Said, il marocchino in blu

(raccontino con spruzzatine dada dudu didi)
IL GIORNO SI SPIEGO' COME UNA BIANCA TOVAGLIA (Reverdy)...MA NESSUNA COLOMBA VEDEVO SORVOLARE IL CIELO DI LUGLIOE' pomeriggio davvero rovente, lo è a tal punto che quando cammini in una zona ombrata e senti un refolo di vento che ti percuote, dopo aver strisciato lungo le tue spalle, partendo per le caviglie e passando per il buco del tuo culo, facendoti poi sentire all'undicesimo o al tredicesimo cielo (li stessi che uomo o donna raggiungono, a volte, all'apice di un orgasmo), benedici qualcuno o qualcosa di indefinibile. Il termometro segna, infatti, quasi quaranta gradi all'ombra (ho scritto proprio ombra e no Londra...non va trattandosi, perciò, di orrore ortografico, né di momentaneo empasse da scrittura!). Sono di ritorno da una mia capatina in centro, dove ero stato per recarmi negli uffici tributari del comune ‐ trovati chiusi, peròMAL COMUNE MEZZO GAUDIO HABEMUS PAPAM PAPY DADDY DADDIES...LA SIGNORINA FELICITA HA PARTORITO UN PURE' DI FARFALLE LESSE All'andata, senza incontrare anima viva ma neanche una morta, vista l'ora ‐ da noi si chiama controra, l'equivalente della siesta pomeridiana per i Pancho Villa del Messico ‐ avevo percorso tutta la via Mazzini a mo' di lucertola all'incontrario: saltando, cioè, da una parte all'altra della via, mano a mano che trovavo una striscia di ombra su cui camminare, costeggiando i muri, ora a destra e ora a sinistra, per ripararmi il più possibile dalla calura. Per avviarmi verso casa, invece, in direzione opposta, dopo aver percorso la via Anfiteatro, per buon tratto, e svoltato poi a sinistra, all'altezza della via Regina Elena, ho imboccato la via Principe Amedeo, riuscendo anche a non confondermi nella mia gimkana di regine e principi ‐ evidentemente! Al centro della via, poco prima dell'incrocio con la via Minniti, da lontano ho intravisto un uomo disteso per terra. Prima che mi avvicinassi a lui ha chiesto qualcosa a dei passanti. Mi sono chiesto io in quel momento se fosse una coincidenza soltanto oppure qualcosa di ben definito, scritto sopra una grossa stele che sta in un angolo sperduto della Patagonia argentina, o si trova rinchiuso in un solingo scrigno che sta su una spiaggia sconosciuta e lontana del Belize? Senza risposta la mia domanda, fatto vuole tuttavia che agli inizi del 2021, quando si era in piena pandemia, mi era capitata ugualissima cosa: di ritorno dagli uffici tributari comunali, per andare verso casa, ebbi infatti altro incontro insolito e alquanto strano. Quando li sono giunto più vicino e l'ho incrociato di fianco alla mia destra (in modo tale da poterlo osservare bene in viso) l'uomo si era ridisteso per terra, sembrava dormisse. Vicino a lui qualche rifiuto (bicchiere di carta e busta vuoti, bottiglietta di acqua semi vuota) e poche cose (cappellino blu con la visiera e giacchino di cotone scuro, anch'esso di colore blu). L'uomo, che indossava maglietta e pantaloni della tuta blu, calzini blu e scarpe leggere estive, blu con bordo bianco, non sembrava stesse tanto bene, a prima vista, farfugliava anche parole strane e poco comprensibili durante il suo presunto dormire. Passandoli accanto, così, ho girato per un attimo il capo verso di lui a guardarlo meglio. Tra me e me poi ho esclamato: "Non è messo mica bene!". Mi sono recato a un vicino supermercato, distante meno di duecento metri dal luogo in cui era l'uomo (è uno di quei rari frangenti in cui benedico i supermercati, verso cui non nutro simpatie endemico‐parossistiche, piuttosto che augurarmi che tutti saltino in aria, all'improvviso, insieme ai loro fratelli maggiori che si chiamano centri commerciali, e a ogni filisteo sulla terra, come in una sorta di implosione da supernova galattica, o di effetto rebound a catena, o magari per avvenute complicanze di catastrofica natura!), per comprare qualcosa da mangiare (pizzetta da poco più di un euro), visto che il mio stomaco cominciava a dare segni di insofferenza smodatamente smaniosa, insieme al resto del mio corpo, invero, materia cerebrale compresaBRAIN GAME OVER Ho deciso allora di prendere qualcosa anche per l'uomo visto poco prima, per terra, e tornare da lui indietro a dargliela (classico evergreen "due piccioni con una sola fava", esclamerà qualcuno): una bottiglietta di acqua frizzante e cornetto vuoto. Ho pagato alla cassa, sono uscito dal supermercato e in un battibaleno sono ritornato dall'uomo. Nel frattempo si era rialzato, poggiava adesso la spalla sul muretto alle sue spalle, seduto per terra. Si era ricomposto e sembrava anche più arzillo di poco prima. Anzi, aveva una faccia estremamente allegra e pure abbastanza simpaticaTUTTA COLPA DELLA LUNA E DI NEIL ARMSTRONG Mi sono avvicinato a lui, mi sono chinato, li ho dato busta e bottiglietta d'acqua, abbiamo cominciato a parlare.
