Teresa...Bum!
“Teresa… bum, Teresa… bum chi l’avrebbe mai creduto che tu avessi avuto…valzer: tanti peli nel buco del cul za za za, za za, za!”
La non proprio fine canzonetta era stata proposta da un gruppo di studenti non eccessivamente affezionati alla loro professoressa di matematica a Jesi ,ridente cittadina in provincia di Ancona (non si capisce perché ridente) una sera di agosto sotto le finestre di un villino dove la predetta alloggiava in via dei Colli 23.
Perché tanto astio nei confronti di una docente decisamente poco attraente? (pelle giallastra, occhi bovini, bocca con denti che non vedevano un dentista da vario tempo, orecchi a sveltola che venivano accentuati dalla non salutare abitudine dell’interessata di andare in giro con i capelli alzati insomma…)
È presto detto: la signora Teresa, ammogliata senza figli (un bene per gli eventuali pargoli) riusciva ad essere totalmente antipatica per il suo modo sgarbato di trattare gli studenti (specialmente i maschietti, che fosse lesbica?), a nulla erano valse le proteste dei genitori degli alunni presso il preside e così Giovanni si era premurato di scrivere parole e musica della canzoncina.
La cosiddetta banda era formata da una decina di ‘cape toste’ studenti del locale liceo classico :
Gianni e Gennaro, cugini, figli di industriali di macchine agricole,
Alberto figlio di un funzionario di banca,
Giovanni studente, genitori separati padre un ufficiale dell’Esercito ,
Mario detto alcolino per la sua abitudine indulgere con i liquori, commerciante di prodotti ferrosi,
Marco figlio di un avvocato,
Yvonne studentessa domiciliata in una pensione a Jesi, genitori a Cupramontana produttori del famoso vino Verdicchio di Castelli di Jesi,
Adriana figlia della titolare di un negozio di macchine da cucire,
Luciano figlio di proprietari terrieri in provincia di Macerata (alloggiava dalla zia Maria),
Marisa figlia di un impiegato di Arcevia (dov’è Arcevia non lo so, andate a cercarvela!) abitava da sola in una camera in affitto,
Augusto figlio di un commerciante di frigoriferi,
insomma una bella banda che, in occasione della serenata, cantavano tutti in falsetto per non far riconoscere le loro voci.
Compiuto il misfatto, dopo che nelle finestre dei caseggiati vicini al villino cominciavano ad accendersi le luci, gli undici, gambe in spalla,sparirono dalla circolazione per andare a passeggiare col viso di innocentini sul corso di Jesi a quell’ora quasi deserto; solo il piccolo bar di Fiamma era ancora aperto per dare ospitalità ad eventuali nottambuli.
“Fiamma rinfrescaci!” la frase di Alberto aveva provocato l’ilarità dei compagni e la reazione della titolare del bar: “Prendo un secchio d’acqua e vi ammollo tutti!”
I ragazzi erano degli aficionados del bar e trattavano Fiamma come una madre (lei vedova e suo figlio morto in un incidente stradale).
Dopo qualche sbadiglio di troppo, la banda decise di ritirarsi nelle rispettive dimore con l’eccezione di Marco e Yvonne che si recarono nello studio di avvocato del padre di lui dove li aspettava un comodo divano, Gianni con Adriana sotto braccio si diressero nella seconda casa dei genitori in via delle Mura Orientali, Alberto e Marisa nella camera in affitto di quest’ultima e gli altri… un po’ invidiosi a bocca asciutta!
Prendendo spunto dal film ‘Amici miei, la banda un giorno decise di andare a caccia di lepri e di conigli lungo le stradine di campagna che da Staffollo portavano a Cingoli a bordo delle auto: l’Aprilia di Gennaro, la Fiat 1100 di Gianni e l’Alfa Romeo di Luciano. Come organizzarsi visto che nessuno aveva la patente di caccia? Presto fatto: di notte con i fari delle auto e con fari portatili abbagliavano i poveri animali che restavano inchiodati in mezzo alla strada e poi…il giorno dopo finivano nel capiente forno della cucina di Gianni dove la gentile genitrice, unitamente alla cameriera, avrebbe provveduto a cucinarli alla cacciatora con contorno di patate e innaffiati dal vino Rosso Conero.
Altro modo di passare il tempo: Alberto, appassionato di fotografia, avrebbe provveduto a deliziare i compagni con un filmino aventi per attori lui stesso e la dolce Marisa: mora, occhi verdi, seno prosperoso, lunghi capelli neri e priva di vestiti in una parte vitale del corpo… avete capito, si proprio lì.
Alberto aveva dovuto superare la giusta riluttanza della dolce compagna convinta a farsi vedere come attrice coprotagonista dopo lunghe insistenze da parte di Adriana e da Yvonne, curiose come scimmie.
Inizio: baci appassionati e veloce spogliarello da parte dei due, arrapamento del maschietto che aveva sfoderato un bell’augello (in fondo non ce l’hai così grosso invidioso commento da parte degli altri maschietti), classico sessantanove, immisio penis, lunga balaièe, immisio secondo canale (hai capito stì porcelloni!) e giochi artificiali finali.
Un po’ di imbarazzo da parte di tutti e poi un applauso: bravi, bravi…
Alberto: “Ragazzi io sono disponibile a fare da operatore a Gianni con Adriana ed a Marco con Yvonne che ne dite?”
Nel frattempo i non 'accoppiati' Gennaro, Giovanni, Mario, Luciano ed Augusto, divenuti maggiorenni, cominciarono a frequentare il 'Villino Azzuro' un caseggiato vicino al cimitero dove prestavano la loro 'opera' delle signorine inquadrate da non più giovane Lalla la 'maitress' che aveva preso a benvolere i cinque giovani (ci marciava) non facendo loro pagare le 20 lire d'ingresso e facendo degli sconti anche sulle 'marchette' ((gettoni di plastica che alla fine della giornata di 'lavoro' le signorine scambiavano in moneta sonante.)
Ma qualcosa era cambiato nella testa di Giovanni che, mamma deceduta e padre che aveva perso la patria potestà, viveva con un nonno ex fattore che non aveva molta disponibilità finanziaria. Conclusione: Giovanni aveva smesso di frequentare la solita compagnia ed aveva preso amicizia con un ricco omosessuale che lo ricopriva di regali: un mini appartamento ben arredato, vestiti eleganti, un orologio d'oro e una Fiat 500, insomma un ménage da gran signore ma quando incontrava gli ormai ex amici cambiava strada, si vergognava profondamente del suo operato sinchè un giorno la tragedia: suo nonno appassionato di armi, aveva una collezione di pistole e con una di esse Giovanni si suicidò, non era riuscito ad accettare la sua nuova posizione lui nato etero.
Al funerale in prima fila il suo 'compagno' in lacrime, poi i parenti venuti da lontano ed in fondo i compagni profondamente scossi.
Questo avvenimento cambiò completamente la vita degli amici: il piccolo bar dove si riunivano, era chiuso per il decesso di Fiamma; i dieci si misero a studiare seriamente per diplomarsi e poi iscriversi all'università perdendosi di vista, solo raramente si sentivano, qualcosa dentro di loro si era rotto, non riuscivano a dimenticare il caro amico Giovanni, un ricordo tragico che segnò profondamente la loro vita.