Tecniche di guerriglia nel diario di bordo per un campo di battaglia
Ho voglia di distrarmi compiutamente. Annoto come sempre gli impegni di giornata. Il lavoro mi obbliga a svolgere un ruolo di maschera sul parterre della sala Borsellino. Tutti gli uffici interni della provincia sono pronti. Allineati. I vivisezionati chiamati dai propri dirigenti a partecipare sembrano spaventapasseri più che belle statuine. In fila. Distinti. Superbi possessori, dotati di cartellino plastificato. Matricole orgogliosi ogni mattina di “strisciare”. Pettinati, lucidati a pennello, si sentono premurosi di compiacere ai propri superiori con stupide presenze di giornata. E’ venuto il momento di somministrare anche per loro il software pagato profumatamente e messo a disposizione gratuitamente dalla Regione Calabria. Prima i comuni ora gli enti terzi. Che bello! Sapere che forse un giorno, nel lontano 2150, tutti insieme, compiutamente, appassionatamente, saremo in grado di gestire i procedimenti amministrativi delle attività produttive sotto un’unica divisa. Sotto un’ unica “lente” ottica. Sotto un unico “ombrello” informatico. Sotto un’unica “piattaforma” digitale quale base di lancio di questa piccola regione sospesa tra l’Iliade e l’Odissea. Campata in aria. Immersa nelle viscere di questa lurida terra. Zeppa di muffa. Truffa. Parassitismo ed evasione fiscale.
Non c’è da essere soddisfatti, i livelli di guardia sono travalicati. I tempi corrono e ci indicano un lavoro che non c’è più. Non esiste più. La guerriglia annota come sempre gli indici di riferimento economici di giornata. E’ un logorio senza fine. Compresi i tre milioni di sfiduciati salgono a sei milioni gli inattivi. E circa duecento milioni di disoccupati in tutto il mondo. Europa Unita. E uniti contemporaneamente senza lavoro a Madrid come a Roma così ad Atene. La BCE scopre la disoccupazione e dà consigli per aumentarla. Riduzione dei disavanzi pubblici e riforme strutturali. Congelamento dei salari. Arretramento dei consumi. La fame va curata in pratica riducendo il cibo. Il bollettino n° 72 della Banca D’Italia è inequivocabile. Crolla di tutto e anche l’export arranca. Ultimo baluardo di difesa per lo stato di salute del Paese ‐ Italia. Manca poco agli ultimi dettagli. Siamo ai titoli di coda. Dopo l’eutanasia non resta che l’estrema unzione. E mentre nei salotti di Montecitorio si scambiano le figurine per un’immaginetta da regalare al Quirinale, il D.E.F è quasi pronto. In arrivo da Bruxelles con posta prioritaria. Sulla parte delle entrate il solito libro dei sogni. Sulla parte delle uscite più sangue che lacrime. Il paese si avvia ad arrivare alla fatidica data del 2015, quando entreranno a regime le regole del Fiscal Compact, più che a stento già da morto. Bisogna darsi una alternativa diversa. Migliore. Una alternativa di lotta rispetto all’annuncio di una sconfitta perenne. Che a volte diventa una morte accertata. Tutto procede secondo copione. Il funerale del capitalismo come costume vuole lo paga la povera gente, il popolo.. Questo lungo processo di “rinascita” e restaurazione complessiva dell’economia capitalistica iniziato da 5 anni lascerà per strada morti e feriti, tanti, come in guerra. E’ la regola principale e universale di monsignor capitale: quando c’è crisi c’è sovrapproduzione. Bisogna mandare al macero gli eccessi di capitale. Fabbriche, macchinari e persone. La morte perde ad un tratto il suo carattere di fatalità per diventare un fattore di razionalizzazione di costi. Bisogna razionalizzare, distruggere a limite pianificare in un ottica di bombardamento. Chimico o politico ed economico tanto non fa differenza. Ponti, strade, ferrovie, ospedali, scuole, la loro distruzione non è più una questione di effetti collaterali ma di rinascita e convergenza. Ma perché distruggere capitale in eccesso così con il rischio atomico anche per le classi dominanti quando la guerra di distruzione dei settori e dei servizi dello stato sociale è entrata in tutte le case con le politiche di austerità imposti dalla Troika? Il sangue c’è ma non si vede. Si possano comprare i giornali o accendere i televisori e tutto sembra procedere a meraviglia senza vedere segnali di fumo nero all’orizzonte. I morti e i feriti ci sono lo stesso, ma non si vedono. Un modo “dolce” e chirurgico per eliminare tutto ciò che è sovraproduttivo ed in eccesso.
