Questa è la storia di Billie
Conosco una storia: Billie entra in un bar, si accomoda al bancone e tracanna un paio di bicchieri di Jack. Guarda l’orologio, poi si guarda intorno, uno sbuffo e due colpetti sul legno del bancone.
“Un altro Jack!” ordina al barista.
Musica jazz accompagna il deglutire del Jack liscio nella gola; Anya canta sul suo palchetto senza ritegno, come una soave regina del jazz interrotta, ogni quindici minuti esatti, da calorosi applausi.
Anya; bella cantante nera dalla voce doppia e seducente.
Altri due colpetti sul legno del bancone.
“Un altro Jack!”
Viene subito servito.
Billie è un ex sognatore, lui che aveva tanto cercato di vivere libero e spensierato cercando di tenersi lontano da ansie, paure, problemi, solfe colossali e pippe mentali.
Ma la sua voglia di vita è finita per rinchiuderlo in se stesso peggio di prima e affoga i suoi dispiaceri ubriacandosi ogni sera.
L’orologio scocca la mezzanotte, Billie, ormai saturo di Jack, paga il tutto; si alza, guarda Anya che lo saluta con un sorriso, dopodichè prende la giubba ed esce dal bar.
La notte è buia ed è nero anche nella mente di Billie; “colpa dei troppi Jack” si dice per svanire, poi, tra i quartieri a luci rosse della zona.
Questa è la storia di Billie che a fatica affronta se stesso tuffandosi nel suo stesso peso interiore.
Caro Billie, nelle difficoltà della vita non bisogna mai andare contro corrente; affogare l’intenzione in due dita di Jack e andando a puttane, di certo non ti libererà dalla depressione del vivere che ti compone.
Per il resto, se proprio ci tieni, c’è il suicidio.