduto, tutti gli apparecchi televisivi furono spenti in segno di lutto, Rik Rotondo, vecchio trombettista, iniziò i suoi suoni lamentosi e tristi.Il giorno seguente i funerali ai quali parteciparono anche i vari comandanti di reparti della Guardia di Finanza dipendenti da Vasco, in tutto erano circa venti persone in divisa che. dopo il funerale, sciamarono per le vie di Jesi creando del panico fra i vari esercenti alcuni dei quali abbassarono le saracinesche. Vasco rientrò a Pesaro portando con sé mamma Mecuccia, Alberto rimase solo nell’attico di via Giani, Mariola, la portiera di palazzo, seguitò a sbrigare le faccende di casa come in passato.Alberto nei giorni seguenti visse girando per i posti nei quali era vissuto da giovane, erano in gran parte cambiati: nuovi immancabili supermercati, costruzioni rifatte, rioni nati dove prima c’era la campagna e piacevole novità, notò che vicino a casa dei suoi c’era l’abitazione di Nella sua antica fiamma.“Mariola m’è parso di vedere in quella casa di color rosso una mia amica da studente, si chiama Nella Pergolizzi, non conosco il nome da sposata.”“Gatti il cognome del marito, è geometra a lavora ad Ancona, non hanno figli.”Mariola di antica schiatta contadina, di furbizia nata, condì le notizie fornite con un sorrisetto, capì che Alberto voleva rinfocolare un’antica fiamma giovanile.Erano le nove del mattino: “Gentile signora Nella non immaginerà mai chi parla al telefono…”“Caro signor Alberto, avete scombussolato mezzo paese e pensi che non ti riconosca, la tua voce è rimasta quella di una volta, se vuoi puoi raggiungermi a casa mia, sono sola.”Passando in giardino Alberto notò Mariola, con la scopa in mano, girata di spalle, faceva finta di scopare.“Buongiorno Mariola.”“Buon giorno signor Alberto io sto per andare a casa sua a preparare il pranzo e lei dove va di bello?”L’interpellato preferì evitare una facile battuta, Mariola sapeva perfettamente le direzione di marcia del buon Alberto.“A zonzo cara Mariola, a zonzo!”Alberto fece un giro largo prima di suonare alla villetta di Nella che si presentò in vestaglia trasparente e con sotto poco o niente, buon inizio. Baci e abbracci, occhi negli occhi, nessuna conversazione, Nella seduta nel divano, Alberto disteso, la testa sul suo pube. La posizione durò poco perché l’Albertone, annusato il buon profumo di gatta, si mise di buona lena a baciarla intensamente, insomma finì come i due vecchi compagni di scuola avevano immaginato e desiderato.“Signor Alberto la vedo particolarmente allegro, ha fatto qualche buon incontro, qualche vecchio amico…”“Mariola amica, amica non amico, a me piacciono i fiorellini e non i piselli!”“Facevo così per dire, lei anche da giovane, se non ricordo male…”“Ricordi bene Mariola, ricordi bene!”Alberto restò a Jesi una quarantina di giorni, Nella alcune volte lo veniva a trovare a casa sua, nell’attico paterno a rimirare a quadri di papà Armando e…“Nella domani parto, ho finito i giorni di licenza, lo sai che sono maresciallo della Guardia di Finanza che reclama la mia presenza a Messina, purtroppo le cose belle …”Nella aveva preso a piangere silenziosamente, era stata da sempre innamorata di Alberto,a suo tempo avrebbe voluto sposarlo. Alberto salutata e ringraziata Mariola con lauta mancia, alle sei di mattina caricò la sue valige sulla Y10 e prese la via dell’aeroporto di Jesi per poi immettersi ad Ancona nord sulla Bologna – Taranto e poi sulla Salerno – Reggio Calabria, autostrada orribile, con uscita a Villa S.Giovanni, traghettamento ed arrivo a Messina, erano le diciotto quando mise piede a casa sua in viale dei Tigli 23.La gentile, si fa per dire, consorte Maria era fuori casa, non l’aveva avvisata del suo arrivo, i loro rapporti non erano gran che.Al rientro della consorte inizio della solita diatriba:“Potevi almeno telefonare…”“Se possibile evitiamo, cerchiamo di vivere in pace, mi sono fatto il letto nel salone, se ti va prepara la cena.”Due giorni dopo ritorno in caserma, oltre ad essere capo sezione, Alberto era capo laboratorio fotografico: fotografava di tutto, dagli arrestati alle cerimonie, si