Sogno di una notte di ventuno marzo.
Ho sempre avuto una vita sentimentale fallimentare. Si affestellavano nel mio letto diverse donne, facevo provviste di impressioni, di corpi, di umori, di orgasmi, di baci, di schiene, di nuche. Senza soffermarmi sull'unica cosa fondamentale: volevo davvero tutto questo? La mia giovane vita non conosceva pause. Nè di riflessione nè di decompressione degli eventi. Vivevo le giornate a ritmo di speed dating. Avevo incrociato tanti occhi, dormito in tanti letti e da molti ero fuggita via, appena la presa diventava più stretta. Non facevo niente di speciale. Non c'era niente di speciale nell'allontanare le persone. La vera cosa speciale era sapersele tenere.Tutto fino a quell'ordinario 21 marzo di un faticoso 2010. Il giorno del grande magari, il giorno in cui si sono posati su di me occhi che sembravano dita che giocassero. Combaciavamo. Eravamo due navigatrici a vista, che adattavano le loro rette in base alla direzione dei venti, all'ispirazione. Con un bisogno di muoversi troppo forte per riuscire mai a stare ferme. Avevamo un amore con mille traiettorie, un semplice corposo amore che si spostava in ogni dove. Che mi faceva sentire ovunque. Entrambe con una mente troppo curiosa per accettare mai di annoiarsi. Le tue mani con le mie scandivano il ritmo delle nostre voglie. Una memoria del tatto che sfuggirà sempre alle parole che tenteranno di circoscriverlo. Partecipi del qui e ora. Sospese in un sorriso che non finisce, nella dolcezza morbida dell'adesso. E' sempre stata una pulsante avidità sensoriale, elettricità inesauribile del contatto: veloci e rallentate come due sconosciute che si riconoscono. E i nostri silenzi, come prova di fiducia reciproca.
Libere ‐ indipendenti ‐ mobili ‐ intuitive ‐ istintive ‐ non costruite ‐ non atteggiate ‐ senza sforzo e fatica. Spogliate da ogni forma, ci concentravamo sui contenuti, scartando ogni definizione e amandoci nelle conseguenze.
R: “ Mi piace che qualcosa in te resista, rifiuti di familiarizzarsi, rimanga invincibilmente estraneo. Forse il segreto sta nel preservare qualcosa di straniero in noi. Tu complice con cui parlare e fare l'amore, ridere. Senza bisogno di filtri o atteggiamenti o divisioni implacabili di ruoli. Senza mai chiederti di essere diversa da te stessa.”
T: “Non c'è modo di farti rientrare in un tipo; attraversi tanti modi di essere, senza caderci dentro. Sei semplice e complicata, hai una natura selvatica, un animo romantico, uno spirito coraggioso, ti spaventi, sei allegra, sei curiosa, ti stufi, cerchi cure e attenzioni, un amante che ti ami alla follia ma indifferente, non hai bisogno di nessuno."
R: "Se me lo chiedessi, ti darei i miei occhi.”
T: "Il tuo modo di guardare, sorridere, girare la testa, camminare o fermarsi in un punto."
R: "La tua figura flessibile, i tuoi pensieri rapidi e precisi. I colori nei tuoi occhi, la luce che c'è dentro, la forma delle tue labbra, orecchie, naso."
T: "La vibrazione della tua voce ascoltata da molto vicino."
Una combinazione di caratteristiche contraddittorie. Ed erano baci confusi, affamati, imprecisi; corpo contro corpo, respiro contro respiro, annaspanti, strapazzate da ansia, imbarazzo, desiderio, riluttanza, incoscienza, fretta, curiosità, voglia. Tutte le nostre parti in gioco.
E ad ogni tuo viaggio io arrossirò e tu mi guarderai. E io penserò "dannazione con me la spunterai sempre tu". E tu non dirai nulla ma mi terrai la testa tra le mani e mi stringerai. E’ la padronanza delle regole del gioco che ci permette di continuare a entrare e uscire. Di chiuderci fuori e poi cercare di rientrare. "Non mi piacciono gli addii. Sono sempre troppo lunghi."
E ricorderò a me stessa che la grande vita d'amore, in fondo, non ha nulla a che fare col possesso e col desiderio "sii mia". E che queste cose appartengono alla sfera del risparmio, dell'appropriazione, della voracità. Mentre noi vivevamo in una relazione più forte, fondata su abbondanze da espandere e non su mancanze da colmare.
E piangerò di incredulità per la mia capacità e sfrontatezza di aderire completamente a qualcosa, qualcuno; del nostro coraggio di lasciare attecchiere radici profonde, di una certa ostinazione indomita nel crederci comunque. Viene da sé. Senza fatica. Senza uno scopo. L'amore viene da sé. Conquista la forma lentamente.
E torneremo sempre a guardarci da vicino, in quella fresca e umida sensazione dell'amore appena alzato.