Pioggia di settembre
L’estate sta per finire.
Addio agli ombrelloni aperti sotto il sole cocente, alle rive cullate dalla risacca, al profumo inebriante di salsedine, alle spiagge chiassose e superaffollate.
Addio alle passeggiate sul lungomare, agli sguardi curiosi lanciati ai passanti, alle bancarelle in bella mostra, alle serate trascorse davanti ai falò.
Ovunque, su ogni cosa che incontro al mio passaggio, sui tavolini dei bar lasciati vuoti, sulle strade ormai deserte e silenziose, sui marciapiedi abbandonati, sulle panchine nude e fredde, incombe una opprimente e malinconica aria autunnale che mi ricorda l’imminente conclusione di un’altra estate.
Dall’orizzonte lontano mi raggiunge un alito di vento freddo e pungente che sfiora il mio viso, lasciandosi dietro la desolazione di un paesaggio che muore lentamente con il giorno. In esso avverto l’odore di terre sconosciute, di mari infiniti, di isole sperdute e di qualcosa che non so più definire. Vento che sa di nostalgia, di antichi ricordi, di tempi felici, vento che estingue l’ultimo respiro dell’estate e annuncia un breve temporale.
Come ogni anno il mio cuore s’intristisce e vago alla ricerca di un conforto. Lo trovo per un attimo nei pochi sporadici versi dettati dal momento:
Vorrei essere vento, e pioggia a catinelle
e mare in tempesta…
e volare con l’ultima brezza,
estinguermi con l’ultima goccia
ed infrangermi onda su onda…
per poi rinascere con l’estate prossima
e nutrirmi di sole e di sereno.
Il cielo si colora improvvisamente di grigio: nuvole cariche di pioggia si abbassano sull’orizzonte, soffocando anche l’ultima luce del giorno. Al suo posto regna sovrano un pallore funereo, segnato come un acquerello da strisce e da toni rosati, là dove lampi di luce improvvisi illuminano un tratto di cielo misterioso, cui segue un brontolio lontano. Ho come l’impressione di perdermi in quell’estremo angolo di cielo, lontano da ogni dove, da ogni confine, celato agli occhi del mondo e della gente: la sua luce fredda mi attrae, il bagliore di quei lampi che squarciano le sue nubi lasciano immaginare una porta aperta altrove, verso l’infinito ed oltre.
Un brivido di freddo, sottile, appena percettibile, mi raggiunge subitaneo nell’esatto momento in cui la prima goccia di pioggia bagna la mia fronte, cogliendomi impreparato ma affascinato dal suo tocco quasi magico e sublime. Mi lascio dominare impotente da una strana frenesia che invade lentamente il mio corpo regalandomi una sensazione di libertà mai provata prima. Ho voglia di abbandonarmi, di farmi avvolgere dalla foschia crescente, di gridare al mondo la gioia che mi sale dentro, di sentirmi accarezzare dal vento gelido, di farmi purificare da questa pioggia di settembre che comincia a cadere copiosa su di me, sfiorando piacevolmente il mio viso, bagnando sempre di più i miei capelli, scivolando avidamente sui miei abiti già inzuppati, infiltrandosi con prepotenza nelle mie scarpe, potente, leggera, pulita… La sento battere contro i vetri delle macchine in sosta, picchiettare sui tetti con ritmo incalzante; la vedo sgorgare abbondante dai canali di scolo delle grondaie, riempire gli angoli più declivi della strada, invadere come un fiume in piena i marciapiedi, inondare le aiuole fino a straboccare, mentre tutto intorno a me sembra fermarsi, il tempo, il chiasso frenetico della città, la vita di tutti i giorni.
Siamo solo io e la pioggia. Apro le mie braccia per accoglierla, mi lascio invadere dalla sua forza, la esorto a cadere più veloce, offrendole il mio viso, le mie mani, tutto il mio corpo. L’acqua lava via la mia tristezza, rinnova il mio spirito, mi rende libero e felice. E le gocce cadono come note di una musica soave che irrompe su ogni cosa, sovrana, misteriosa, orchestrando ogni elemento preso a caso, uno dopo l’altro, mentre l’aria stessa sembra danzare in invisibili piroette tra i vapori sottili che esalano dall’asfalto fumante delle strade.
Non rifuggo più dalla malinconia, non cerco altrove il mio conforto. La pioggia mi è complice, risveglia in me sensazioni più profonde, svela ai miei occhi effimere bellezze che appagano il mio cuore, mi parla goccia a goccia e mi entra dentro. Come quest’acqua leggera e pura io mi disciolgo e mi disperdo, estinguo la mia debolezza, scateno la mia furia. E rinasco sotto forma di tramonto nel cielo alto e sconfinato al cessar della pioggia che riporta lentamente il sereno.