Non ci sarebbe altro da aggiungere se solo ci fosse stato in quest’anni qualcuno che avesse vissuto l’urgenza di recuperare tutta una memoria storica, prima calpestata poi volutamente perduta, sul disfacimento del sistema Italia che ha la sua origine storica nello smantellamento del patrimonio pubblico, deciso una sera di 20 anni fa da un branco di idioti e criminali a piede libero, sospesi su un panfilo a mare…Un branco di matti che ha guidato e continua a guidare il paese come un treno diretto al precipizio. Ed ora ci obbligano ad attraversare un deserto senza borraccia. E’ da lì che dobbiamo iniziare a certificare la realtà di oggi dove, per sollevare questa spirale negativa, recessiva e deflattiva, si continua ad iniettare veleno tossico, liquido contaminato, nei circuiti bancari e finanziari, contagiando sistemi e apparati di tutto il mondo. Asset inflation da casinò‐economy. Anche i beni di rifugio per eccellenza sembrano svampiti, snaturati. Vengono scambiati al mercato nero come fossero papavero, pepe nero o tabacco. Mentre i bollettini di guerra emessi dalle stazioni di servizio sono lì a descrivere una realtà diversa dalle stupide euforie di borsa e ubriacature senza alcol per il decimo mese di rialzo. Dove si continua a badare solo agli acquisti diretti in Borsa di azioni e fondi immobiliari e ad iniettare massicce dosi di quantitative easing per la gioia dei vampirismi finanziari.. Impietosi però come sempre i bollettini non fanno una piega a descrivere una realtà produttiva ed economica che accompagna coi numeri questo Paese indietro di 30 anni. Differenza unica e sostanziale sta nel fatto di non essere più governati da uno Stato e da una moneta sovrana…I debiti di guerra verranno pagati a costi umani. E con una moneta non più nostra, detenuta da altri. Un ricettario infame di sacrifici sociali oltre che idiota dal punto di vista economico ci obbligherà a fare due conti con l’acqua e col pane. In una spirale senza fine che vedrà chi lavora guadagnare sempre di meno, chi consuma spendere sempre di meno, chi produce vendere sempre di meno. E chi starà fuori da questo circuito deprimente gli saranno dati i gradi di potenziale delinquente..
Chi scrive oggi denunciando fatti e autori, passati e presenti, rendendo visibile ciò che non sarà possibile altrove, nei testi scolastici o nelle testate giornalistiche, portando alla luce frammenti di discorsi storici, economici, filosofici oltre che politici su gravi responsabilità, comincerà a contribuire a dare egemonia di pensiero a un sapere storico di lotta popolare ridotto oramai a lumicino.
Siamo all’inverosimile vivente in un piano inclinato. Mentre i superbi dipendenti pubblici compilano il test d’ingresso al corso di giornata, annotiamo nel nostro diario di bordo una sparatoria avvenuta in pieno giorno, con un sole accecante, sul piazzale del tribunale di Crotone. Come sempre pronti e vigili sul campo di battaglia distinguiamo le realtà che ci circondano. E che inesorabilmente ci sovrastano. Euforie di borse, accordi commerciali e scambi in yuan tra giganti asiatici, pignoramenti per conti terzi sanciti dal decreto “salva” Italia, suicidi per effetti economici collaterali, e piccoli tentativi di omicidi tra semplici canaglie locali. Ci immergiamo come sempre. E affannosamente tratteniamo il vomito più che il respiro. Siamo vittime predestinate di questa realtà che ci appartiene. E siamo anelli di una catena burocratica di montaggio. Deteniamo il dono dell’ubiquità. Combattiamo contemporaneamente tre guerre locali. Distanti ma non diverse l’uni dalle altre. L’oggetto del contendere è sempre lo stesso. Il lancio in orbita regionale della piattaforma informatica. Le nostre forze di liberazione dispiegate sul campo di battaglia sono piuttosto esigue, ma agguerriti come sempre. Una guerriglia senza fine. Senza patria né bandiera. Che non demorde mai. E quando può colpisce senza preavviso, all’improvviso. Lasciando il segno. Il campo di battaglia oggi è dispiegato su tre tavoli. La base operativa delle forze di liberazione burocratiche è nella sede dove opera di stanzia il responsabile di servizio nominato con l’alto grado di sub‐comandante. Tutte le informazioni passano da lì. Le radio trasmittenti comunicano continuamente l’andamento di giornata. Le notizie si susseguono e si confondono. Si sentono i rumori dei cecchini appostati di fianco che organizzano luride imboscate. Si annotano i morti viventi con le loro fido valigette griffate che si confondono tra i reperti del parco archeologico di Scolacium. A ben scrutarli son tutti uguali. Portano in giro il marchio bubbonico della Regione Calabria. Dritti, e tutti d’un pezzo. Sembrano statue di marmo pietrificate. Hanno quattro fogli carichi di nullità da far firmare ai Sovraintendenti della Regione Calabria. Protocolli zeppi di forfora portati a zonzo per le statali. Le notizie si muovono ad una velocità disarmante. Nel quartiere generale la dose di morfina ai dipendenti degli uffici provinciali prescelti dai dirigenti è stata appena iniettata. Tutto procede secondo copione. Nel tavolo regionale le ballerine e le soubrette sono in attesa per il ritorno dei pedoni. Gli avvoltoi e le serpe si incontrano, si mescolano, si sciolgono fino a fondersi. Diventano tutt’uno. Liquidi, di testa. Acidi muriatici.