‐ Grazie! ‐ ha detto.
‐ Come ti chiami? ‐ ho chiesto subito, in italiano.
‐ Said, ‐ ha risposto, ‐ sono marocchino.
‐ Parli italiano e francese? ‐ ho chiesto.
‐ Si! ‐ha risposto. Poi mi ha chiesto se fossi italiano e parlassi arabo.
‐ Si, ‐ ho detto, ‐ sono di Taranto ma non parlo arabo. Poi li ho chiesto dove vivesse, dopo averli fatto capire che era meglio dialogare in italiano visto che il mio francese è alquanto scarso. Per quel che concerne la lingua araba, invece...beh, meglio sarebbe porre un velo pietoso sull'argomento e sotterrare il tutto sotto mastodontica pietra tombale (del tipo e dimensione uguale a quelle sotto cui gli Egizi misero a riposo i resti di Cheope o Tutankhamon nelle piramidi).
‐ Vivo a Fragagnano, ‐ ha detto Said, ‐ insieme a mio fratello, in una buona casa. ‐ Fragagnano è un piccolo comune che sta a poco più di una ventina di chilometri dal capoluogo jonico, a est, e conta poco più di cinquemila abitanti. Ho pensato allora dentro di me che si trattasse di una buona notizia, visto che avevo creduto, a primo impatto, che Said fosse senza dimora fissa. Spero sia vero, ma...chi lo dice, in fondo, che vivere in quel modo sia la cosa più brutta che possa capitare a un essere umano a questo mondo? Conosco almeno trecentocinquanta persone che indossano un muso lungo più di un chilometro tutti i santi giorni della loro vita anonima eppure vivono in confortevoli e comodissimi appartamenti con tanto di doppio cesso, tripla cucina abitabile e persino dotati di stanzetta con letto a castello per i loro cani bassotti! Molti clochard hanno tendenza a mentire sulla loro condizione di senza tetto, forse facendolo solo per dignità, pudore o vergogna di vivere tale condizione, o magari per paura di essere denunciati a qualcuno se no addirittura quella per la loro stessa incolumità fisica. Superficialmente direi che sembrerebbe la loro paura del tutto ingiustificata, visto che non avere nulla e neanche un tetto sotto cui dormire non siano reati perseguibili da legge, per quel che mi è dato conoscere, e se anche lo fossero si tratterebbe di bella e buona carognata, ma soprattutto non possono assolutamente considerarsi colpe. Resta però da considerare quella che vado sovente definendo "variabile umana": non a tutti i vagabondi, infatti, barboni ed affini pare siano simpatici al mille per ottantamila, come del resto è dimostrato da numerosi episodi di cronaca e violenza letale che li hanno riguardati, in passato, a ogni angolo del pianeta. Episodio emblematico mi accadde alcune settimane orsono, durante il mio lunghissimo peregrinare on the road per la penisola, in un bar della provincia ferrarese. Un uomo con cui parlai, allora, uno degli avventori del bar, residente in zona da tempo ma pugliese di origine, mi disse senza tentennare minimamente, parole eloquenti, infatti: "a quelli come te (si riferiva ai vagabondi come il sottoscritto) taglierei la testa e la butterei in mare!". Come suol dirsi, quindi: "Voce di popolo, voce di Dio!" ‐ e sti cazzi appressoJEWISH FOR PEACE A me non interessa se le persone che incontro per strada mi dicano la verità o meno sul loro stato esistenziale, da mia parte spero solamente che se la passino alla meno peggio, per quello che li è possibile, e siano anche contenti. Said mi sembra sia contento, mi ricorda in un certo qual modo Baptiste, l'uomo rasta ivoriano che ho incontrato a Pescara, a inizi di giugno, nei pressi dello stadio Adriatico...il suo amico migliore e inseparabile è un cartone di vino rosso, onnipresente insieme a lui e alle sue poche cose; non so chi sia invece il miglior amico di Said: forse la fortuna, oppure il cappellino che ho visto vicino a lui, chissà. Lui (loro) vivono la vita di strada in maniera semplice, comunque (o semlicemente così come viene!), questo è fatto assolutamente