Tre passi nel cuckold

Erotico‐pornografico per adulti. Genere tradimenti, bisex, anal.
Assaggio per i lettori di Aphorism del libro omonimo.

Presentazione

Una giovane coppia, eterogenea per origini e contesto socio‐culturale, racconta come,
attraverso percorsi diversi nella scoperta del sesso e del proprio “io” erotico, sia
approdata al variegato universo dei rapporti cuckold.
Una narrazione di fatti reali, con confessioni intimissime, colpi di scena e molti
momenti oscuri, nei quali i personaggi si perdono e si ritrovano, a volte rischiando,
nell’esplicito più estremo ed eccitante.

Sodomia in giardino

Filomena continuava ad esibirsi per quel “coso”... quel grosso coglione ma, finalmente ebbe un’intuizione... probabilmente anche per suo marito. Passato il primo impeto rabbioso non poteva che ammettere che, volendo davvero scoparsi l’ ltro, avrebbe potuto farlo dove meglio le pareva e quando le faceva più comodo. Suo marito non l’aveva mai controllata, né seguita, né bloccate nelle sue iniziative personali.
Oppure, per assurdo, era stata talmente furba da pensare di farsi quell’uomo in modo facile e poi farla franca, che lui la scoprisse o no. Ecco: se lui non c’era e non si accorgeva di nulla, avrebbe potuto nascondere comodamente l’accaduto, mentre, in caso contrario, poteva sempre raccontare che aveva fatto sesso col grassone, per soddisfare finalmente i desideri reconditi di suo marito “porcello”.
Pensieri da troia, comunque... e che fosse una troia lo dimostrava quello spettacolo fantastico, che aveva appena inscenato sia per l’uomo che per suo marito, nascosto sul tetto.
Filomena languidamente, con le mani a coppa si raccolse i grossi seni e li fece trasbordare dal reggipetto, uno dopo l’altro. I capezzoli erano rigidi e turgidi, si vedeva che era molto eccitata. Ancora e piano, si tolse le piccole mutandine... era tanto appetitosa con quella fighetta piatta e piccina, con solo uno sbaffo di peli scuri al centro, come una virgola che volesse indicare dove voleva ricevere il cazzo. Si girò più volte su se stessa, languida e sorniona, con un sorriso abbozzato e libidinoso, che Lucio nemmeno le conosceva.
L’altro voleva morire, era evidente. Si contorceva continuamente, obbligato al suo posto; dallo sguardo ottuso e attonito, sembrava quasi in “trance”.
Non sentì le parole, perché Filomena parlò a voce bassa, ma probabilmente dovette impartirgli qualche ordine preciso... o un “permesso”: dato che, subito dopo, l’uomo incurante di trovarsi all’ aperto e in un luogo a lui estraneo, con gesti grossolani si liberò dei pantaloni, incespicando sulla ghiaia col rischio di cadere. Lo stesso fece con la camicia, restando vestito in modo squallido, con le scarpe e i calzini bianchi, uno slip bianco che si fermava sotto il pancione, e la canottiera di cotone, che a malapena lo nascondeva
Non aveva fianchi, il petto era grosso e un po’ peloso, il culo stretto e piatto. Lucio ripensò tra sé, per una battuta che aveva pronunciato a volte:
“La bella e la Bestia, insomma!”
Unica nota eccitante in quel quadro disperato era lo slip, che non riusciva a stare al suo posto perché veniva spalancato sul davanti da qualcosa di grosso che desiderava evidentemente di esplodere. Era il membro di Nicola, eccitato all’inverosimile da sua moglie e che tra poco lei stessa avrebbe visto dal vivo, per forza di cose.
Questo pensiero fece rimescolare la pancia di Lucio, si sentiva male e si eccitava allo stesso modo. Doveva accettare l’ineluttabile destino che forse stava per compiersi?
Ormai era certo che sarebbero accadute una serie terribile di cose davanti ai suoi occhi e che lui non sarebbe intervenuto, restando probabilmente impietrito da una dolorosa forma di piacere, qualcosa di viscerale che lo bloccava come fosse legato. Destinato ad assistere alla scena di un altro (e “quale” altro, po che si sarebbe goduta sua moglie e che le avrebbe provocato sicuramente il piacere, esplorandola in tutto il corpo, toccando le parti più intime e segrete, “sporcando” le sue parti più recondite con la sua bava eccitata e, magari, con il suo sperma viscido e attaccaticcio.
Quell’energumeno, scacciato dalla sua vita come un cane bastonato più di venti anni fa, adesso, grasso, brutto, più osceno di prima si sarebbe preso la sua vendetta e nel peggiore dei modi, ne era quasi certo.
Era sempre più convinto che non era stato lui a cercare Filomena ma che sua moglie lo avesse contattato, per donargli se stessa e tutto il piacere che lui non poteva nemmeno permettersi di sognare. Era come se quell’ uomo fosse stato baciato dalla sorte, come se avesse vinto al gioco...
Per anni aveva desiderato Filomena e chissà quante seghe si era tirato pensando alla figa di sua moglie, e senza poterla neppure accostare, ed ora, improvvisamente, lei era li, nuda e disponibile, pronta a prendere piacere dal suo membro e a donargli il suo corpo per fargli sfogare la sua voglia di farsela. Lucio era ipnotizzato da quella situazione, non poteva farci niente e desiderava solo aspettare che tutto si compisse dinanzi ai suoi occhi per soffrirne, godendo.
Filomena adesso si era abbassata in avanti, a novanta gradi, voltando le natiche verso Nicola, si aprì con le mani la vulva per fargliela vedere. Lui si contorceva in modo pietoso, era vulnerabile e osceno in quella squallida tenuta, seminudo in quel giardino estraneo come se anche lui fosse sottoposto dalla donna ad una irrinunciabile, eccitante, tortura.

