Ritratti di donne in letteratura
Letteratura classica e moderna. Ritratti di donne poco conosciuti
I primi versi di un poeta italiano che spasima per una donna sono quelli di Ciullo d’Alcamo in questo curioso botta e risposta tra lo spasimante e la desiata:
«Rosa fresca e profumatissima che sbocci all'inizio dell'estate, le donne nubili e maritate ti desiderano: liberami da questa passione, se ne hai la volontà; a causa tua non ho pace notte e giorno, pensando solo a voi, mia signora».
«Se soffri a causa mia, è la follia che ti spinge a farlo. Potresti arare il mare, seminare ai venti, mettere insieme tutte le ricchezze di questo mondo: non puoi avermi a nessun costo e piuttosto mi taglio i capelli [mi faccio monaca]».
«Se ti tagli i capelli [se diventi monaca] preferirei morire, poiché con essi perderei ogni gioia e felicità. Quando passo di qui e ti vedo, rosa fresca del giardino, mi dai piacere in ogni momento: facciamo in modo che il nostro amore si unisca».
«Che il nostro amore si unisca non voglio che mi piaccia: se ti trova qui mio padre con gli altri miei parenti, sta' attento che questi forti corridori non ti raggiungano. Come sei stato rapido a venire qui, ti consiglio di esserlo altrettanto ad andartene».
Gli stilnovisti e la loro donna angelo riprenderanno più tardi il tema degli amorosi sensi verso l’amata, qui di Guido Cavalcanti questi versi,
“passa la gran beltate e la piagenza
de la mia donna e ’l suo gentil coraggio
11sì, che rassembra vile a chi ciò sguarda.”
Di Guido Guinizelli
ora abbandonandoli e volgiamo l’attenzione per il momento a versi poetici che conosciamo quasi tutti a memoria e che riguardano, amante amata: Dante e Beatrice,
Petrarca e Laura, Catullo e Lesbia, Foscolo e l’amica risanata e la contessa Pallavicini , Leopardi e Silvia e Nerina , la dannunziana Ermione “dalla favola bella” Eleonora Duse o Alessandra di Rudinì?, Didima la nera bellezza “ E se è nera che importa? ” che fa spasimare Asclepiade (“Con i suoi scherzi Didima mi ha preso. Ahimé, mirando la sua bellezza, mi struggo come cera al fuoco. Se è nera, che importa? Anche i carboni sono neri. Ma, se li accendi, splendono come boccioli di rosa” , ritratti di donne in bella mostra nella pinacoteca delle immortali della letteratura.
Compito di questa breve nota è di arricchire un poco, stante la mole del materiale che i vari poti ci offrono, questa stanza museale riportando alla luce solo alcuni di questi quadri meno conosciuti traendoli dagli scaffali di librerie e di biblioteche.
Dal mondo greco ecco spuntare il ritratto della Eliodora di Meleagro “La mia anima mi dice di fuggire l’amore di Eliodora, perché sa
le gelosie, le lacrime di un tempo.
Dice, ma io non ho forza di fuggire.
Essa mi avverte. Vero! Ma poi senza
pudore nello stesso tempo l’ama.”
per aspetti sentimentale e di amorosi sensi da accostare alla Lesbia catulliana “Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.” Odio e amo. Forse mi chiedi come
Non lo so, ma sento che ciò accade, e ne sono tormentato”
Al quadro di Beatrice, donna angelica, ecco, spigolando nella letteratura del novecento, il suo accostamento a quello della sconosciuta amata del Carducci, o forse quella Maria già cantata nell’Idillio maremmano..tu sorridi ancora Improvvisa al mio cuore, o Maria bionda;E il cuor che t'obliò, dopo tant'ora Di tumulti oziosi in te riposa, O amor mio primo, o d'amor dolce aurora.”?)
”Cosa di cielo è la mia donna allora Che il roseo collo piega e il vago riso A i baci porge e quei d’ambrosia irrora. Oh, che d’ogni mortal cura diviso, Sopra quel sen, tra quegli amplessi io mora! Né v’invidio, o beati, il paradiso.”
Le due figure di Guido Gozzano, La Signorina Felicita
“Nel mio cuore amico
scende il ricordo. E ti rivedo ancora,
e Ivrea rivedo e la cerulea Dora
e quel dolce paese che non dico.
Signorina Felicita, è il tuo giorno!
A quest’ora che fai? Tosti il caffè:
e il buon aroma si diffonde intorno?
O cuci i lini e canti e pensi a me,
all’avvocato che non fa ritorno?
E l’avvocato è qui: che pensa a te.”
e la “cattiva signorina” Cocotte”
“ Vieni. Che importa se non sei più quella
che mi baciò quattrenne? Oggi t’agogno,
o vestita di tempo! Oggi ho bisogno
del tuo passato! Ti rifarò bella
come Carlotta, come Graziella,
come tutte le donne del mio sogno!
Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state…” che per la dolcezza poetica, la delicatezza e il rimpianto richiamano le care e dolci figure di Silvia e di Nerina meritano quindi , su una delle pareti delle stanze di questo museo poetico, di trovare anch’esse il loro spazio.
Alle due donne foscoliane depositarie della divina ed eterna bellezza ci riporta Vincenzo Monti con l’ode dedicata alla figlia Costanza, “Per un dipinto dell’Agricola”
“Piú la contemplo, piú vaneggio in quella
Mirabil tela: e il cor, che ne sospira,
Si nell’obbietto del suo amor delira,
Che gli amplessi n’aspetta e la favella,
Ond’io già corro ad abbracciarla. Ed ella
Labbro non move, ma lo sguardo gira
Ver’me si lieto che mi dice: Or mira,
Diletto genitor, quanto son bella.
Figlia, io rispondo, d’un gentil sereno
Ridon tue forme; e questa imago è diva
Si che ogni tela al paragon vien meno.
Ma un’imago di te vegg’io piú viva.”
La Delia di Tibullo è tutto ritrosia e dispetto e con questo ritratto chiudiamo la nostra breve ricerca iconografica.
“Che mi giova, Delia, la tua Iside ora? che mi giovano quei bronzi che tante volte la tua mano ha agitato o quel tuo purificarti nell'acqua, seguendo piamente il rito, quel tuo dormire da sola, ricordo, in un letto illibato? “
“Se invece io potessi, mia Delia, con te aggiogare i buoi e pascere le greggi sul monte che sai, e mi fosse consentito tenerti con amore fra le braccia, dolce sarebbe il mio sonno anche sulla nuda terra. Che vale distendersi su un letto di porpora senza un amore ricambiato, quando viene la notte e una veglia di pianto? Nemmeno piume o coperte a ricami, nemmeno il mormorio d'un placido ruscello potrebbero indurti a dormire