incontrovertibile. C'è chi vive in strada per scelta, chi lo fa perchè costretto dalle circostanze dell'esistenza, nel qual caso, a volte, in una sorta di infernale incubo a luci rosseeee in terra (Gianluca Donzella mi disse: "Se potessi cambierei vita, la mia vita in strada non è vita così come la vado vivendo!"), chi semplicemente per fare un'esperienza (di vita) o perchè è proprio nella (sulla) strada che starebbero scritte le risposte che l'uomo va da sempre cercando...il (quel) richiamo ancestrale verso l'ignoto, qualcosa cioè che non si sa cosa sia nè da dove arrivi a toccare le meningi, la psiche, il pensiero, le budella e infine pure l'animo degli esseri umani.

‐ Dobbiamo andare senza fermarci mai sino a che non arriviamo‐
‐ Dove andiamo?
‐ Non lo so, amico, ma dobbiamo andare.
(Jack Kerouac, On The Road/Sulla strada).

Sulla strada ognuno ha la sua storia da raccontare e la vive sulla propria pelle, a modo suo: Leo sta a Pescara da dieci anni, deve farsi almeno due volte al giorno di cocaina ed eroina insieme e per racimolare i venti euro che li servono per comprarsi le dosi chiede soldi ai passanti, oppure fa una marchetta o un pompino; Misha è un artista di strada e va in giro in tutta Italia, insieme alla sua donna, col suo teatrino viaggiante; Gianluca, a Taranto, campa di espedienti e piccoli furti; così fa pure Ahmed, tunisino, ras dei clochard a Bologna, che sta in Italia oramai da oltre vent'anni; Alex sta in strada da quando ha perso la sua famiglia e appronta ogni notte il suo giaciglio di fortuna ‐ fatto di cartoni, sacco a pelo e qualche coperta ‐ vicino al grande portone chiuso della chiesa dei SS.Simeone e Giuda, a Venezia, che sta quasi di fianco a Canal Grande: spesso li fa compagnia nel viaggio notturno qualche altro clochard, nel cortile della chiesetta, trasformato in estemporaneo ed improvvisato dormitorio sui generis, sovente anche qualche grosso gabbiano, quando sconfina (scantona) in strade altrui dal cielo; Omar è un ragazzo della Costa d'Avorio alto e robusto e fa il parcheggiatore abusivo in piazza Aldo Moro, a Bari, di fronte alla stazione ferroviaria, non li piace l'Italia: "un giorno tornerò a casa",‐ mi ha detto, ‐ "stare lontano dalla famiglia e dal mio paese mi brucia dentro!"; Euro vive in strada, a Pescara, perché il fratello a Porto San Giorgio lo costringe a stare come un cane rognoso nel garage della sua abitazione: è un finocchio, prima del covid aveva un salone di parrucchiere nel capoluogo abruzzese, viveva col suo uomo, poi ha sbroccato e non è più riuscito a ritrovarsi; Maurice l'ho conosciuto in primavera, ha 43 anni e viene dalla Nigeria. Campa chiedendo soldi all'ingresso di un supermercato, oppure fecendo lavori saltuari in nero. Ha il diabete e deve fare due volte al giorno insulina. In Africa sta la sua famiglia, moglie e tre figli, li ho chiesto "Un giorno tornerai a casa?" ."Un giorno, forse! ", mi ha risposto seccamente ma con sguardo tantinello ironico (tantinello proprio mica di più!)...a casa lui non ci tornerà mai, lo capirebbe anche un eunuco cieco della Groenlandia (ammesso che a quelle latitudini lontane ed amene ve ne siano), sebbene la vi siano moglie e tre figli ad attenderlo in stand‐by. La strada è varia, il mondo è vario (variegato) all'infinito visto che ogni giorno decine centinaia milioni di uomini lo percorrono, andando ognuno per la propria strada e in tutte le direzioni possibili ed immaginabili...è probabile (anzi, è del tutto certo) che la stragrande maggioranza di quegli uomini non si incroceranno mai perchè le strade che percorrono sono più infinite del mondo stesso e le direzioni che si possono prendere lo sono maggiori (elevate) al cubo ‐ formula matematico‐algebrica‐filosofica‐emodialitica: strada+mondo+10 100 1000 100000 1000000 uomini‐direzioni=strada al cubo (????) BOOOH...
