Quando il silenzio uccide (8 marzo)
È ormai di quotidiana drammaticità la cronaca di episodi di violenza contro le donne, che coinvolgono tutti i campi della vita sociale e familiare, senza distinzioni di ceto sociale o di identità culturale.
Indagini tardive, poca comunicazione, scarso spirito di squadra, le stesse forze dell’ordine sembrano annaspare.
Eppure “l’altra metà del cielo” non è un qualcosa di astratto, di sconosciuto … o forse sì?
Aldilà dei tanti commenti e delle tante pontificazioni preparate a tavolino, vuoti discorsi di parole di circostanza, rimane la realtà che qualcosa scatta nella mente di un uomo, fino a esplodere, inarrestabile. Perché?
Fin dalle epoche antiche la donna ha avuto parte attiva nel cammino dell’umanità , ha fronteggiato pericoli ed epidemie accanto al proprio compagno, ha condiviso dolori e lutti, ha contribuito alla sopravvivenza, ha tenuto vivo “il focolare” per un ritorno possibile, ha creduto in un ideale, ha dovuto fronteggiare prese di posizione rigide cercando di non perdere la propria dignità e proteggendo i propri cari anche a costo della vita.
Eppure, caccia alle streghe, intimidazioni, percosse, segregazioni, obblighi, sottomissioni, imposizioni, da sempre la figura femminile è stata trafitta da brutali annientamenti e atteggiamenti di odio, quasi che si volesse cancellare l’idea stessa di “femminilità”, dai capelli mossi e setosi, al sorriso dalle lunghe ciglia, alle guance rosee, alle labbra turgide, alle movenze sinuose, tutte caratteristiche che definiscono l’identità tipicamente femminile nel cammino evolutivo della specie, differenziandola spiccatamente dal partner maschile.
Seppur sia stato decretato il 25 novembre come Giornata mondiale contro la violenza verso le donne, è in occasione dell’8 marzo che questo tema profondamente attuale viene sviscerato e reso visibile.
Ma manca qualcosa di più concreto, più incisivo: osservare con occhi diversi, come davanti ad un quadro di rara bellezza, chi ci sta accanto, e cogliere davvero il senso del bello, dell’armonia, della creazione. Ma forse, come in tanti altri problemi d’oggi, bisogna partire dai bambini e dalle bambine, educandoli al rispetto e alla consapevolezza che “il cielo è per tutti”, non esiste una metà da occupare, solo da attraversare, come in una terra senza confini.