Tira piú...
“Tarricugghisti viecchju femminaru” con questa esclamazione Calogero Quattrone aveva dato il benvenuto a Roma all’aeroporto della capitale all’amico marchese Luciano Biancavilla di ritorno da un viaggio intorno al mondo. I due erano stati compagni di scuola sino al diploma di liceo classico a Roma poi le loro strade si erano divise, Calogero (Lillo per gli amici) aveva conseguito il titolo di dottore e la specializzazione in psicologia, Luciano era diventato un ricco signore in seguito alla morte del padre maggiore dell’Esercito. Durante una esercitazione di tiro al bersaglio uno sprovveduto soldato aveva diretto la sua arma non verso la sagoma di un bersaglio ma sulla figura del suo comandante di battaglione che era stramazzato a terra colpito al cuore. Luciano per il triste evento non se l’era presa più di tanto anzi dentro di sé…Suo padre, vedovo da tempo gli aveva impartito un’educazione spartana: la mattina sveglia presto, non concessione della paghetta settimanale in caso di cattivi voti a scuola, vestiario non alla moda, considerava lo stile dei giovani coetanei del figlio stravaganti e di cattivo gusto in tutte le loro manifestazioni, era quello di: ‘ai miei tempi…’ Aveva però un pregio il maggiore Biancavilla era molto ricco di famiglia, il figlio dopo il funerale durante il quale il colonnello comandate aveva tessuto le lodi del defunto (peraltro non amato dai suoi dipendenti per il modo in cui interpretava il regolamento di disciplina). Luciano con cravatta nera e fascia dello stesso colore al braccio aveva subito dopo la cerimonia della messa nella cappella del reggimento gli abbracci e le ritrite frasi di condoglianza dei presenti, con la vecchia Fiat 600 del padre, (un catorcio che il genitore per spilorceria non aveva voluto cambiare) rientrò nella ormai sua villa ai Parioli a Roma. La frase ‘piove sul bagnato’ si adattava alla situazione del marchese cui capitò un altro avvenimento a suo favore: la zia materna Lucia, appassionata cavallerizza una settimana dopo passò a miglior vita per l’imbizzarrimento della cavalla Lola con conseguente caduta e morte per l’impatto del capo sul selciato, la dama, zitella, non aveva pensato che la sua cavalla preferita era in calore ed avrebbe piuttosto desiderato la ‘compagnia’ di uno stallone! Luciano vide raddoppiato il suo patrimonio finanziario, era il nipote preferito. All’arrivo a Fiumicino aveva presentato a Lillo una mora da sballo: “Caro, questa è Carmen da Silva, brasiliana, è appassionata di arte, vuol conoscere i monumenti antichi di Roma.” Recuperati i bagagli dal nastro trasportatore i tre si erano diretti all’uscita dove ad attenderli c’era John Delber maggiordomo gallese della famiglia Biancavilla il quale, toltosi il berretto aprì le portiere di un taxi per farli entrare in una Volvo familiare, all’orecchio dell’amico Lillo un avvertimento: “Carmen parla italiano.” Nel giardino della villa furono accolti dalla servitù: Maddalena cuoca, Rossana cameriera e Adolfo giardiniere. Alla fine della cena Maddalena ricevette i complimenti dei commensali, tutta cucina romana con vino ‘Castello Torre in Pietra’ una bevanda da intenditori. Calogero alla fine della cena diede la buonanotte a tutti: “A domani, se ve la sentirete andremo tutti al mare.” Sotto quell’invito da parte di Lillo c’era il desiderio di vedere in bikini Carmen, chissà se l’amico Luciano avrebbe voluto dividere con lui le ‘grazie’ della brasiliana… Calogero non aveva ben riposato la notte, la visione della ‘ficona’ l’aveva accompagnato nei suoi sogni o meglio nei suoi desideri, fu lui che diede la sveglia ai residenti della villa i quali ‘ab torto collo’ aprirono gli occhi, si lavarono alla meno peggio e, dopo colazione si ‘imbarcarono’ sulla Volvo V 90 che in tutta fretta John Delber aveva ritirato al vicino concessionario dell’auto. Alla guida Luciano