Quanta Fava... Quanta Fava.
Caio Gregorio e Clizia, sedicenni si erano conosciuti a scuola, alla quarta ginnasiale al liceo Daniele Manin di Roma. Ambedue provenivano da istituti condotti da ecclesiasti e nel nuovo consesso, all’inizio erano spaesati anche per la crasse risate che si facevano i loro compagni di classe a causa dei loro nomi, non era colpa loro se i genitori, per chissà quale motivo avevano scelto quegli appellativi. Tornando a casa a piedi seguivano quasi la stessa strada, Caio Gregorio abitava in via Torino e Clizia in via Firenze. Pian piano presero confidenza anche sessualmente, a diciotto anni dopo l’iscrizione alla prima liceale fecero il grande passo con le raccomandazioni ed i suggerimenti della di lei mamma Lisindra anche lei dal nome particolare di regina egizia e dal significato di ‘colei che rende liberi ed infatti il ‘matrimonio’ fra i due avvenne nella casa di lei assente il padre Enea. Il capo famiglia era il concessionario di varie marche di automobili ma la vera riccona era la madre che, alla morte dei genitori a Grotte di Castro in quel di Viterbo si trovò erede di appartamenti e di campagne che in maggior parte producevano un vino pregiato, il famoso EST EST EST che la leggenda afferma essere l’abbreviazione di EST BONUM che Martino, il coppiere del vescovo tedesco DEFUK aveva scritto sulla porta di una locanda di Montefiascone. Enea e Lisindra erano anticonformisti e vivevano ognuno la propria vita scambiandosi anche le loro esperienze in tutti i campi compreso quello sessuale. Ovviamente Clizia era stata contagiata dalla mentalità dei genitori ed aveva coinvolto anche Caio Gregorio. Con l’andar degli anni presero a frequentare un club di scambisti, il Golden Club ma rimasero delusi, il locale era frequentato anche da persone volgari e dal fisico niente affatto piacevole, solo una coppia emergeva dalle altre per stile e bellezza: Camilla e Riccardo, lei bruna, di statura media, viso sorridente, tette non eccessive gambe perfette, lui faccia da furbacchione, fisico atletico. Avevano subito mostrato affiatamento, tutti e quattro bravissimi nel ballo con scambio di partner, sembrava che si fossero conosciuti da molto tempo. La più loquace, Camilla anche per il significato del suo nome ‘addetta ai sacrifici’ di quali non si sa a sapere, si era abbarbicata a Caio Gregorio provocando un ovvio rigonfiamento nei suoi pantaloni con risate da parte di Riccardo e di Clizia. Riccardo aveva un pregio: era facoltoso di famiglia, aveva anche un titolo nobiliare di cui non faceva sfoggio ed abitava unitamente alla servitù in un castello fuori Roma. I genitori erano deceduti in un incidente aereo in Atlantico. Aveva girato il mondo, parlava varie lingue ed era giunto alla soglia dei quaranta anni senza legami sentimentali impegnativi. La sua relazione con Camilla era iniziata su una nave da crociera in maniera del tutto particolare. La ragazza era croupier nella sala giochi, non era un tipo affabile, non sorrideva mai, aveva avuto i suoi problemi. Riccardo dopo cena si era avvicinato al tavolo di blackjack e dinanzi alla croupier: “Good evening miss, j want to see if i’m lucky at the game.” Dopo un lungo sguardo la ragazza: “Innanzi tutto parli italiano e non inglese, lo vedo dal distintivo sulla sua giacca che è tifoso della squadra di calcio della Roma e poi il suo desiderio di sapere se è fortunato al gioco vuol dire che in amore…” “C…o volevo dire cavolo, mi scusi, capisco di aver trovato una tosta, dia le carte e vediamo se… “Al primo colpo un nove, vediamo il secondo: un otto, smetto altrimenti sbanco il casinò!” “Joseph, please replace me at the counter, thanks.” Andiamo sul ponte, la brezza ci rinfrescherà le idee.” I due si guardarono a lungo, avevano molto da dirsi ma nessuno voleva iniziare per primo. “Ho capito, senza offesa ma lei mi sembra leggermente presuntuoso, apprezzi l’eufemismo, forse è anche ricco e questo peggiora la situazione. È inutile tessere le sue lodi, è un bell’uomo, uno di quelli che non debbono chiedere ma stavolta ha incontrato una che non che non dà!” “Invece il bell’uomo umilmente chiederà e spera di ottenere la sua compagnia.” “Così va un po’ meglio, che ne dice di andare a distrarci al teatrino, per me la crociera è solo lavoro.” Sulla scena un gruppo di ballerini e ballerine sud americani, le ragazze con indosso costumi veramente ridotti, il solito filo dietro e davanti un francobollo. “Inutile che fa lo gnorri, se potesse si butterebbe a pesce!” “Baby lei è stancante, vorrebbe sua grazia dirmi Il suo nome? “ “Camilla che, se lei non lo sa vuol dire