imbarcava sulle motovedette, sugli elicotteri per rilievi fotografici, alcune volte aveva fotografato dei luoghi dove veniva coltivata la cannabis, altre volte navi sospette, una carica di armi poi sequestrata, altre volte dei fabbricati sconosciuti al fisco, insomma la sua vecchia passione era diventata per lui un lavoro che lo portava a dimenticare i problemi domestici, si rifugiava per ore in camera oscura ed era diventato molto bravo nelle foto in bianco e nero.Famosa era diventata quella storia di cui si parlava in caserma: in visita d’ispezione a Messina, un generale di Palermo si era portato appresso la figlia notoriamente di una bruttezza, di una bruttezza… insomma brutta. Il comandante della Legione di Messina colonnello Andrea Speciale: ad Alberto:"Mon ami, scatta delle foto a tutti i partecipanti al pranzo ed in particolare alla figlia del generale." "Comandante mi dica che è uno scherzo, Genoeffa la racchia rispetto a lei è miss mondo!" "Ecco vedi mi ha fatto ricordare che devo trasferire qualcuno a Marina di Ragusa, posto isolato soprattutto d'inverno, ti troveresti bene." "Maledetto, mi si è inchiappetato porcaccia miseria! " "Signorina sono il maresciallo fotografo della Legione, il colonnello comandante mi ha ordinato di scattarle delle foto, le sarei grato se..." "Della sua gratitudine non so che farmene, il colonnello può comandare lei ma non me, lasci perdere." Oltre che brutta la dama era pure antipatica e poi il nome, disastrato pure quello: Cunegonda! "Scusi la mia insistenza ma la situazione è questa: se non riesco a fotografarla c'è pronto il mio trasferimento a Marina di Ragusa, posto incantevole per un anacoreta ..." "Ma lei anacoreta non è anzi penso che ci sarebbe una moltitudine di femminucce flerentes insomma piangenti qualora..." "Signorina, le ripeto sono nelle sue mani." "In fondo mi è simpatico ma non è simpatico quello promessole dal colonnello Speciale, mi farò fotografare ma veda di fare presto." Capelli sciolti per nascondere le orecchie a sventola, luci diffuse di lato e davanti al viso per ammorbidire i duri tratti somatici, riprese dal basso per..., insomma tutti gli accorgimenti per migliorare un pò la situazione anche col ritocco dei negativi e dei positivi. Alla fine della stampa l'Alberto stesso rimase basito, quella non era certo,la figlia del generale, non era la stessa, evviva, stavolta a Marina di Ragusa il colonnello ci doveva mandare qualcun altro. Alberto era riuscito a trasformare un obbrobrio in una ragazza dalla meravigliosa beltade, assolutamente irriconoscibile tanto che suo padre generale, nel ringraziare’ il bravo maresciallo fotografo’, aveva scritto in un bigliettino: ‘Il fidanzato di mia figlia non l’ha riconosciuta nelle fotografie.” A parte il fatto che una cotale bruttura potesse avere un fidanzato aveva fatto molto piacere all’ Albertone il complimento anche se era diventato il bersaglio degli strali del comandante della Legione. “Appena trovo nà brutta te la manno così me la fai diventà miss mondo!” La romanità del Colonnello era evidente.Un fatto venne a cambiare la vita del ‘bravo maresciallo fotografo’, l’invito ad una festa danzante al circolo ufficiali di presidio. Era stata sua moglie Maria, maestra elementare, ad ottenere l’invito da parte di una collega il cui marito era ufficiale dell’esercito.Un fiammante smoking, comprato per l’occasione, aveva fatto diventare Alberto in un belloccio anzichenò ed aveva attirato l’attenzione di varie signore, perlopiù attempate, che non avevano disdegnato un ballo col nuovo arrivato anche l’interessato aveva premesso che, in quanto alla danza, aveva delle strette parentele con gli orsi, ma alle signore poco importava se ogni tanto si trovavano un piedino sotto quello del ballerino.Rottosi le balle con le tardone, la moglie Maria finita chissà dove, Alberto si rifugiò in una saletta laterale dove si allungò in un accogliente divano, occhi chiusi ad assaporare il suono ovattato dei pezzi jazz provenienti dalla sala.