con vicino Carmen che aveva gli occhi semichiusi anche per la differenza di fuso orario tra Rio de Janeiro e Roma. Parcheggio dinanzi al ‘Cristal’ lussuoso stabilimento balneare, un addetto dall’occhio lungo aveva dato ai tre ospiti una delle migliori cabine, fu ben ricompensato da Luciano. Carmen uscì dalla cabina con lo stile di una modella, sotto un mini bikini che copriva a malapena le pubenda: un seno rigoglioso, una vita stretta e soprattutto un popò alla brasiliana. Dopo un breve soggiorno sotto l’ombrellone i tre in acqua, Luciano mise in atto il vecchio scherzo tra studenti che era quello di togliere il costume da bagno ad un amico, Calogero il prescelto da Luciano mostrò una pene al massimo dell’altezza e grossezza, Carmen scoppiò in una fragorosa risata e si mise ad applaudire, non Luciano che non si aspettava quella reazione di Calogero. Da quel momento qualcosa cambiò fra i rapporti dei due amici, Luciano si sentiva superiore a Calogero in virtù soprattutto del suo patrimonio, una prosopopea, pensò a una vendetta particolare, Carmen era un trans e tramite lei…”Cara il mio amico vuol farti visitare Roma di notte, se ti va ti accompagno a casa sua.” Carmen accettò di buon grado, Lillo era più simpatico e dalla battuta facile in romanesco, non subodorò un inganno in quella offerta. I due dopo una fermata al Colosseo si sedettero ad un bar vicino a piazza di Spagna, le luci di una Roma notturna avevano reso allegra Carmen: “Che ne dici caro di andare a casa tua?” Lillo non aspettava altro, svegliò il portiere che dinanzi al dottore non accennò ad una protesta per l’orario, erano le tre, in casa: “Caro siamo sudati vedo che hai un bel bagno, ci facciamo la doccia?” Alla vista del pene di Carmen Lillo rimase imbambolato, quel figlio di…”Caro se non vuoi non usiamo meu pau, accetterò quello che piace a te.” Dopo un primo attimo di sbalordimento, Calogero pensò bene di approfittare di quell’occasione sessuale particolare, Carmen era molto attiva sessualmente, prese a baciare in bocca Lillo per giungere sino ai piedi, un pompino alla grande e poi entrata trionfale nel popò molto ricettivo, sfiniti si baciarono di nuovo e presero a dormire. La mattina dopo era domenica, Lillo accompagnò Carmen alla villa di Luciano ma non entrò, pensava ad un futuro lontano da Roma e soprattutto dal suo ormai ex amico Luciano ed alla sua prosopopea che aveva scoperto da poco. Avvenimenti inaspettati: il portiere gli consegnò una lettera scritta con mano tremolante, ci poteva essere il mittente? La zia Lucia residente a Roccappesa un paesino in quel di Enna, era stata per anni la maestra del paese ben voluta da tutti anche per le sue opere di beneficienza in favore dei poveri, la ricordava benissimo. Nella missiva gli chiedeva se lui poteva trasferirsi al suo paese in sostituzione del medico condotto che era in procinto di andare in pensione. “Se vuoi telefonami a questo numero.” Occasione presa subito in considerazione, Lillo non era quello delle decisioni importanti senza riflettere a lungo ma in questo caso si convinse che era per lui importante dare un taglio ai vecchi amici ed a Roma. Sfogliando le pagine gialle dell’elenco telefonico trovò l’agenzia ‘Domus’ che esercitava la vendita e l’acquisto di beni immobili. Il lunedì mattina i pazienti del dottor Quattrone trovarono sulla porta d’ingresso dell’ambulatorio la scritta: “Da oggi mi trasferisco fuori Roma, trovatevi un altro medico.” Alle nove Lillo posteggiò la sua nuova Jaguar dinanzi al portone della ditta del dottor Alfredo Cipriani come da scritta su un cartello il cui dipendente stava aprendo la porta. “Sta arrivando il principale.” “Sono a sua disposizione che posso fare per lei?” Dopo la presentazione Calogero riferì al titolare della azienda il suo desiderio di cambiare città di residenza e di voler vendere la sua abitazione in via Appia Nuova arredata con mobili antichi. Fra il dottor Cipriani e il dottor Quattrone ci fu un’immediata empatia con scambio di email e numero telefonico. Il giorno successivo caricata la Jaguar di tutti gli oggetti personali, computer compreso Lillo di buon mattino iniziò il viaggio non prima di aver inviato l’ultima email al marchese Biancavilla: ‘Good luck to all and goodbye forever.’ Pensò che in lingua inglese la frase facesse più effetto. Dopo l’invio del messaggio Lillo cambiò tutti i dati del telefonino e del computer, un taglio ad ogni vecchio legame. Alle sette di mattino inizio del viaggio di trasferimento; dopo due soste in autogrill ed il traghettamento da Villa San Giovanni a Messina arrivo a Roccappesa a mezzanotte, la zia Lucia era in attesa dietro i vetri, telefonicamente avvisata dal nipote dell’imminente suo arrivo. Calde lacrime da parte della anziana parente. “Zia mi sembri un uccellino non hai chi ti aiuta a casa e ti fa da mangiare?” “Non ti preoccupare ne parleremo domani, per ora dormirai nella stanza degli ospiti poi…” “Zia ho contatti con un’agenzia di Roma, venderanno la mia casa e ne acquisterò una qui.” “Ora vai a letto sarai stanco, un bacione.” Il giorno seguente Lillo era un po’ frastornato, dal caos della capitale al silenzio quasi assoluto di una località di altitudine di circa novecento metri. Catena era la ragazza che aiutava la zia nelle faccende domestiche: vent’enne, alta, bruna, capelli raccolti in una sola treccia, viso da ragazzina, vestita di nero, (da poco le era morta la madre), sempre silenziosa, ascoltava le direttive della zia e le faceva compagnia anche di notte. Il dottor Alfredo Cipriani da Roma dopo dieci giorni si fece vivo: “Dottore siamo stati fortunati, son riuscito a vendere la sua casa ad un prezzo elevato e fortuna su fortuna ho scoperto che a Roccappesa c’è una abitazione di due coniugi emigrati in Germania che è in vendita ovviamente a prezzo molto conveniente, è una ex abitazione contadina più mansarda a due piani, ristrutturata, lei può andare a vederla di persona, si trova in via Roma, con la delega da lei rilasciatami posso effettuare tutte le operazioni bancarie, le resterà un bel mucchietto di soldi per acquistare il mobilio per la casa di Roccappesa, le accrediterò il denaro a lei spettante al suo Iban della Banca Agricola di Enna, buona permanenza.” L’abitazione di via Roma era stata ben ristrutturata tutta rivestita con carta da parati di colore bianco tranne i bagni e la cucina. Calogero, la zia e Catena con la Jaguar si recarono ad Enna, entrarono nel negozio ‘Arredamenti Ennesi’, furono accolti dalla proprietaria un donnone sciabordante e sorridente: “Sono Maria Concetta Marino a vostra disposizione, come potete vedere c’è nel mio negozio uno show room, potrete scegliere fra mobili antichi e moderni, questi ultimi sono arrivati di recente, ultima moda.” Catena da quando era entrata nel negozio era cambiata completamente, sorridente scorrazzava all’interno del negozio, si sedeva sulle poltrone, si era anche sdraiata su un lettone a due piazze poi su uno di una piazza e mezza. “Penso che questo andrebbe bene nella mansarda sotto al tetto spiovente, di bagni ce n’é uno piccolino ma completo, anche l’armadio e la cucinetta non sono male, potrebbe andar bene per una persona.” La zia Lucia non aveva fatto commenti Calogero al contrario si era molto incuriosito per quel monologo di Catena, a cosa voleva mirare, bah! Scelta completa del mobilio, pagamento tramite carta di credito, arrivo delle suppellettili a Roccasecca dopo due giorni, tre operai in giornata le avrebbero sistemate. Catena anche in macchina non aveva perso l’allegria, aveva anche abbracciato la zia, un punto interrogativo sul viso di Calogero che nel frattempo col telefono situato in macchina aveva contattato il pensionando medico condotto, tutto l’arredamento del