Abbiamo ripreso a parlare, io e Said, un pò nel mio ultra elementare francese, un pò in italiano che comprendeva abbastanza bene, del resto. A quel punto mi sono seduto accanto a lui, sul bordo della saracinesca di un negozio chiuso, allinenadomi ‐ per così dire ‐ alla sua altezza in basso. LINE UP LINE UP LINE UP...
‐ Non parlo bene in francese, ‐ ho detto, anzi, ribadito, ‐ meglio inglese. Posso fare una foto?
‐ Non parlo inglese, ‐ ha risposto Said, ‐ meglio italiano o francese. Si, fammi pure la foto. ‐ Ho fatto così la foto, mentre sorrideva, poi ho ripreso a parlare riproponendomi contemporaneamente di non toccare più l'argomento "lingua"...vada per l'italiano ‐ e amen sia, allora! GOD SAVE THE QUEEN Da un pò di tempo, invero, ho iniziato a fare in questo modo, quando posso, ossia parlare con gente ultima che incontro. soprattutto (in gran parte sbandati ed extracomunitari, a volte puttane, tossici, finocchi), chiedere nome e cognome PRENOM CARMEN e fare foto col mio android IMMORTALARE QUEL FOTTUTO BASTARDO DEL TEMPO Non è sempre facile, molti rifiutano di farsi fotografare (li comprendo, talora, non sempre tuttavia!). Said è come Baptiste, invece, entrambi non hanno avuto problemi a farsi immortalare...essi sono di quelle persone che lasciano che le cose scorrano a modo proprio CHIARE FRESCHE DOLCI ACQUE L'ACQUA LIMPIDA E TERSA NON DOVREBBE MAI SMETTERE DI SCORREREUn grande romanziere americano, maestro della narrativa giornalistica di viaggio, mi ha messo ‐ per così dire ‐ la pulce nell'orecchio insieme a quelle altre che mi ci hanno infilato dentro altri scrittori suoi connazionali (Jack London, John Steinbeck, Jack Kerouac e quelli della beat, ovviamente), o di altrove (Bruce Chatwyn su tutti). A furia di prender pulci nelle orecchie mi sa...a volte mi sembra di averle otturate e l'udito traballa (anche a causa del tappo di cerume che da tempo vado portandomi appresso). Non ci ho pensato su due volte, a fare così, anche questa volta. Quello scrittore scrisse un romanzo, negli anni settanta, facendo a quel modo: si chiama William Least Heath‐Moon, originario della tribù indiana nativa degli Osage dello stato del Kansas, e nel 1976, preso da profonda crisi esistenziale (causata dalla perdita del lavoro e dalla separazione dalla moglie), stravolse le carte in tavola della sua vita e viaggiò coast to coast lungo le strade d'America, in un camper, per ben tre mesi. Quel libro (più che di un libro, direi tuttavia si tratti d'una sorta di monumentale enciclopedia/diario di viaggio visto che supera cinquecento pagine) si chiama Strade blu e narra di quel viaggio ma anche di molto altro ‐ evidentemente. L'autore intervistò migliaia di persone, di ogni tipo e ceto, durante il suo viandare, poi le fotografava. Ne venne fuori qualcosa di eccezionale, mai visto e letto sino ad allora. Ma la particolarità ulteriore fu questa: Least percorse strade e sentieri fuori dai percorsi comuni, toccando campagne e le profonde zone rurali del Paese (strade blu, appunto), ignorando autostrade, interstatali o highways principali di sorta.
