Stella morta
Sette secoli fa, un teologo di nome Guglielmo sosteneva che Dio può mantenere visibile nel cielo una stella in realtà già distrutta. Nel Novecento questa teoria sarà confermata dalla scoperta delle stelle morte: astri di cui si percepisce ancora la luce anche se il loro corpo si è spento da anni.
Nel 1323 l’Università di Oxford denunciava Guglielmo in quanto eretico, e il Papa convocava l’accusato ad Avignone per un colloquio privato prima del processo:
‐ La tua tesi è pericolosa – dice il Papa mostrandogli il palmo di una mano destra con le dita soffocate da anelli d’oro.
‐ Perché?
‐ Tu sostieni in pratica che Dio ci inganna.
‐ Parlerei piuttosto di illusione, – risponde Guglielmo che per la prima volta alza gli occhi verso il Pontifex: le sopracciglia sono folte, nere come la sua tunica – del resto durante l’eucaristia Dio nasconde il corpo di Cristo dietro l’apparenza del pane.
‐ Ma allora distinguere il vero dal falso è impossibile: tu stesso potresti essere un’allucinazione.
‐ Per quello esiste la Fede.
Sette secoli dopo nemmeno io so dire se la vita sia qualcosa di concreto oppure niente altro che un sogno, però al momento mi godo la mia Fede‐rica cullandomi nell’illusione divina che tra me e lei ci sia amore, e non importa se un giorno dovrò imitare Guglielmo e fuggire da Avignone per evitare un processo davanti alla curia, la mia non di preti ma di amici:
‐ Dov’è la Fede?
‐ Non lo so.
‐ L’hai persa?
‐ Sì.
L’unica cosa a contare è il presente e il nostro amore lassù, che brilla nel cielo, e pazienza se alla fine mi accorgerò che si trattava di una stella morta.