Sasoguarfi
SASOGUARFI. Questa parola, cari amici non riguarda le province di Salerno, né quella di Sondrio e nemmeno quella di Firenze, è la sigla della Scuola Sottufficiali della Guardia di Finanza a cui, in passato, il nostro eroe Alberto M. aveva appartenuto al fine di raggiungere il grado di vicebrigadiere, niente a che fare con quella odierna situata a L’Aquila con tutte le comodità possibili. Nel 19… era situata ad Ostia fuori dal centro abitato e vicino ad una pineta. Alberto, quarantenne, sposato con Anna, niente figli per volere di entrambi rivestiva il grado di Capitano. Romano dé Roma aveva chiesto di essere trasferito in un reparto della capitale da Domodossola dove comandava la locale Compagnia ma, per mancanza di calcioni(raccomandazioni), aveva dovuto accettare il Comando della 1^ Compagnia di Allievi Sottufficiali. A quei tempi il ruolo di istruttore comportava automaticamente una certa durezza nel trattare gli allievi ma tale qualità, se qualità si poteva chiamare, non faceva parte del bagaglio del buon Albertone. Appena insediato, in una riunione con i suoi uomini aveva fatto presente che, a suo tempo prima di andare in Accademia, era stato allievo sottufficiale ed aveva dovuto sopportare le angherie dei brigadieri istruttori che sembravano essere stati scelti per la loro cattiveria d’animo il che non aiutava il ben vivere dei loro futuri colleghi. In particolare lo jum jum verso di protesta proveniente dal bocca degli allievi in fila per il rancio, brutta parola diciamo per il pranzo; il lancio in sala mensa di pallottole di mollica di pane che finivano in testa al brigadiere di turno con la relativa richiesta, evidentemente rimasta non ascoltata “Venga fuori chi è stato!” ed altre amene situazioni che avevano fatto acquisire al capitano Alberto M. la simpatia dei suoi subordinati. Simpatia non condivisa dal Colonnello Comandante della Scuola, Principe Alessandro Barberini che un bel giorno, anzi brutto giorno per l’interessato che fu convocato dal suddetto ufficiale nel suo ufficio. Alla presentazione con tanto di battuta di tacchi da parte di Alberto, il colonnello dopo il previsto “Stia comodo” che voleva dire ‘riposo’, partì con una ‘sparata’ che lasciò interdetto l’Albertone: “Vuol andare trasferito in Sardegna?” “Veramente…” “Veramente un corno, non mi è piaciuto il discorso da lei pronunciato ai suoi uomini, per ora può andare!” Alberto con la coda fra le gambe ritornò nella sua abitazione ad Ostia, raccontò l’episodio ad Anna, mangiò a malapena qualcosa e si rifugiò a letto. Il mattino successivo chiamò nel suo ufficio lo scrivano finanziere Nando M.(era il suo segretario anche lui romano e con lui in sintonia) e chiese notizie sul Colonnello Comandante. “Signor Capitano ne stia alla larga, è malvisto da molti di noi ma ben ‘ammanigliato’ al Comando Generale e si dice pure amico del Ministro delle Finanze. Ocio!” Un particolare: il nobile principe Barberini era sposato con una uruguaiana che parlava lo spagnolo e non il portoghese come le brasiliane ma aveva molto in comune con il classico modello di quest’ultime: alta bruna, occhi… promettenti, naso leggermente pronunciato, bocca invitante, seno da favola, gambe chilometriche. La cotale aveva la buona abitudine, anche quando il tempo non era molto clemente, di girare per i viali della Scuola Sottufficiali in bicicletta e in hot pants (pantaloncini molto corti) e camicetta particolarmente scollata con ovvia uscita dalle orbite degli occhi degli allievi arrapati. Alberto venne un giorno convocato dal Colonnello Comandante, si recò nel suo ufficio piuttosto preoccupato (pensava alla Sardegna) ma si rasserenò alla vista del sorriso e di una mano tesa del Principe. “Ho saputo dal mio collega di Torino che lei è molto bravo come fotografo, dai suoi atti matricolari risulta essere “capo laboratorio fotografico”, attualmente conduce il laboratorio un finanziere che come professionalità è un cane, lei lo sostituirà.” “Signor Colonnello, molto probabilmente avrò bisogno di acquistare materiali fotografici, lei lo sa quanto sono stitici al Comando Generale in fatto di assegnazione di fondi…” “Con me gli verrà la diarrea!” E così fu, Alberto prima si recò nel laboratorio fotografico , si rese conto della situazione e poi presso la ditta Randazzo ebbe un buono sconto sul preventivo dei materiali scelti. In una settimana fu cambiato il locale del laboratorio, Alberto ne scelse uno più grande con istallazione di una cassaforte (non si sa mai), di acqua