Storie di strada&rose tatuate
‐ Il ponte Morandi (il ponte dell'infamia) ‐ La vicenda "ponte Morandi" è una rosa tatuata: le chiamo così, parafrasando un vecchio film di Daniel Mann del 1955 il quale diede l'Oscar come miglior attrice alla grandissima Anna Magnani, perché stanno a simboleggiare qualcosa di bello (la rosa) al contrario; quel qualcosa che resta per sempre in quanto tatuato, appunto. E' un simbolismo al contrario, il mio, almeno per ciò che concerne la rosa, ma mi sovviene Luigi Pirandello: non è pur vero che il Premio Nobel siciliano intitolò un suo notissimo dramma "L'uomo dal fiore in bocca"? Ebbene, non molti sanno, però, che quel fiore non era un fiore, come da tutti inteso, ma un cancro che uno dei protagonisti si portava dentro, in bocca, appunto. Probabilmente anche lui volle usare un simbolo di bellezza come il fiore per indicare qualcosa che ricordi la malattia e la morte: del resto, i fiori non sono immortali come ogni organismo vivente e simboleggiano, se mai, una bellezza che non dura in eterno (come può essere quella di un quadro o di una statua, ad esempio), una bellezza umana. La vicenda del ponte di Genova è una rosa tatuata perché deve restare impressa per sempre nella testa di ognuno (per lo meno dovrebbe!), tatuata negli occhi e nella testa. Essa è da annoverarsi, insieme a molte altre, nella storia recente italiana (per recente intendo il lasso di tempo successivo alla fine del secondo conflitto mondiale che gli storici sono avvezzi ad indicare come "dopoguerra"), tra quelle le quali restano cariche di mistero, dissennatezza e ‐ soprattutto ‐ di infamia (quella brutta, però: ovvero, senza lode!), e la vicenda che lo (la) riguarda non è una storia di strada (o per lo meno non lo è di quelle comuni, ordinarie): è una storia di ponti, appunto; anzi, lo è di ponti crollati all'improvviso (e senza preavviso alcuno!). Non è che le strade non crollino (se mai meglio sarebbe usare il verbo "sprofondare" nel loro caso, se e quando lo fanno), tutt'altro, ma è da evidenziare un fatto non del tutto marginale, a mio parere modestissimo: quando (e se) un ponte crolla il rumor...lo strascico lasciato dietro di sé (se non altro per le diverse proporzioni esistenti tra l'uno e le altre e, in linea di massima, considerate le dovute e debite eccezioni) è probabilmente di ben altra caratura in termini di vittime, distruzione e morte (morti). Nella fattispecie del ponte Morandi i numeri sancirono (decretarono) "quarantatre" ed è comunemente risaputo quanto la matematica non sia per nulla una opinione bensì una materia esatta (mai, però, confonderla con sinonimi quali aridità o piattezza: infatti, tanto Alan Turing, considerato padre della moderna informatica, quanto Bertrand Russell, insigne matematico e letterato eccelso che fu insignito del Nobel per la letteratura, entrambi inglesi, furono anche illustri filosofi e soggetti dalla mente apertissima!). Gli amanti della cabala, della smorfia napoletana e del lotto, invece, sostennero (magari in maniera un pochino goliardi...macabra) che il numero 43 avesse sbancato la ruota di Genova. Mi domando: i morti parlano? La risposta che io stesso ravviso alla domanda è sì: essi (metaforicamente) parlano sempre anche nel tombale silenzio che avvolge la morte, il quale è freddo, impietoso, cinico ma lucido. I morti parlano sempre, lo fanno anche quando tentano di imbavagliarli a ogni angolo di mondo, su ogni percorso di vita e su ogni strada, appunto. Anche loro, a modo (o di testa) loro, fanno parte integrante della strada: sono storie di strada, quindi. Il 21 luglio 2021 Fabio Palli, su fivedabliu.it ha scritto: "Anche il prossimo 14 agosto ricorderemo il crollo del ponte Morandi e il suo carico di vittime. Quarantatre persone immolate sull'altare del profitto a tutti i costi. E' questo il sistema in cui viviamo e riconfermiamo a ogni tornata elettorale. Perché alla fine, e non storcete il naso, tutto fa commercio. Dal 2018 i giornali scrivono, i politici spostano transenne, le tivù fanno dirette, le aziende importanti lavorano. Si inaugura, si apre, si chiude, si fanno cose e si vedono persone. La politica romana non ha fatto mancare la sua presenza e le sue promesse. Il tutto ammantato da una patina di eroismo ruffiano dove ognuno ostenta le sue ore dedicate alle vittime, il girato, le interviste, la tempestività. Tempestività che non è la stessa nei processi. Eppure all'orizzonte c'é una riforma della giustizia che parrebbe non tener conto delle ataviche lentezze della sua burocrazia. Migliaia di uffici di cui non si ha la piena contezza dell'operato, tonnellate di carta che vanno e vengono in barba alla tecnologia. Vai in tribunale e persino gli ascensori sono lenti. E viene da pensare male, perché, ad oggi, a fronte di un fatto evidente, assodato con intercettazioni, nessuno scommeterebbe su condanne esemplari. Poi ci sono gli affari, che se ne fregano dei 43 morti e delle ore vostre passate in coda in autostrada o in città.Perché il "sistema" prevede il business prima di tutto e il resto finisce sotto al tappeto. Oggi Autostrade tiene in ostaggio la Liguria come ha tenuto in ostaggio Genova. Avremo da soffrire per molti anni. Ma come succede in borsa, se qualcuno soffre qualcun altro guadagna. I danni provocati dalla negligenza e dai comportamenti dolosi dei vertici di Autostrade sono incalcolabili...sono aziende dai bilanci stellari, aziende che hanno fatturati difficili anche da pensare. Forse la risposta è tutta li."