‐ Lavori a Fragagnano? ‐ ho chiesto a Said.
‐ No! ‐ ha risposto, ‐ prima lavoravo in campagna ma adesso non c'è più lavoro. Se trovassi lavoro, lavorerei! ‐ Beh, esclamo dentro di me, in quell'attimo fuggente, di certo no solenne, tra me e l'uomo, trovare lavoro alla sua età, seppure come manovale in campagna o semplicemente a raccogliere sterco per concime, non è affatto semplice. COGLI L'ATTIMO ALCUNI LO FANNO ALTRI TENTANO DI FARLO ALTRI ANCORA...NON LI FREGA UN CAZZODEGLIATTIMIEppure Said, a bella prima, mi sembra viva la cosa con semplicità, filosofia, no chalance. Ben si accoppia, del resto, al sottoscritto (magari spererei proprio non come i carabinieri, come i testimoni di Geova o i Mormoni, o come le disgrazie che mai vanno da sole, ma sono sempre almeno in due!), il quale in questo ultimo anno e mezzo ha sperimentato la via del vagabondaggio a lungo. PROVE TECNICHE DI TRASMISSIONE
‐ Quanti anni hai? ‐ ho chiesto.
‐ Io sessanta, ‐ li ho detto, sono quasi coetaneo di Said.
‐ Sessantatrè! ‐ ha risposto. Non dico che se li porta bene, anche se così mi pare...li porta e basta. Ci sono persone che sembrano avere 1000 anni addosso ma di questi ne hanno vissuto solo 5 o 10 al più. Ma la battuta di un film con David Bowie protagonista (se ben ricordo penso sia L'uomo che cadde sulla terra) dice proprio il contrario: "Non importa quanto hai vissuto, ma quello che hai fatto lungo il cammino". Io quanto ho vissuto veramente dei miei sei decenni? Meglio stendere sopra la mia domanda ancora una volta solito velo pietoso...se penso al tempo perduto inseguendo niente, a quello trascorso a dormire e alle ore seduto sopra la tazza del cesso a rimuginare sul tempo perduto LOST TIME PARADISE LOST mi vengono i brividi, la nausea da chemio e le caldane tutte insieme. Non più di un anno, forse, o forse addirittura solamente sei mesi a voler essere cinico con me stesso ‐ lucidamente cinico. Non sono mai andato, però, alla ricerca del tempo perduto, di quel tempo perduto alla rinfusa ‐ a volte senza volerlo, magari senza neppure accorgermene ‐ forse perchè mi chiamo semplicemente Luciano e no SWANN nè MARCEL (PROUST)L'UOMO DEL GIORNO DOPO LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE [GLI UOMINI CHE VIVONO A META']...VORREI ESSERE CRISALIDE E NON AVER PAURA DI DIVENTARE FARFALLA Qualcuno ha detto però (credo fosse il saggio Einstein) che IL TEMPO NON ESISTE, SOLO "PURE ILLUSIONS" seppure non sono mai riuscito a spiegarmi una cosa: gli anni volano via e non si tratta di dollari falsi rubati a Fort Knox da qualche predone della steppa siberiana in trasferta negli States, né dei dobloni d'oro di cui va alla ricerca la masnada di furfanti e pirati nell'Isola del tesoro, romanzo cult di Louis Stevenson. Meglio allora lasciar perdere ricerche e spiegazioni di vario tipo...risposte senza domanda, al momento.
‐ Lavori? ‐ ha chiesto.
‐ No! ‐ ho risposto, ‐ faccio il vagabondo. E' risposta ironica, questa, che tuttavia sempre più spesso mi capita di pronunciare colla gente che incontro. Ma si sa, però, che l'ironia ‐ a volte ‐ rappresenti l'anticamera della verità: dall'estate scorsa ad oggi ho trascorso più di due mesi girando e vivendo per strada, poche settimane addietro dall'incontro con Said ho trascorso un mese di seguito attraversando la penisola italiana dal versante adriatico, per un viaggio che dovevo fare, che dovevo farlo perchè lo dovevo a qualcuno.
‐ Dove hai casa, quì a Taranto? ‐ ha chiesto.