addetta ai sacrifici al tempo dei romani, in altre parole bruciava gli esseri viventi al dio preferito.” “Non pensavo di far la fine della pulzella di Orleans!” “Non faccia sfoggio di cultura, proviamo a guardare lo spettacolo.” “Una proposta, andiamo nella mia cabina senza secondi scopi.” “Immagino sia una singola con vista sul mare.” “Perché sei così velenosa, sei una ragazza piacevole te lo dice uno che…” Camilla si girò di spalle e si mise a piangere, situazione che mandò il tilt Riccardo che la lasciò sfogare poi la prese sottobraccio e la introdusse nel suo alloggio. “Sono Riccardo che vuol dire uomo forte e coraggioso ma dinanzi a te…Se vuoi resta a dormire nella mia cabina, mi piace il tuo profumo di donna che ha invaso il locale.” I complimenti fanno intenerire anche gli animi più duri e Camilla non era di quella specie. Si svegliò alle dieci, Riccardo la contemplava beato. La ragazza rinfoderò le unghie: “Vado a parlare col capitano devo spiegarli la mia assenza.” “Se me lo permetti vengo con te.” Il capitano, vecchio lupo di mare capì subito la situazione: “Cari ragazzi ditemi tutto come ad un papà, potrei anche dire nonno…” “Capitano, Camilla sarà una passeggera, pagherò io il biglietto di prima classe e starà nella mia cabina.” Così era iniziata la liaison fra i due. A Civitavecchia Riccardo recuperò la sua Jaguar e si diresse nella capitale sino alla sua villa. La servitù li accolse con un applauso, Riccardo era benvoluto anche per la sua generosità. I primi giorni furono di sogno, anche il modo di conoscersi era stato fuori del comune. Camilla non si riconosceva più anche perché aveva visitato alcuni negozi di vestiti, di scarpe e di accessori vari non esclusa una gioielleria che le costò di donare a Riccardo un suo ‘gioiello’ poco usato. Il castellano aveva sempre dato alla parola amore il significato di sentimento non precisato, un miscuglio fra sesso e affettuosità ma stavolta stava comprendendo il suo vero significato, la sola presenza di Camilla gi faceva battere il cuore, anche la ragazza era sulla stessa sintonia. Stare sempre in casa era diventato monotono ed i due decisero di andare in centro al ‘Volturno’ un teatro dove davano spettacoli d’avanguardia nel senso di anticonformisti. Nel cartellone: ‘Ifigonia in culide’’. Camilla nel leggere il titolo della commedia rimase perplessa ma Riccardo si mise a ridere ricordando degli episodi che circolavano su hertz De Benedetti giovane autore universitario, insomma una goliardata. Si aprì il telone, scenografia: un grande tappeto rosso con al centro un trono su cui era seduto un attore vestito da re. Entrarono vari attori in costume seguiti dal Gran Cerimoniere che: “O popol bruto, su snuda il banano non vedi che giunge l’amato sovrano? Il Sir di Corinto dal nobile augello qual mai fu visto più duro e più bello, il Sir di Corinto dall’agile pene terrore e ruina del fragile imene, il Sir di Corinto dal cazzo peloso del cul rubicondo ognora goloso. O popol invitto, in gesta d’amore s’affermi il sovrano più caro al tuo cuore. Rendiamogli omaggio nel modo migliore offrendogli il culo delle nostre signore. Toccatevi i coglioni, se li avete perché sta transitando un prete.”
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Fine del primo atto ed applausi alla calata del sipario.
“Cara andiamo alla buvette, hai bisogno di sorbire qualcosa di forte.” Barman, per favore due caffè Sport Borghetti.” “Il caffè non mi fa dormire, lo sai.” “Una volta funzionava la mia ricetta!” ”La verità è che sei quotidiano e sulla mia gatta posso cuocervi le uova!” “Ogni volta ti chiederò il nulla osta, rientriamo in sala sta per iniziare il secondo atto. Scena: La camera nuziale. Nei quattro angoli bidè dove bruciano profumi. Presenti i pretendenti di Ifigonia. Allah Ben Dur: “Superando monte e valle v’ho portato le mie palle e riempio un gran mastello con la broda del mio uccello.” Don Peder Asta: “Sarete delusi di tutti stì doni guardando d’Oriente i gloriosi coglioni. Ho riempito quattro stalle col sudor delle mie palle.” Uccellone: “O fulgida stella, o figlia di re deh guarda il dono portato per te! Ho riempito una caserma solamente col mio sperma!” Gran cerimoniere al popolo: “E risuoni nella reggia perlomeno una scoreggia!” Ifigonia al popol bruto: “Quanta fava, quanta fava ma perché nessun mi chiava?”
……
Cala il sipario. Stavolta Riccardo e Camilla restarono al loro posto, presa dalla tenerezza la ragazza baciò appassionatamente il suo amante, ‘ciccio’ comprese male quel gesto e si alzò speranzoso. “Che cavolo, sei peggio di quell’attore che fa Allah ben Dur!”