“Sto andando al bar, posso portarle qualcosa da bere?”Chi era che. ..era una dolce fanciulla, circa vent’enne, degna di essere guardata.Alberto, in piedi cercò di inquadrarla: brunetta, 1,65, capelli lunghi, camicetta rosa non proprio piena (insomma scarsa di seno) , pantaloni neri e scarpe senza tacco.“Sono Annamaria M., l’ho disturbata?”“L’unica cosa che mi disturba è la seconda metà del suo nome, di Marie me ne basta e avanza una: mia moglie.“Come presentazione familiare c’è male, insomma la vuole stà bibita?”“Non sto a dirle quello che vorrei (ammesso che le interessi), andiamo in sala, con la scusa del ballo me la vorrei stringere tipo pomicio, ci sta?” “Mi piacciono le facce toste ma lei esagera, potrei essere sua figlia!” “Senti figlia mia, quello che potrebbe accaderti in sala è il fatto di poter essere fulminata da sguardi infuocati da parte di una signora di tre anni più attempata di me (ti piace attempata?) insomma mia moglie, ci stai?”“Correrò il rischio anche se altra signora, altrettanto attempata, potrebbe non essere d’accordo col nostro incontro troppo ravvicinato, mia madre che potrebbe essere sua moglie, posso darle del tu come si conviene tra padre e figlia?”“Piccola Anna, andiamo in sala e vediamo quello che succederà.”I due si misero a ballare ostentatamente prima vicino alla moglie di Alberto poi vicino alla madre di Anna col risultato previsto: sguardi infuocati, fiammanti, scintillanti, fiammeggianti, sfavillanti si incrociarono col sorriso sfottente della strana coppia per nulla impressionata.“Gentile signorina, finiamola cò stà pantomima altrimenti prende a fuoco la sala, au revoir mon petit chou.”“Grazie per il piccolo cavolo, un giorno mi farò recitare da te una poesia di un autore romantico francese, sempre che nel frattempo non accada un patatrac!, ciao bel signore!”In sala, al contrario della previsione di Anna, non accadde nulla ma a casa…“Non ti sei visto, avevi l’espressione ebete di vainqueur de femmes, non hai capito che sono le femminucce che si fanno avanti, tu sei solo un qualcosa da usare, imbecille!”L’unica cosa che avevano in comune i rimbrotti delle due signore erano l’aggettivo imbecille che sembra valere sia per i maschietti che per le dame.Mara la mamma di Anna: “Mò ti metti con qualcuno che potrebbe essere tuo padre, che figura mi hai fatto fare con due mie colleghe presenti (Mara era impiegata alla Sip), non hanno fatto altro che ridire alle mie spalle, ti proibisco di rivederlo imbecil!” Primo round. Inutile dire che cosa proibita cosa desiderata e così Anna, geometra, impiegata presso uno studio vicino alla caserma di Alberto, appena poteva si rifugiava nella Y 10 del nel maresciallo per qualche casto bacio e, alle insistenze di lui per ‘migliorare’ il rapporto, netta era la risposta di Anna che:“Scusa ma non me la sento di andare oltre, vengo fuori da una storia con un mio coetaneo, devi avere pazienza.”L’Albertone pazienza ne aveva tanta in quanto era in relazione intima con una signora il cui marito, ahi lui, era spesso lontano da casa. Il problema era sorto perché Anna, con intuito femminile, si accorgeva quando Alberto era di ritorno da un incontro ravvicinato con la cotale signora.“Ti sento addosso un odore di profumo di basso prezzo.”“Il profumo non è di basso prezzo, la cherì mi ha detto che si tratta dello ‘Chanel n.5’, io non me ne intendo ma non stento a credere a madame (così era chiamata da lui la cotale).La storia durava da circa sei mesi sin quando, una sera, Anna con le lacrime agli occhi:“Imbecille, non capisci che mi sono innamorata di te, non voglio più che ti incontri con la tua amica!”“L’aggettivo imbecille me lo trovo appiccicato addosso un po’ troppo spesso, mi verrà un complesso, inutile che ti dica che c’è solo un modo…ho un’amica direttrice di un albergo vicino alla stazione, non ho che farle una telefonata.”