‐ Di fronte alla grande chiesa bianca, ‐ ho risposto, ‐ che si trova vicino la strada per San Giorgio e Fragagnano (trattasi della SS7 ter, volgarmente detta via Lecce, perchè porta diritta nel capoluogo salentino), la conosci? (la grande chiesa bianca è la Concattedrale o cattedrale nuova che qui, a Taranto, si distingue dal duomo di San Cataldo, che sta nella città vecchia).
‐ Si! ‐ ha risposto Said.
UNA CHIESA SI LEVAVA SQUILLANDO COME UNA CAMPANA[Philippe SOUPAULT]...UNA CAMPANA NON FA MAI PRIMAVERA NEANCHE SOTTO IL SOLE COCENTE D'ESTATE!
‐ Sei musulmano o cristiano? ‐ ho chiesto.
‐ Sono musulmano! ‐ ha risposto Said ‐ E tu?
‐ Sono ateo! ‐ ho detto, ‐ non sono musulmano, cristiano o ebreo. ‐ In quale città sei nato?
‐ Casablanca! ‐ ha risposto Said, in maniera squillante, mentre mi guardava dritto in volto e sorrideva.
‐ Qual'è la più bella città del Marocco? ‐ ho chiesto.
‐ Casablanca! ‐ ha risposto Said, in maniera più squillante di un attimo prima...evidentemente il suo giudizio è un po' di parte ma è probabile che sia proprio così, in fondo, e io non sono certo la persona adatta a poterlo smentire. Non posso far altro che accettare la sua risposta, tuttavia, per quello che è semplicemente visto che nel suo paese non ci sono mai stato; non conosco, quindi, neanche la sua città natale ed inoltre è sempre buona cosa, a mio parere, non giudicare un paese basandosi sul sentito dire o, peggio ancora, farsene idea sulla base di quello che si è letto sopra i libri o ascoltato dai media: è solamente conoscenza superficiale ed estemporanea, quella!
‐ Un mio amico è stato a Marrakech, ‐ dico a Said, ‐ mi ha detto che è la più bella città del Marocco! ‐ contravvengo subito a quel che ho scritto poc'anzi, ma evidentemente si tratta di cosa ben diversa: il mio amico è stato veramente a Marrakech e quindi mi rifaccio a un suo reale giudizio sulla città. MARRAKECH EXPRESSSSS E' pur sempre meglio, tuttavia, e se la cosa sia possibilmente plausibile e fattibile, farsi idea precisa, non solo sui luoghi ma anche delle persone e delle cose che in essi si trovano, coi propri occhi SAN TOMMASO DOCET...
‐ Sì ‐, esclama sorridendo Said, ‐ anche Marrakech è molto bella! ‐ Mentre parla con me chiede elemosina a diversi ma nessuno li da nulla.
‐ Le più belle donne sono a Tangeri, le più belle puttane e i bordelli! ‐ dico a Said.
‐ Si, si, ‐ fa lui, sorridendo ‐ anche a Marrakech!
Tangeri (in arabo Tàngia) è senza dubbio la città più cosmopolita del Mediterraneo, a quel che dicono coloro che vi sono stati. Jean Genet è stato più volte a Tangeri, così come molti scrittori beat. Genet fu tra gli artisti ed intellettuali più controversi di tutto in '900 e molto di lui, come di altri scrittori francesi (Celine, Sagan, lo stesso Charles Baudelaire) è stato preso a modello dalla Beat Generation. Sostenne il Movimento delle Black Panthers, negli Stati Uniti, e quello dell'IRA nell'Ulster, incontrò Yasser Arafat, quando il leader dell'OLP era al culmine del suo carisma politico. Fu sempre un filo arabo‐palestinese dichiarato, scrisse il libro Palestinesi, frutto della sua esperienza di vita a contatto con i fedayn in un campo di addestramento. Venne considerato lo scrittore dei guerriglieri così come Ghassan Kanafani e Mahmoud Darwish erano i cantori, i poeti della resistenza palestinese e dell'Intifada. Un manipolo di disperati che avevano destino segnato, quando cominciarono a dirottare aerei, far esplodere acquedotti, assaltare villaggi olimpici. Kanafani, ad esempio, fu fatto saltare in aria, nel 1972, a Beirut, da un'autobomba confezionata dal Mossad israeliano, insieme alla sua piccola nipote.