Terzo atto. Ifigonia e Spiro Kito giacciono sul talamo. Ifigonia: “O amato Spiro Kito Prence e samurai il tempo passa e non mi chiavi mai!” Spiro Kito: “Desisti o Principessa dal chieder spiegazioni non vedi che cominci a rompermi i coglioni?” Ifigonia: “Fammi vedere le palle di solido granito, fammi toccar l’uccello almeno con un dito, che brami dalla tua dolce amica vuoi farmi prima il culo o ripulir la fica? Sognavo un cazzo forte da bambina perciò pregavo Giove ogni mattina ché, come un giorno avvenne per Enrica potesse capitarmi nella fica un poderoso e ben tornito cazzo per farmene per sempre il mio sollazzo.” ………
Cala definitivamente il sipario con la consueta dose di applausi. Riccardo e Camilla in fila per uscire notarono che due attrici erano anche loro in fila insieme agli spettatori. Li ritrovarono all’uscita con due valige in terra. Come al solito Riccardo curioso, facendo finta di non notare le occhiatacce di Camilla: “Gentile signora posso esserle utile?” “Aspettiamo un taxi per andare alla stazione, dovremmo prendere un treno…” “Signora a quest’ora…vedo che la ragazza trema dal freddo, col permesso della mia fidanzata vi invito a casa mia, cara che ne dici?” “Una risposta sarcastica: “Sono entusiasta dell’invito, mi hai preceduta!” Le due brasiliane si presentarono: Brigida la più anziana, Isabela la più giovane. Sistemate le valige nel bagagliaio le due si sedettero nel divano posteriore della Jaguar. Camilla le osservava dallo specchietto di cortesia del parasole, specialmente la più giovane era molto attraente, piuttosto alta, il viso le ricordava lo stile di un ritratto di Modigliani, molto fine. Seguitava a guardarla, quella ragazza l’aveva colpita, più la osservava e più le piaceva. Nella villa silenzio assoluto, sistemate le due brasileire nella stanza degli ospiti visita dei quattro in cucina, la cuoca Sora Anna era una regina nel suo campo; anche Riccardo e Camilla parteciparono allo spuntino poi passarono nel salone. “Brigida ti do del tu come abitudine romana, vuoi raccontarmi qualcosa di te e di Isabela?” “Spero non siate infami come l’impresario della compagnia dove recitavamo, saputo che siamo dei transgender ci ha minacciato di denunciarci alla Polizia perché abbiamo un passaporto da cui risulta che siamo delle donne, un favore avuto da un amico del Ministero degli Interni brasiliano. Siamo dovute scappare, ora siamo qui sin quando…” Stranamente intervenne Camilla: “I romani hanno una tradizione di ospitalità, potete restare quanto vorrete.” Riccardo guardò in viso Camilla, capì che le era molto piaciuta Isabela, forse era stanca dl solito sesso e voleva provare qualcosa di diverso. Tutto rimandato al domani, dopo un abbraccio delle due ai padroni di casa tutti a nanna. Arrivati in camera Riccardo scoppiò in una risata che fece innervosire Camilla. “Che c’è da ridere!” “Scusami amore, stavolta ho toppato di brutto, io che mi sono sempre considerato anticonformista!” Camilla dormì poco e sognò quello che desiderava, un approccio con Isabela, forse aveva scoperto il suo lato maschile. Il clima era rigido, dicembre si faceva sentire fuori perché dentro casa l’atmosfera era piacevolmente calda, termosifoni a venticinque gradi. Nel salone Camilla stava controllando con Isabela la collezione di CD, ce n’erano anche di brasiliani e le due …donne presero a ballare imitate da Riccardo e da Brigida anche lei in forma smagliante. “Sora Anna, queste sono due amiche brasiliane, fatti onore in cucina, le voglio vedere ingrassate come porcellini!” Il pomeriggio la servitù si ritirava nei suoi alloggi e così Camilla ebbe l’opportunità di godere delle delizie procuratele da una Isabela sessualmente molto in forma: tutto il corpo era senza peli, aveva un pene da bambino ma era proprio quello che più aveva attirato le attenzioni della padrona di casa, forse era stanca di quello stallone di Riccardo e quella era un piacevole diversivo. Isabela aveva una pelle eburnea, un efebo. Quando Camilla le prese in bocca il pisellino, questo cominciò a crescere e riversò nella bocca della padrona di casa un liquido tipo il nettare degli Dei. Camilla si fece penetrare nel fiorello, il piccolo pene giunse sino al punto G, conseguenza un orgasmo particolare e prolungato. Ric. Nel letto matrimoniale scartò subito il ‘marruggio’ di Brigida ed approfittò del suo asno (sedere in portoghese) in forma come quello di una donna, smise quando era del tutto spompato come mai gli era successo con una femminuccia, Brigida aveva avuto degli orgasmi sia col pisellone che con il popò! Finale scontato: Ric. e Cam. si scambiarono i partners, ormai potevano dire di aver provato tutto in fatto di sesso. Le due brasiliane dopo un mese vollero tornare in patria accompagnate da Alberto e da Camilla sin all’aeroporto Fontanarossa di Catania, ambedue ben foraggiate di Euro, sicuramente non avrebbero mai dimenticata la vacanza romana!