Scoprendo la casa di Emliy Dickinson, il coraggio nascosto che c'è in ogni donna
Le cose avvengono mai per casualità. Qualche giorno fa ho trovato in biblioteca un libro che racconta una delle mie poetesse preferite, Emily Dickinson, (Amherst, Massachussets, 10 dicembre 1830, Amhherst 15 maggio 1886) scritto da Alessandra Cenni. Come sempre mi accade quando ritrovo nei libri la voce di persone del passato, mi sento trasportare oltre un velo di sacralità e di rimpianto dolente, quasi entrando in punta di piedi in un tempio del cuore.
Per caso navigando sul web mi sono poi imbattuta nell’immagine della casa dove la grande, delicata ed evanescente poetessa americana visse (Dickinson Homestead) ad Amherst, ora trasformata in museo. Per un qualche misterioso arcano sentiero del cuore, quelle finestre decorate di verde sembravano rilucere come una collana di perle d’acqua dolce, placide e armoniose custodivano le parole di un’anima eletta, un tempo vivida di respiro, oggi trasformata in pura essenza poetica.
Capisco perché Emily abbia scelto di vivere la sua vita in quella casa, osservando dall’alto la vallata e il pianoro dolce che degrada dalle alture verso il fiume e il lago poco lontano, afferrandosi al luminoso giorno che accarezza l’alba con i suoi raggi di bellezza. È un’armonia pura, una quiete che ristora, un balsamo che lenisce.
Amava la natura, Emily, amava passeggiare nel verde incanto del suo giardino, amava la sua camera accogliente e chiara, il suo morbido scialle dentro cui avvolgersi e avvoltolarsi assorbendo il profumo della pelle e della vita.
La sua casa mi ricorda innanzitutto la mia infanzia, così abbracciata alla terra e al sole, lassù su quel cucuzzolo da cui io parevo volare quando mi arrampicavo sui faggi‐carpini del roccolo che circondava la casa, planando come un falco sull’Altopiano di Selvino Aviatico, osservando le pieghe del mondo, per trattenerle in me fino a lasciarle libere sulle pagine scritte. Scrive il sito a lei dedicato: “Emily scrive sempre, su piccoli fogli che porta con sé, mentre screma il latte nella rimessa silenziosa, o sull'involucro del cioccolato mentre prepara una torta in cucina e, con le mani ancora sporche di farina, continua il pensiero appena abbozzato nella rimessa. Poi riunisce il tutto in quaderni che chiude nel cassetto in camera sua.”
E anch’io, bambina assetata di sole e di vento, scrivevo su fogli colorati i miei primi abbozzi poetici e leggevo lei, Emily, inebriandomi del suo piccolo angolo di mondo, delle sue finestre che catturavano la luce riverberandola in un arcobaleno, delle querce e degli abeti che stormivano al vento, il prato morbidamente proteso verso il ruscello, le stradine polverose nascoste dalle siepi, i tetti delle casette del villaggio simili a bottoncini rossi...
Ma la casa di Emily mi ricorda anche Anna dai capelli rossi, il meraviglioso personaggio creato dalla scrittrice canadese Lucy Maud Montgomery, che mi ha fatto compagnie nelle letture della mia infanzia, con la sua casa dalle persine verdi (House of Green Gables). Figure femminili di straordinaria potenza, Anna e Emily, quasi paladine a difesa di un coraggio nascosto, che c’è in ogni donna. Due volti diafani e leggeri, quasi trasportati dal vento, ma solide e compatte nelle loro decisioni.
La Montgomery inserì nella storia di Anna anche le proprie esperienze infantili nella zona rurale dell'Isola del Principe Edoardo ed Emily Dickinson ha raccontato storie poetiche osservano la vallata dalla sua finestra. Quelle dimore antiche cullano ancora i respiri rarefatti e dolci di Anna ed Emily, e si offrono a noi viandanti del Ventesimo Secolo con la dolcezza del lievito e del pane, delle notti stellate e delle sere chiare sulla veranda. Quelle dimore antiche raccontano Speranze nuove, per continuare a sognare.
Ho amato e amo Emily Dickinson. Fin da ragazzina mi avvincevano le sue parole semplici, non ricercate, che parlavano al mio cuore. Ora sono entrata “in punta di piedi” virtualmente, nella sua casa, piccola viaggiatrice del tempo, per portare a casa un pezzo di poesia.