corrente e poi: un piano lavoro, una macchina fotografica Topcon con tre obiettivi ed una Yashica Mat, un ingranditore Durst, vaschette, tanks, un essiccatore, una turbo lavatrice, pinze e tanti altri aggeggi, insomma quello della Scuola Sottufficiali era diventato un vero laboratorio fotografico professionale. Il Colonnello Comandante fece le congratulazioni ad Alberto e gli chiese se, nei momenti liberi, volesse insegnare a sua moglie tutto quanto riguardava la fotografia di cui era appassionata. Richiesta alla quale ovviamente Alberto aderì anche se con qualche ovvia perplessità; non ne fece cenno a sua moglie. Il laboratorio era situato nella palazzina dove abitava il Colonnello Comandante ed erano situati anche gli uffici amministrativi chiusi di pomeriggio e così la bella signora Dalida (madre francese, padre uruguaiano) poté recarsi ogni pomeriggio nel laboratorio fotografico senza dare all’occhio ed apprendere l’ottava arte senza incontrare i militari della scuola. Contrariamente al solito, forse per suggerimento del marito, madame in queste occasioni vestiva sobriamente; era una brava allieva nell’apprendere i vari principi fotografici quali la lunghezza focale degli obiettivi, la profondità di campo, i gradi Kelvin e tante altre nozioni che la sera ripeteva al marito contento che la consorte si dedicasse a qualcosa che escludeva sue inclinazioni un po’ pericolose. Un pomeriggio la bella Dalida si presentò coperta da un lungo tabarrano ma sotto aveva solo un reggiseno che copriva appena i capezzoli e un normale slip.” Non ti preoccupare, mio marito ha acconsentito a che tu mi fotografassi in topless in bianco e nero così svilupperai tu le foto senza portarle in laboratorio esterno, mi consegnerai anche i negativi.” Alberto si sedette e stette un po’ a guardare la ‘modella’ per poi notare che ‘ciccio’…”Pensavo che tu fossi omosessuale invece vedo…” “Non cambia nulla, tuo marito è una potenza, potrei passare grossi guai. Ti scatterò le foto e te le consegnerò con i negativi ma voglio un’assicurazuione…” “”Io conosco il direttore delle Assicurazioni Generali, potrei presentartelo.” Pure preso per il culo! Dopo circa due ore le foto, bellissime, (Alberto era un artista) erano pronte e l’autore fu gratificato di un bacio non proprio fraterno che portò l’interessato, giunto a casa, a chiedere alla consorte una immediata prestazione sessuale con punto interrogativo da parte dell’interessata. Il seguito è ancora più fantasioso. Finito il corso e partiti gli allievi e, tranne pochi uomini, tutti gli altri in licenza per due mesi. il Colonnello Comandante inaspettatamente lo convocò nel suo ufficio: “Ho ammirato le foto di mia moglie, lei è riuscito a trarne fuori il lato migliore senza volgarità. D’estate vado in villeggiatura nella mia villa di Torvaianica ed invito tanti amici, vorrei che lei scattasse qualche foto, sa come sono le signore.” Alberto sbatté i tacchi per andarsene quando: “Lasci stare le formalità, fuori servizio ci daremo del tu.” La parola perplessità esprimeva solo in parte i sentimenti di Alberto che confidò tutto a sua moglie.”Amore mio abbiamo in passato stabilito di essere anticonformisti, mettiamo in pratica il principio e se, necessario, mi comprerò anch’io un bichini ridotto, non pensi che farò la mia figura?” Che dire? Alberto si sdraiò sul letto seguito dalla moglie che cominciò a baciarlo, che la signora avesse assaporato mentalmente quello che la aspettava in vacanza? Bah. Alberto prima di partire fu raggiunto da una telefonata del Colonnello Barberini che, oltre a spiegarli come raggiungere la sua villa, gli chiese di acquistare due maschere, una per lui ed un’altra per Anna dato che intendeva dare un ballo mascherato. Un ballo mascherato in pieno agosto sembrò ad Alberto fuori luogo ma a questo punto…Allora non c’erano ancora i navigatori satellitari, Alberto con la carta stradale riuscì a giungere a destinazione. Una villa a tre piani bellissima, un grande spiazzale anteriore, una piscina con ombrelloni, sdraie e Interni moderni e di buon gusto. Un vicino terreno coltivato da una famiglia di contadini che, per compenso, tenevano in ordine la villa e provvedevano alle cibarie. Una pacchia per Dalida. Ad Alberto e ad Anna fu assegnata una stanza con bagno all’ultimo piano, erano i primi la mattina a recarsi nella vicina spiaggia a prendere il sole gli altri a mezzogiorno quando il sole non fa bene ma…’unicuique suum’, ogni tanto Alberto ricordava di aver frequentato il liceo classico.
