Ricchi e poveri
Quando ci si trova per i casi, più o meno fortunati della vita, a percorrere un ampio arco di questa, ci si accorge, guardandosi indietro, di aver visto venire alla luce non solo esseri, ma anche cose, oggetti che sono entrati nell’utilità quotidiana.Ognuno ha nella propria famiglia un elemento, per lui rappresentativo del proprio clan, un essere dalle qualità superiori alla media dei suoi contigui. Noi a Genova, avevamo Zio Ninni, l’avvocato. Era il fratello di mio nonno paterno, l’unico laureato, (solo mio padre lo raggiunse, nel dopoguerra, con una laurea, sudata, sui tavoli della nostra cucina), l’unico ad essersi affermato, era un penalista, l’unico che potesse portare, al posto della comune cravatta, la farfalla. Non ci frequentavamo, in realtà. Lui abitava a pochi metri dalla nostra via Acquarone, in via Crocco. Quest’ultima, anche se separata da una sola curva a gomito, era un distintivo di classe agiata. Basti pensare che, nel dopoguerra, i miei amici di Via Crocco, avevano, a scuola, i calzettoni bianchi, lunghi, che restavano su per magia. Mentre a noi, di via Acquarone, le mamme nascondevano elastici “da mutanda” nella prima piega, ma con scarsi risultati. Pur abitando sulla collina del Righi, d’estate, facevamo bagni in spiagge diverse: quelli di via Acquarone, ai bagni Gigetta, a San Giuliano, dalla sabbia polverosa, quelli di via Crocco, al Lido, uno scoglio aristocratico, che ci era concesso di guardare dall’alto della strada, di domenica, come divertimento, sorbendo un gelato, da 2 lire, di Boccadase. Non frequentandoci, ci arrivavano solo notizie di zio Ninni, che avevano percorso tortuosamente una città. “ Sì, lo vediamo al mare, ha una bella donna sempre, sdraiata vicino a lui”. Oppure: “ Deve essere a Cervinia, in vacanza”. Io lo incontravo raramente, quando giocavo dalle sue parti. Mi osservava estraendo dal taschino un monocolo, appeso, con un cordoncino nero, all’asola della giacca. Mi sorrideva appena, continuando un’ esplorazione visiva che mi imbarazzava. Saluti ai miei, rare frasi d’occasione, mai un bacio. La sua figura riacquistava importanza nel giorno di Natale. Io ero l’oggetto di un dono “caro”. Un dono con cui lui, forse, si sentiva di sdebitarsi dai doveri famigliari, verso gente che sopravviveva da comuni impiegati.Ben vestito, con calzoni a mezza gamba e scarpe lucidate da papà, mi presentavo alle 11, alla porta di casa di via Crocco. Dopo che l’odore di cere esotiche, mi aveva stordito, in una studiata e voluta pausa, venivo condotto dalla sua governante in un salotto sfavillante di ori e di cristalli.‐” Zio Ninni, è in bagno, accomodati “‐ Ed ero lasciato solo per lunghissimi minuti, in un silenzio rotto dal cinguettio, che veniva dal giardino. Appariva, facendosi precedere dal rumore di porte aperte e chiuse con cura. Una vestaglia di seta sfavillante di luce, capelli bianchi alla “mascagna”, il monocolo incastrato nell’orbita.“ Buon Natale Lucio, ieri sera dal mio orologiaio di fiducia, in via Luccoli, ho chiesto un regalo importante per uno studente importante! Mi ha dato questa strana penna. Diceva che si chiama Biro. Io veramente, ieri sera, l’ho provata a casa ed ha una scrittura incerta e faticosa. Lascia il segno sui fogli sottostanti. Però, dato l’alto costo, deve essere un oggetto importante. Provala.”