Il marito credette di non farcela quando vide Filomena accostarsi a Nicola e parlargli sorridendo: capì subito cosa si erano detti perché la donna gli permise di lasciare il posto che gli aveva riservato e, portandolo, per mano, lo condusse poco più in là, presso l’albero di noci che svettava sul sentiero. La posizione era perfettamente di fronte a Lucio, che pensò che fosse stato fatto apposta, infatti poté assistere perfettamente a ciò che accadde.
Nicola aveva le mani sui fianchi e, di sicuro, l’ordine di non toccarsi, Filomena invece si chinò con disinvoltura e gli cercò il membro nello slip, per poi tirarlo fuori e raccogliere il bordo delle mutande dietro la sacca delle palle, in questo modo tutto il pacco di Nicola era in piena evidenza.
Lucio si sentiva morire: Nicola aveva un bestione tra le cosce, un bitorzolo grosso e nodoso, che sembrava l’apice di un randello. Non era lunghissimo, anche a causa del pancione che lo opprimeva di sopra, ma era veramente grosso, infatti Filomena, che subito lo prese in mano, non sarebbe mai riuscita a chiuderne la circonferenza con le dita. Lei, come trattasse con un bambino, gli teneva il cazzo puntato in avanti, standogli a fianco, e con l’altra mano gli carezzava il culo peloso. Sapientemente non gli dava fretta, sembrava una mammina… aspettava, senza emozione, che Nicola trovasse la concentrazione necessaria per… per pisciare? Possibile?
La casta mogliettina nascondeva questo bagaglio incredibile di iniziative?
Lucio pensò addolorato alla sicurezza con cui si era mossa. Era ritornata in piena confidenza col suo ragazzo, conosceva bene il cazzone di quell’uomo e chissà quante altre volte lo aveva fatto suo.
Nel silenzio della sera che incombeva tutto tacque placido per un paio di minuti poi, finalmente, un filo di orina sgorgò frusciando sulla ghiaia, dal buchetto di quel pene, e liberò per Nicola una lunga e copiosa pisciata.
L’eccitazione aveva ormai avuto effetto su Filomena, la donna si sentì “padrona” del suo schiavo come ai vecchi tempi. Era abituata a castigarlo, comandarlo, ma anche a coccolarlo amorevolmente come un bambino un po’ disubbidiente. E insomma, come poteva pensare di imbastire quel perverso “teatrino” per restare poi del tutto immune dall’arrapamento, che sprigionava da quella situazione esasperata?
Si abbassò per raggiungere il pene con la bocca; ancora gocciolava, e allora iniziò a leccarselo, per pulirlo accuratamente da ogni residuo di pipì. Con la lingua scavava intorno al prepuzio, penetrando ogni interstizio tra la pelle e la testa del cazzone del suo ex. Dopo ritornò verso l’auto e ordinò a Nicola di levare anche le mutande.
Lucio guardava e arrapava, sorpreso dallo spirito di iniziativa di sua moglie quasi involontariamente si ritrovò col pene fuori dalla patta e cominciò a carezzarselo, intanto che fissava quelle scene inattese e raccapriccianti.
Filomena entrò nell’auto, chiuse lo sportello e armeggiò per aprire completamente il vetro. Nicola, come un burattino, ma col cazzo pur sempre tosto, se ne stava in attesa di capire cosa avrebbe potuto aspettarsi da quella donna meravigliosa... che, oramai ne era certo, sarebbe stata ancora una volta tutta sua. Gli girava la testa per la gioia e l’emozione, pensò disgustato a sua moglie, la donna scialba e insignificante che lo aspettava a casa.
Filomena si rivolse ancora al grassone, ma Lucio non poteva sentire, quindi si limitò a continuare a spiare la scena; stranamente Filomena era salita nella macchina... ma da sola, non si capiva cosa avesse in mente.
Però poi vide Nicola avvicinarsi a sua volta allo sportello, da quella posizione quasi gli voltava le spalle. Era goffo, con quelle sue esagerate “maniglie dell’amore”, le spalle pelose sotto la canottiera bianca, il culone nudo ma con calzini e scarpe ai piedi.
Notò che una volta arrivato presso lo sportello, si posizionava rispetto all’auto in maniera strana e scomoda, come volesse accostarsi più del necessario. Si sollevava lievemente sulle punte e si vedevano le due chiappe pelose muoversi, come alla ricerca di una posizione comoda.... ogni tanto stringeva il culo, come per aiutarsi a spingere il corpo in avanti.