I giorni passavano piacevolmente uguali, la sera tutti distesi ad ascoltare musica o dinanzi alla TV poi un venerdì: Alessandro (in vacanza non più Colonnello): “Per domani ho invitato gli amici intimi per una festa, tirate fuori le maschere. Alberto ne aveva comprato una per sé che gli copriva tutto il viso ed un’altra per Anna che le nascondeva solo gli occhi. Pian piano lo spiazzale si riempì di macchine di lusso, il Colonnello aveva amici facoltosi, Alberto con la sua Jaguar X type non sfigurava davanti a Rolls Roice, Bentley, Borg Ward ed analoghe marche. La signore, scese dalle vetture, si erano recate in una stanza appositamente preparata per depositare gli abiti e restare in bichini ridottissimi, era una calda serata di agosto. “Caro non farti uscire fuori gli occhi, sei ridicolo!” “E tu gelosa!” “Ci scommetti che rimorchio un maschione e ‘men vo non così parlando non onesta!’” “Ora la ridicola sei tu, per questa sera ognuno per conto proprio.” Alberto trovò un tavolino vuoto e fu raggiungo da Dalida. “Mon ami solo soletto, vuoi un po’ di compagnia?” “Graditissima. “Che ne dici se andiamo a parlare dietro l’edificio.” Alberto si domandò che significato aveva in questo caso il verbo parlare. Dalida: “Mi sei sempre piaciuto sia in divisa che in borghese, ti ho anche sognato ma non ho avuto il coraggio di…” “Non ti preoccupare, io e mia moglie siamo anticonformisti.” “Non so sino a che punto potrai capire, guarda…” e Marisa si tolse il bichini appalesando un pene che, anche se non molto grosso, era sempre un pene, Dalida era un trans! Ripresosi dalla sorpresa Alberto: “Anche tu mi sei piaciuta molto e subito ma per paura di tuo marito…, adesso non so che fare, sono sincero, non ho mai avuto contatti con un…cazzo!” “Io mi sento solo donna, quello è un particolare.” “Un particolare che non vorrei sentirmi nel didietro” pensò Alberto ma abbracciato dalla signora prese a baciarla in bocca e sul seno, nel frattempo il coso di Dalida divenne duro e la padrona prese una mano di Alberto e lo circondò muovendolo. Non ci volle molto, il coso cominciò ad emettere sperma sulla mano di Al. ma poco dopo la signora si mise in ginocchio e preso il ‘ciccio’ di Alberto ben dur, se lo infilò non senza fatica (era molto grosso) nel suo popò. Dalida godette altre volte sia davanti che didietro con piacere anche di Alberto che per la prima volta aveva provato sensazioni inusuali. Al rientro, fra la folla degli invitati incontrarono il Colonnello che li salutò con la mano, aveva capito tutto ma non aveva voglia di parlarne. Anna, sempre mascherata, ballava con un fustone strofinandosi notevolmente, Alberto, preso per mano da Dalida fu condotto nella camera da letto della stessa e sul lettone la baby prese di nuovo a baciarlo con relative conseguenze. Dopo un tempo indefinito Alberto salì nella sua camera, letto vuoto, chissà cosa stava combinando la sua bella! Al risveglio nessuno dei due raccontò la propria avventura, un pizzico di mistero pare faccia bene alla coppia. Finale: Il Colonnello fu molto gentile col Capitano AlbertoM., scrisse a suo carico eccellenti note caratteristiche e lo propose per una promozione. Dopo quindici giorni dalla nomina al grado di Maggiore e il trasferimento alla sede di Siracusa al Comando di quel Gruppo, ad Alberto pervenne un biglietto di congratulazioni da parte del Colonnello Comandante Sasoguarfi con una postilla: “Grazie di non aver pronunziato la classica battuta sul mio cognome ‘A Roma hanno fatto meno danni i barbari che i Barberini’ e per non…” Diventati anziani i due coniugi M. finalmente si confidarono quello che era avvenuto quella famosa notte: anche Anna aveva provato un uccello ma non quello di un trans!