Rette parallele
Ha un cappello floscio in testa. Unto e rosso. Nella tasca bucata dei jeans, tre centesimi. Alle mani, guanti di lana senza dita fasciano una armonica in LA che quando non canta se la porta alla bocca e ci soffia dentro.
È lì da anni, tra le scale mobili di una metropolitana londinese a cantare dei blues a gente che gli passa davanti distratta e veloce. Qualcuno gli lancia una moneta. Lui la raccoglie, ringrazia e attende.
Attende una donna dalla pelle diafana e dagli occhi mavì.
Ogni giorno, per anni, i loro sguardi si sono incrociati senza mai dirsi una parola, invecchiando sullo stesso cammino per strade parallele, senza possibilità d’incontro.
Lui era giunto da lontano, dove il mare azzurro e il cielo pallido si fondono all’orizzonte. Quando vide per la prima volta la ragazza, credette di trovarci il mare dentro quegli occhi. Il suo mare. Intenso e profondo.
Ma adesso, vecchio e stanco, negli occhi di questa donna ci vede solo cielo, lontano e inconsistente.
Oggi è lì per l’ultimo sguardo, domani andrà via.
Per sempre.
E nessuno conoscerà mai la storia di un amore tra due vite qualsiasi, due rette parallele che s’incontrarono solo nei punti impropri del destino, che noi chiamiamo sogno.