Le imboscate sono minuziosamente pianificate. Calcolate. Vengono più volte attenzionate e trasmesse via radio. Il tragitto è pieno di insidie. I tentacoli del consulente regionale camuffato in autista sognano l’apripista. Niente da fare la base operativa ha ricevuto la notizia che il tentativo è andato a vuoto. Fallito. Il nemico non demorde. Si defila. Abbandona la vittima ferita sulla strada. Lasciata lì a leccarsi le ferite per una giornata che sa di nulla. Persa. Dispersa in quel labirinto burocratico dove tutti vanno all’affannosa ricerca dell’albero della “cuccagna”. Cinque ore d’attesa prima di portare a termine la lunga battaglia. Ora è lì, in un piccolo bar a Santa Maria di Catanzaro. Di fronte Palazzo “Europa”. Nella “topaia” operativa del dipartimento attività produttive della Regione Calabria. C’è un dispiegamento di forze che non ha precedenti. Assessori, Consiglieri e dirigenti popolano quei grigi e scarni uffici del Dipartimento. Riunione dei PISL e dei SUAP a tutta forza. Contemporaneamente. Appassionatamente. Si entra e si esce da un ufficio ad altro. S’incontrano le stesse persone. Sembrano formiche a caccia di briciole di pane. E noi non ci scomponiamo. Non indietreggiamo di un sol millimetro. Ognuno conduce dal suo posto la propria battaglia. Siamo operativi come sempre. Agli ordini di un lavoro dequalificante. Disponiamo di semplici armi che man mano creiamo e mettiamo sul campo. Teniamo la radio ad alto volume. Le penne affilate. Riempiamo i campi con le nostre onde d’urto magnetiche. Popoliamo i documenti del diario di bordo da tramandare. Documenti che diventano monumenti per le future generazioni. C’è da sconfiggere un cancro parassitario che inghiotte denaro pubblico da più di 40 anni. Le comunicazioni via radio si fanno sempre più frequenti. Restiamo sempre uniti, allerta e attenti a non cedere passo. Le strategie le decidiamo insieme in seduta stante. Delle imboscate ce ne sbarazziamo subito. Li spolveriamo come fossero macchie di polvere sul vestito. Dispiegati su tre tavoli diversi lottiamo contro i nemici. Sempre più cinici. Freddi. Calcolatori e ragionatori dei loro sporchi interessi. Utilizzatori di soldi pubblici per tentativi di vincite a lotto o magari per pagarsi i festini a luci rosse. E intanto i protocolli svolazzano, vanno in giro a cercare gloria. Meta. Staffetta. Una firma di qua, una conquista di là. E finalmente stanchi ed esausti per il tempo sprecato gli accompagnatori provinciali dei quattro fogli ciclostilati ritornano fieri verso il loro triste tramonto. Hanno anche oggi realizzato il loro misero guadagno. Hanno evaso il loro piccolo compitino di giornata.. Il sistema è quasi pronto. E’ in rampa di lancio. Calabria‐Suap può partire. Non si sa come e dove arriverà. Però la spesa va avanti. Gli sprechi sono visibili e i vertici amministrativi regionali che delegano per i rendiconti se ne compiacciono. I funzionari e i dirigenti provinciali sono stati divinamente ammaestrati. Tutti parlano lo stesso linguaggio. Tutti seguono le stesse indicazioni. Chi esce fuori binario viene strapazzato con pubblica gogna. Tutti hanno il proprio protocollo zeppo di firme. Tutti vanno alla ricerca di enti da inserire in questa rete metallica. Non c’è ente del territorio che non sia stato compreso. Catturato. Ammanettato. Enti inutili che ufficialmente vengono svegliati dopo anni di puro riposo. Di lungo letargo. Amministratori di enti fasulli e parassitari che, abili come caimani, mandano in giro per la regione i propri uomini ingioiellati, incravattati, ingessati, per firmare, siglare e riempirsi, di inconsistenza.. Scambiano il protocollo Suap come se fosse un foglio di viaggio e di presenza. Partecipano a questo giostra burocratica portando per mano palloncini pieni d’aria e mangiando zucchero filato. La dignità non ha valore. Non ha prezzo. Non è quotata in borsa. Altrimenti sarebbe perennemente “orso”. A ribasso. Calpestata continuamente. Barattata per un tozzo di niente. Noi ci difendiamo. Resistiamo. E quando possiamo vomitiamo. C’è poco da conquistare, ma molto da difendere. L’immagine. L’ integrità.. L’incolumità. Fisica, etica e morale. Che è sempre a rischio. Non c’è tempo per riflettere, il Paese sta crollando, siamo nella fase dell’estremo unzione, e noi veniamo trascinati quotidianamente in lavori dequalificanti. Mentalmente usuranti. Conserviamo solo il tempo per leggere i bollettini di guerra e gli indici di riferimento economici di giornata. Nel tempo a nostra disposizione che a morsi conquistiamo, lo dedichiamo a produrre documenti. A riempire di contenuti i diari di bordo. E regalare alla generazioni future tecniche di guerriglia per il perdurare di una lotta di classe….