Notti di luna
Nella notte qualcosa cominciò ad ululare, nessuno capì da dove venisse, era ovunque e da nessuna parte, mentre il plenilunio rischiarava dall’alto i tetti delle case ancora spente di Molde. Quell’urlo galoppò diabolico nell’aria, non aveva nulla in comune né con l’uomo né con Dio, i cani pastori di guardia alle stalle rimasero muti, non riuscirono neanche ad abbaiare. Tutti sentirono; quell’urlo s’insinuò nella mente e nelle paure di tutti. Stefan lo sentì affacciandosi alla finestra che dava sul giardino mentre cullava il piccolo Daniel, Elise lo sentì mentre cercava di bere la sua tisana contro il raffreddore, il grasso e odioso giudice Gotthard lo sentì mentre consumava il suo spuntino di mezzanotte, Holly lo senti mentre riempiva i frigoriferi della tavola calda. Le vie di Molde tornarono al silenzio poco dopo, qua e là alcune finestre si accesero, altri uscirono in strada, qualcuno caricò il fucile e ci fu chi tornò a letto disinteressato come sempre. Paura... non ancora... strane ombre però erano arrivate dalla foresta... ombre minacciose decise a nascondersi nell’oscurità. A tratti, tra le nuvole cariche di neve e il vento che spirava violento su Crawen Strass giù fino al vecchio porto, la luna illuminava di un bagliore cupo le vie del paese. Norman Wildmer era stato colto dalla tormenta, aveva tirato fino a tardi in ufficio per finire di timbrare le scartoffie accumulate ormai da qualche mese. Prese gli scuri accanto alle finestre e li assicuro ai montanti.
‐ Nemmeno un uragano.
Tac
‐ Nemmeno una tempesta.
Tac Tac
‐ Nulla entrerà nel mio negozio.
Il vecchio Wildmer fini di montare l’ultimo pannello di legno alla finestra e fuori il vento soffiava come un demonio…Poi si fermò a guardare fisso la porta
‐Bah! Cavolate è solo vento dopotutto.
Ma il vento non bussava alle porte, in nessuna città del mondo, e di certo fischiava ma non ululava. Norman Fece per prendere il suo cappotto ma i rumori si facevano sempre più forti, e ululati, e ringhi, e ancora ululati. Norman senti la paura salire come saliva l’alcool della bottiglia di whisky bevuta durante la serata. Pensò al cane di qualcuno, qualcuno poteva averlo perso, ma sì forse era un cane, fece per aprire la porta, poi esitò ancora. Stava fermo fissando la sua mano sul pomello ma non ebbe tempo di pensare, il ringhio che stava di fuori tornò a bussare ancora una volta ma questa volta con una forza incredibile, dallo squarcio lungo la porta una belva assetata di sangue vibrava zampate bestiali, e schegge e neve e urli erano un tutt’uno nell’aria. Norman era come immobile davanti a quella scena, fermo sulle gambe, le lacrime agli occhi. Fu la durata di un secondo appena e a un tratto tutto ebbe fine, Norman smise di esistere e a Molde risuonò l’urlo di un terrore mai udito.