Sogni di sensazioni
Sedevo ad un tavolo di legno. Tutto sfregiato. Solo pane, formaggio e vino rosso. Proprio come faceva Erri de Luca. Non so se il mio era un volerlo imitare oppure un mio bisogno. Fatto sta che accadde. C’era anche il mare e con esso tutti i suoi odori di fatica. Le reti dei pescatori e gli aghi, i pesci, la pelle scura e le rughe, i segni delle notti passate in mare. È un lavoro come gli altri. C’era anche una discesa che potevo scorgere dal mio tavolo. Pane, formaggio e vino rosso. Il tavolo era piccolino, ma più grosso non serviva. Mi rendevo anche conto che accumulare non serviva. Di solito accadeva che lo capissi solo quando ero davvero lontano e quel giorno NON ero lontano. Il desiderio però rimaneva. Avevo anche paura di parlare; o almeno all’inizio era alla paura che attribuivo il mio silenzio, ma poi, con il passare degli anni, capii che erano ben altri i motivi che mi spingevano a sedere con il legno in totale silenzio. Preferivo riscuotere dalla gente. Forse avevano tutti un conto aperto con me. I loro racconti, i loro dialoghi, le loro emozioni, le loro cazzate. Qualsiasi cosa. E mi facevo un’idea. Mi bastava poco per capire che razza di stronzo avevo davanti. Avevo pensato per anni che non potevano esistere e che erano una totale invenzione dei film. No, mi sbagliavo e dovevo mettermelo in testa. Tutti insieme erano una forza incontrastabile. E io me ne stavo là, seduto ad annusare gli odori che mi riportavano indietro; proprio come l’odore delle foglie di ottobre cadute a terra e schiacciate dai piccoli piedi su quel marciapiede che vedo dalla mia finestra.