Che cazzo succedeva? Si chiese Lucio, vedendo che l’omaccione semi nudo non trovava pace, sembrava quasi volesse entrare nello sportello e agitandosi; poi, guardando meglio, capì. Filomena era comodamente seduta e da dentro la macchina gli stava facendo un pompino…
A Lucio mancò letteralmente il respiro. Si spostò su un lato per vedere meglio. La testa di sua moglie si muoveva ritmicamente per permetterle di ingurgitare e leccare il grosso cazzo. Nicola dal canto suo, in preda agli spasmi del piacere, la teneva per la nuca spingendole la testa verso le palle, fin certo a soffocarla.
“Erano dunque così i mille pompini che gli aveva fatto da ragazza, quella troia?”
L’uomo era troppo arrapato per resistere a lungo, Filomena, da come si contorceva, lo capì: dopo alcuni minuti di pompino, si precipitò fuori dall’auto per accovacciarsi davanti a Nicola. Si riavvicinò al bitorzolo enorme agitandolo con le mani e accogliendolo tra le labbra lo portò su di giri, fino a quando gli partì l’eiaculazione.
La roba non finiva mai di uscire e colpì Filomena un po’ dappertutto, schizzò sui seni, sui capezzoli, sulle gambe... altre gocce erano sui capelli… ma la maggior parte dello sperma le era colato in bocca ma lei continuava a succhiare, insaziabile. Nic se n’era venuto con un grido trattenuto e agitando il corpo in avanti mentre schizzava mugolando.
Lucio si masturbava lentamente, infelice ma arrapato.

