Tra gente che fu
Ecco come affronto la mia giornata... da guerriero... alzo la mano e saluto la pioggia...e ricordo le parole di Hemingway che mi diceva: ‐Vedi? Io ho paura della pioggia perché, a volte, mi ci vedo dentro morto.‐
Gli sorridevo e gli allungavo un altro bicchiere. Era di una tenerezza infinita quell'uomo così grande e così forte seppure così fragile...e pensavo questo è un vero uomo.
Poi lo lasciai e me ne andai anche io sotto la pioggia...avrei voluto piangere, ma un guerriero non piange sotto il cielo e da quel cielo calò un grande corvo nero. Si posò sulla mia spalla e gracchiò...decifrai che c'era un altro uomo che mi aspettava.
‐ Non puoi piangere? Non abbatterti, ‐ disse Cesare...
‐ ... piangere è cedere al mondo, è riconoscere che si cerca un tornaconto. ‐ Io guardai Cesare Pavese e gli offrii una sigaretta...i suoi occhi erano quelli di un uomo deluso e stanco.
‐ La colpa va alla sogneria. E quel che accade una volta accade sempre ‐ disse aspirando una lunga boccata di sigaretta.
‐ Sono triste ed inutile come un dio mio caro guerriero ‐ e spense la sigaretta aggiungendo: ‐ i suicidi sono omicidi timidi...masochismo invece che sadismo.‐
Gli accarezzai una guancia e lo lasciai lì sotto la pioggia...a bagnarsi a dissolversi.
‐ Prima o poi arriverò da qualche parte, ‐ dissi al corvo, che dentro quel groviglio di piume nere non era altro che una donna incantata.
e lì seduto davanti ad una casa incontrai il poeta.
‐ ciao guerriero. Bevi del vino..ti scalderà e sarai più forte...siediti e lasciai il corvo a scaldarsi col suono delle mie parole:
Non ci sono parole da dire
nessuna parola per farti capire
cosa sento nel profondo del cuore
lontano dai freni
dalla mente e dalla ragione
lasciandomi incapace
di trovare le parole per dire ciò che sento
nel profondo del mio cuore.
Guardami mentre perdo il controllo
pensando di riuscire a resistere
ma con queste forti sensazioni
non sono più padrone delle me emozioni! ‐
citò il poeta...era ubriaco ma sapeva cosa diceva.
gli offrii un sigaro ed ebbi il coraggio di scrivere su un pezzo di carta vecchia e stropicciata una poesia. La voleva per sé...perchè, mi disse, mai nessuno gliene scrisse e dedicò una: ci si chiede sempre cosa si vuole, mai cosa ci manca... ed una lacrima gli rigò le guance ispide
e scrissi:
TUFFATI IN QUEL MARE DI SETA E PORPORA /
LASCIATI TENTARE E ASCOLTA LA MIA VOCE DANZARE /
FAI BUIO CON I TUOI OCCHI E CANTA LE TUE FIABE /
PIANGI E RIDI E SCOLLINI VIA /
SCIVOLA LONTANO DA QUESTO MONDO /
FUGGI E NON ASCOLTARE I LORO RICHIAMI /
NULLA ESISTE/
SE NON QUESTO ATTIMO .
il corvo gracchiò agitandosi.. Il corvo o la donna che ci viveva dentro, sapeva che quella poesia le apparteneva. Un'altra vita fa, quella poesia la scrissi sul suo cuore....sulla sua carne, sulla sua immortale ed eterna anima.
Il corvo si alzò in volo ...la pioggia stava finendo...le nuvole si diradavano...
il poeta Neruda piangeva.
‐ Perchè piangi Pablo? ‐
‐ Piango perchè vorrei essere vivo ed essere donna per godere delle tue parole ‐
Gli offrì un fazzoletto e mi alzai .
il corvo era lontano‐ i boschi sono bui bellissimi e profondi: ma io ho promesse da mantenere e miglia da percorrere prima di dormire.