suo studio il giorno successivo sarebbe stato trasferito al piano terra della villetta di Lillo adibito anche a studio professionale, l’interessato dottor Musumeci avrebbe provveduto lui per il trasferimento. Tutto filava per il verso giusto ma il dubbio di Calogero rimaneva, Catena si era appropriata dell’attico di casa sua forse col consenso della zia Lucia. La sistemazione della villetta era avvenuto in un giorno, la notte Lillo la passò nel letto matrimoniale, una sensazione nuova ma era irrequieto senza conoscerne le cause. Passa un giorno passa l’altro (il prode Anselmo non c’entrava per nulla) lo studio medico cominciò a riempirsi sempre più di pazienti a lui indirizzati dal dottor Quattrone suo ex collega. Il neo medico condotto di giorno in giorno veniva sempre più apprezzato per la sua bravura e per la pazienza che aveva soprattutto con i meno giovani un po’ ‘camurriosi’ causa l’età. Nel frattempo era accaduto un fatto importante nella vita di Calogero, la zia aveva chiesto a Catena di far le pulizie e cucinare in casa del nipote, aveva ingaggiato per casa sua una signora anziana di recente vedova che oltre che sbrigare le faccende domestiche ci dormiva di notte, morale della favola Catena seguiva il dottor Quattrone nel suo studio come segretaria, pernottava la notte nell’attico con la conseguenza ovvia che una sera ‘sbagliò’ camera da letto e si rifugiò nel matrimoniale di Lillo, anche per la lunga astinenza di sesso il dottore non si fece sfuggire l’occasione, pensava che la ragazza fosse vergine ma quando mai, Catena in campo erotico ci sapeva proprio fare! La zia che molto probabilmente aveva previsto e programmato la situazione fece finta di nulla non il padre della ragazza che una mattina alla fine delle visite si presentò nell’ambulatorio. Un omone con tanto di pancia, baffoni, tutto vestito di nero, coppola compresa. Sfoderando un coltello a serramanico: “Cannuci stò liccasapuni, te futtisti ma fija Catena aviti a maritari!” Senza aggiungere altro il cotale era sparito dalla vista di Calogero ma non dal suo cervello, quella non era un sceneggiata ma una minaccia bella e buona! Dopo la chiusura dell’ambulatorio la baby si era rifugiata in casa di zia Lucia cui aveva riferito la minaccia di suo padre a Lillo, la zia corse in casa del nipote, lo abbracciò e: “Catena è una brava ragazza, non farai un cattivo affare, penserò io a sistemare tutte le camurrie della cerominia del matrimonio ed al pagamento dell’arredo della chiesa.” “Zia con la pensione di insegnante…” “Ho fatto ripetizione ai meno preparati a scuola, nulla pretendevo dai poveracci ma ‘spellavo’i padri dei ricconi.” Don Luigi Cannavò nella sua omelia si fermò a lungo sulla santità del matrimonio e la conseguenza della nascita dei figli, aveva incassato molti ‘fiori che non marciscono’ insomma soldi in contanti. La sposa era stata condotta in chiesa dalla zia Lucia, il padre era impossibilitato ad uscire di casa, era…agli arresti domiciliari. Festa nel salone di casa di via Roma, Catena era molto corteggiata dai maschietti presenti, tutti volevano ballare con lei, a mezzanotte Calogero: “Siamo stanchi tutti a casa!” Il novello sposo aveva notato la troppa ‘confidenza che la neo moglie dava un po’ a tutti i maschi, insomma se li pomiciava alla grande, un lato di Catena che non conosceva e che non apprezzava. Uscita dalla doccia Catena profumava di un olezzo naturale: “Caro anche a scuola ad Enna avevo molti amici maschi, amo il sesso, di natura non sono monogama, con questo non voglio dire che non ti amo, sono sincera ma…”Calogero in un attimo comprese quali sarebbe stato il comportamento sessuale della giovan consorte (vent’anni e più meno di lui), istintivamente: “Hai a disposizione la mansarda, niente letto matrimoniale.” Con questa affermazione aveva legalizzato il suo essere un ‘cukold’ per dirla all’inglese.