Il maschio restò immobile, non aveva avuto particolari ordini successivi.
Filomena, sempre inginocchiata si dedicava a farsi un ditalino tutto suo... ma era decisa a prendere ancora quel cazzo dentro sé.
Lucio, intanto, sperò che fosse finita ma si sbagliava, doveva subire ben altro e vedere fino a quanto sua moglie si sarebbe fatta profanare, da quell’ energumeno che lui aveva sempre sottovalutato, considerandolo un essere inferiore. Quel porco si prendeva la sua rivincita, infatti si era appena fatto fare un bocchino da sua moglie, con tanto di ingoio… e la cosa non finiva li. Nicola si stava riprendendo.
Poco dopo Filomena tornò in macchina; come ripetessero lo stesso copione, ancora una volta Nicola tornò a cercare una posizione soddisfacente, agitandosi attaccato alla portiera, come se non trovasse una posizione soddisfacente.
Quando iniziò a spingere costantemente e le natiche, scure di peli, si stringevano e si allargavano nello sforzo, Lucio soffrendo si rese conto di cosa era cambiato. Quella cagna di sua moglie si era sistemata sul sedile alla pecorina, e porgeva dal finestrino il culo immacolato, svirgolato dall’eccitante reggicalze e dalle calze ormai sfatte, mentre il suo ex aveva poggiato il pancione sulle sue natiche, per ottenere maggior penetrazione del cazzo e, per migliorare l’efficacia delle sue spinte, la tratteneva con le grosse mani per i fianchi, godendosi le natiche col tatto.
Ormai Nicola era esploso una prima volta e adesso non aveva più alcuna fretta di venire, conservando un ottimo controllo sul suo pescione. Era come ai vecchi tempi: si chiavava la sua bella, ed ogni colpo era più delizioso perché gli sembrava di fottersi anche suo marito, quel borioso damerino, quello che l’aveva scippata a lui, tanti anni prima. Nella sua fantasia limitata non capiva di essere l’oggetto del piacere di lei… e che veniva adoperato per dar piacer anche al suo marito porcellone.
Chiavava il membro con costanza nella vagina delicata e stretta; era proprio come la ricordava lui. Era in paradiso e fotteva costante, con gli occhi socchiusi.
Non immaginava che il marito di Filomena, si stava facendo una sega, a pochi metri da lui, arrapato proprio dalle sue performance erotiche.

Sul giardino era calata la sera.
Lucio giocò la sua carta: senza conoscerne l’effetto possibile fece un salto di sotto e accese tutte le luci esterne, poi corse di sopra e raggiunse di nuovo la sua postazione privilegiata di cornuto… in diretta.

Appena le luci illuminarono meglio la scena, Nicola ebbe un balzo per la sorpresa, ma Filomena fu lesta e si inventò la scusa di un interruttore crepuscolare che, in realtà, non era mai esistito.
Come Lucio aveva immaginato, ora lei era certa che il marito era in casa e che ... aveva visto tutto e forse continuava a spiarla. Come interpretare il suo silenzio? Approvava o l’avrebbe odiata per tutta la vita?
Nicola si era un po’ perso, le luci improvvise lo avevano spaventato.
Filomena decise di giocare tutte le sue carte, conosceva troppo bene il suo lui per non essere sicura che quasi certamente era arrapatissimo. Scese dalla macchina e si portò il suo cavaliere in bella mostra, presso la panchina ben illuminata. E Lucio si rese conto che lei non era per nulla sorpresa dalla sua presenza in casa, e si rese conto che era abbastanza troia da continuare quello spettacolo indecente, recitato proprio davanti ai suoi occhi. Si riprese il cazzo tra le dita, mentre subiva i “maltrattamenti” di sua moglie. Una sola cosa lo teneva in apprensione: Filomena aveva inscenato quella pantomima erotica per compiacere i suoi reiterati inviti alla trasgressione… oppure era li, semplicemente per lasciarlo, spezzando sia la sua lunga e devota fedeltà che il loro stesso amore?

