Scopa
Sta quasi per avvicinarsi l’ora di pranzo, e quella baracca verde vede scomparire come dei fantasmi i suoi ospiti giornalieri. La Gazzetta dello Sport viene ripiegata e gettata lì sul tavolo che ha accarezzato ogni cosa, comprese le mani e la stoffa dei vestiti dei giovani che, a sera tarda, affollano tutto il marciapiede. Non salutano nemmeno. Se ne vanno a testa bassa con le mani nelle tasche. Alfonso e Salvatore restano seduti; guardano la strada, guardano le macchine che a un certo punto non vanno dritte ma si spostano più a sinistra perché ci stanno delle cose variegate che bloccano il loro perfetto tragitto. E se ne stanno zitti. Solo Emanuele rompe il silenzio…cantando.
‐ Chist’è ‘o Paese d’o Sole… Chist’è ‘o Paese d’a munnezza…
Si siede di fronte ai due, posa sul tavolo delle carte napoletane, fresche, appena comprate:
‐ Mo’ facimme ‘na cosa: chi avence contro a mmè, ‘o faccie faticà dint’a ll’Asìa.
‐ Parla italiano, Manue’… altrimenti l’Italia non potrà mai capirci…
‐ Alfò… gioca tu, dai… per una volta la smetti di vedere ‘sto panorama poetico, che ti da’ così tanta ispirazione!
‐ Che gioco?
‐ Facciamoci ‘na scopa… che ci vuole pure… pulire, spazzare!
Salvatore rappresenta lo spettatore… è seduto distante dai due sfidanti di scopa… continua a contemplare quelle auto. Mentre Emanuele distribuisce le carte fischiettando, Salvatore mugugna
‐ Dobbiamo reagire… noi siamo cittadini, protestare contro le ingiustizie è nostro dovere!
‐ Già… ‐ gli risponde Alfonso mentre si accende una sigaretta – tutto ‘sto fumo nero per l’aria ci fa male…
‐ E tu pensa che faccio confusione nel distinguere tra l’asfalto e la roba nera che viene bruciata…
‐ Diossina… è diossina – interviene Emanuele mentre concede un primo sguardo sulle sue carte
‐ Eh… e mica è niente!
‐ Shhh… zitto Toto’… ché qua chi vince pulisce l’intera città così non moriremo più di tumori per aver respirato quest’aria…
‐ Mi ci gioco la casa io, invece… con tutta questa disoccupazione, secondo te, danno il posto di lavoro al primo idiota che passa?
‐ Va be’… comunque non rompere, fammi giocare
Quattro carte sul tavolo:
Due di Spada, Sette di Denari, Quattro di Coppe e Asso di Bastone; parte Alfonso
‐ Tengo Dieci di Denari… e mi prendo: Sette di Denari, Due di Spada e Asso di Bastone…
‐ Azz… uà però che fortuna…
Salvatore scoppia dal ridere… poi fa:
‐ Quell’Asso di Bastone lo darei in testa, al Sindaco
‐ ‘O rrè... quelli che tutti credono di essere… ma alla fine sono tutti schiavi delle proprie idee che li intrappolano nella rete della confusione
‐ Questo l’ho letto nel tuo articolo su quella rivista locale…
‐ E… comunque… quel re ha preso il Due di Spade…
‐ Punge!
‐ No, anzi, le avrà prese perché non ne avrà manco una di spada!... Ecco… La presunzione di essere Re… e poi non hanno nemmeno le armi per combattere
‐ Proprio come il nostro Presidente…
‐ Lasciamo stare Totonno… che poi c’ha pure il mio stesso nome!...
‐ E poi hai preso pure un Sette di Denari
‐ Vale tanto! Te lo dice Salvatore, uno che se ne intende di scopa…
‐ Seh… e poi si mette a vedere il cassonetto che brucia… ma dai! Persino dei truffatori dello Stato come quelli ne hanno tanti di Denari…
‐ Truffati… da noi, per giunta… dai Manue’, gioca
‐ Getto Dieci di Coppe
‐ Bravo… e questo pure c’è l’ho!...
‐ Oh, Toto’… non è che gli stai suggerendo qualcosa?
‐ Noooo… io vedo quel cassonetto che brucia… Intanto se uno di voi ha un quattro, ha fatto scopa
‐ Bho… io no
‐ Nemmeno io…
‐ Allora getto un Sei di Spade
‐ Eh… vai Manue’… che sei spade ti bastano per ferire il nemico e andare al potere
‐ Io qua ne ho dieci… di spade… Scopa!
‐ Una carta hai gettato e hai fatto subito scopa… strano…
‐ La Sinistra ha messo in ginocchio il nostro Paese… ma noi lo rimetteremo col culo per terra… Rialzati, Italia! – esulta Emanuele.
La partita va avanti a sbalzi, non c’è né un vincitore né un perdente provvisorio, sono a parità.
‐ Uh, quanta gente c’è lì in fondo… eppure, strano, ma ce ne siamo accorti adesso…
‐ Quel fumo è ormai sparso nell’aria del Vesuvio, di Pulcinella, della pizza…
‐ Non pronunciarmi la pizza, che a pensarci ci rimango male
‐ Sì, anche io… falla fare fredda, tanto non ha più il suo sapore originario…
‐ No… che hai capito!... Ieri mi stavo affogando con la mozzarella della pizza…
‐ E’ diossina… anche la mozzarella… ancora non lo sai?!
‐ Sì sì, questo lo sapevo...
Come sempre, interviene Salvatore:
‐ Però io sono del parere che solo i turisti possono dire Ah, che buona la mozzarella napoletana!
‐ E certo – risponde Alfonso – tanto non vivono con i propri occhi la verità
‐ E comunque non respirano l’aria come la respiriamo noi
‐ Certo, Emanuele… c’hai ragione...
‐ Questi suoni squillanti delle sirene mi danno fastidio…
‐ Sono uno, due… tre, quattro… cinque camionette della Polizia
‐ Ma che è! Il G8?
I tre scoppiano dal ridere… si alzano, le carte rimangono lì, alcune spazzate via dal vento, altre intatte, come quel Re… anche loro fanno piangere di ruggine la baracca sempre più sola.
E’ ora di pranzo. Nel TG della Regione si vedono immagini violente, di guerra.
Vedendo quelle immagini, Emanuele pensa che Alfonso abbia sbagliato nel prendere le carte. Di bastone non c’è ne uno solo… ma tanti… bastoni che non vengono scaraventati ai politici, ma ai cittadini. Negli occhi di quei tre c’è la vergogna, la rabbia, il dolore…
‐ Mamma, guarda quel gabbiano!
Indica un bambino per la strada.
E intanto Emanuele continua a pensare che quel Re non c’è… quelle spade pungono, ma si vede solo dall’apparenza… ora, sul Tavolo, ci sono rimasti dei bastoni che feriscono la Nostra Struggente società.