“Vada per la telefonata alla tua amica ma voglio stare con te dalla mattina alla sera, una domenica, porta il vettovagliamento.”Il vettovagliamento era il complesso di viveri per il sostentamento di una comunità di persone. Alberto aveva preso alla lettera il vocabolo e, in pratica, aveva svaligiato la bottega di una vecchio amico:“A Giovà devo fare un gita con tanti conoscenti, vedi tu …” “Ti conosco mascherina, i conoscenti si ridurranno ad una sola unità con tanto di fiorellino, possibilmente giovane e disponibile, hai bisogno di energie, ed energie avrai:prosciutto San Daniele, formaggi molli e duri, sottaceti e sott’oli, insalata russa, culatello, mortadella, bresaola, ciauscolo, lonza, pancetta, salame di Modena, pane all’olio,ti basta?“Giovà se m’abbuffo poi come finisce niente balayer, va bene fai tu.”“Tutto gratis col patto che mi racconti nei particolari l’incontro ravvicinato, d’accordo?”Alberto all’ingresso dell’albergo stava conversando con Marie Claire direttrice dell’hotel la quale:“Vede l’ingiustizia umana: lei è considerato un mandrillo, tombeur de femmes, io cinquantenne se mi intrattenessi (diciamo intrattenessi) con un giovane ventenne sarei…”“Madame vuol dire mignotta? Lei se ne freghi e si faccia il suo bel toy boy, sempre che riesca a rimorchiare un bel o meno bello giovane, magari con un compenso…ciao Marie Claire è arrivata Anna, ti piace?" "Uh,uh,uh"…”Non aveva fatto in tempo a chiudere la porta della stanza che Alberto si trovò avvinghiato da una furia selvaggia.“Ho desiderato da tanto tempo questo momento, non mi sembra reale essere qui con te con le due vecchie signore gabbate.”“Ma dove li trovi i termini, gabbate, è un vocabolo inusitato…”“Via i vestiti, doccia ensemble e poi…voglio che sia una cosa speciale, è passato molto tempo da quando ho avuto l’ultimo rapporto, è come se fossi vergine.”“Citando Stecchetti: vergin dai candidi manti ma rotta di dietro e peggio davanti!”Dire che Alberto era stato inopportuno era il minimo, Anna era diventata seria, avvolta nell’accappatoio si era rifugiata nel letto, tutta coperta, capo compreso.Parlare o stare zitto, come riprendere in mano la situazione, la seconda ipotesi la migliore.C’era voluta circa un mezz’ora prima che Anna decidesse di girarsi e guardare in faccia un Alberto dallo sguardo: ‘non volevo offenderti, era solo una battuta anche se inopportuna, perdonami.’Un bacio profondo, a tratti violento, e poi baci a scendere sino a ‘ciccio’ già in posizione il quale inopportunamente, dopo essere stato preso in bocca, decise di goderecciare…L’atmosfera creatasi non era delle migliori, restarono abbracciati a lungo sin quando Anna girò Alberto supino, prese ‘ciccio’ in mano e, delicatamente, lo introdusse in una gatta tutta bagnata.Stavolta ‘ciccio’ si comportò bene, resistette a lungo, Anna muoveva il bacino in modo da strofinare il clitoride sul pene e provando vari lunghi orgasmi, la baby non aveva dimenticato il suo passato sessuale, era molto brava cosa che fece ingelosire Alberto il quale immaginò la sua amante fra le braccia di un altro…Finito il certamen Anna prese con le mani il volto di Alberto e:“Ti leggo in faccia quello che pensi, si ho avuto un fidanzato col quale facevo sesso, non ne ero innamorata ma, per dirla alla volgare, sapeva scopare alla grande ed io…io sono come immagini. Era un violento, mi ha picchiato e è stata l’ultima volta che ci siamo visti. Per fortuna si è imbarcato su una nave mercantile e non risiede più a Messina, fine della storia, spero!”L’apertura dei pacchi dei viveri riuscì a cambiare l’atmosfera, Anna era sconvolta:“Mai vista tanta salumeria tutta insieme, ti sei portato appresso tutto il negozio, possiamo invitare a mangiare la direttrice, come si chiama, ah Marie Claire, ti piacerebbe un trio? Pensandoci bene dì la verità ti farebbe piacere? Non voglio saperlo, voglio solo che tu sappia che mi sono innamorata di te, profondamente, pazzamente, ti sogno giorno e notte e non ho intenzione di dividerti con nessuna, sono diventata gelosa, inquieta, furibonda, furiosa, cieca, assillante, tormentosa, ti basta?”
Erano passati degli anni, Alberto divorziato da Maria, si era prontamente risposato con Anna, mammina di lei felice e contenta "L'ha voluto lei, solo l'età..."
A ottanta anni Alberto aveva subito vari interventi chirurgici sempre affettuosamente curato da una sempre più innamorata Anna.
"Talvolta mi domando quanto ancora vivrò, me lo domando."
"Pensa a campare e...non rompere!"