Filomena seduta sulla camicia di Nicola, lo fece avvicinare per rifarglielo duro, con un pompino lungo e succhiante. Se lo lavorava delicatamente ma con decisione e in poco tempo il cazzone che lei ricordava bene, si gonfiò nella bocca dilatando le labbra già tese.
Quando Nicola fu arrapato al punto giusto, Filomena decise di andare avanti, pure se non si sentiva del tutto “pronta” ed era ben consapevole di quanto era doppio quel membro che a fatica teneva tutto in bocca. Nonostante gli anni passati, ancora ricordava quando, per le inculate di Nicola, le erano uscite le lacrime pur di sopportare lo sfiancamento anale. Staccò la bocca dal cazzo eccitato e si alzò, poggiandosi poi rilassata sulla spalliera della panchina, come se fosse lì, perfettamente vestita, a passare la serata con un amico. E invece, con un cenno, fece accasciare Nicola davanti a lei e lo sovrastò velocemente con le gambe, poggiandogli le caviglie sulle spalle. Filomena si sporse sul bordo, quasi a cascarne, con le cosce spalancate, e la figa e l’ano in primo piano.
Il povero Nicola non credeva ai suoi occhi, non avrebbe mai sperato di riavere a disposizione tutta quella bontà divina, inoltre con l’età, la ragazzina era diventata donna, mettendo la giusta carne nei punti strategici, più matura nella decisionalità e più porca che mai. Sapeva che lei lo comandava e lo usava per i suo piacere e sapeva anche che il suo stesso godimento era subordinato alle decisioni di lei, ma mai, proprio mai, si sarebbe rifiutato di fare qualsiasi cosa gli chiedesse, pur di non perdere di nuovo quella delizia... quello scenario di paradiso.
La donna lo fece abbassare affinché si mettesse a sua disposizione leccandola tra le gambe accuratamente. Si guardò intorno per mettersi bene in mostra, cercando di fare in modo che dalla casa si vedesse perfettamente ciò che accadeva… e poi si preparò al sacrificio finale.
Staccò la faccia dell’uomo dalla sua figa, dove la bocca stava pasteggiando senza tregua e lo osservò. Era grasso e grossolano, ma aveva quel fungo spesso e scorbutico tra le gambe, che spuntava osceno da sotto il pancione, largo e discinto. Rispetto a lei era “la bestia” che otteneva un rapporto con “la bella”, e la cosa aveva un suo fascino misterioso: le sembrava di essere desiderata dal animale in calore, senza cervello e dedita solo a ottenere il massimo piacere. Intanto suo marito guardava e non sapeva quali altre prove dolorose lo aspettavano, si teneva il cazzo in mano, stanco di tenerlo duro senza riuscire a venire neppure una volta. Ma ciò che iniziò allora era veramente il colmo: la moglie, dopo essersi fatta slinguare sulla panchina, si inarcava sulle spalle di quell’energumeno, facendo leva sui talloni che poggiavano sulle spalle di lui, mentre con le mani si apriva oscenamente le chiappe, mostrandogli il buchetto proibito, bruno e appetitoso.

No, non poteva succedere!
Le due figure erano di profilo ed era ben evidente di sotto l’epa il grosso tappo di carne, grosso come una pannocchia. Il porco capì, sbavando dal piacere: le mani libere cominciarono a esplorare quel culetto, pregustandosi il trionfo che lo attendeva. Era tremendo per il marito starsene lì, più arrapato che mai ma frustrato, schiacciato da quelle scene orribili, che esaltavano in lui tutta la dipendenza dalla sua stessa depravazione. Ormai, quella punizione durava da quasi un’ora e ,per fortuna, non era arrivato nessuno: Lucio era certo che in certi momenti di totale eccitazione, quei due maiali non si sarebbero fermati neppure sotto le luci di un palcoscenico.
In fondo, se si era arrivati a tutto questo la colpa era sua; troppo aveva insistito, domandato, stuzzicato...
Di certo Filomena aveva dovuto credere che per lui fosse realmente importante assistere a quel tipo di scopata: perché lei, da moglie tranquilla e fedele, non gli avrebbe mai trasmesso, altrimenti, quelle sensazioni che solo un comportamento da ninfomane o da puttana poteva procurare. Sperando non rappresentasse la fine del loro rapporto, quasi commosso, si augurò che tutto lo show non fosse solo una recita obbligata lei ma che traesse da quegli atti impuri, le stesse potenti sensazioni che stava donando a lui.
Intanto, nell’aia, il grassone aveva massaggiato per benino il basso ventre della sua dea e vittima sacrificale. Si accostò e avvicinò il glande grosso e rubizzo, decise che era ora di riempirle il fiorellino bruno che lei gli donava ancora una volta, dopo un’attesa durata anni. Nonostante il fresco della sera incipiente, si era tolto la canottiera ed era tutto imperlato di sudore, persino sotto lo scroto grondava.
Per cacciare agevolmente quella preda con la sua “mazza” era costretto a tenersi il pene in mano, mentre con l’altra si spingeva il pancione verso l’alto, affinché non formasse spessore tra loro. Così il bastone nodoso si esprimeva completamente libero, il furbo chiavatore, allenato ad usarlo nonostante la trippa, se lo teneva da sotto le palle. Era lampante che, una volta penetrato in lei, voleva affondarglielo tutto integralmente nelle le natiche.
Ecco!
La caccia era arrivata al suo acme.
La capocchia di lui aveva centrato il buchetto e non si sarebbe mai tirato indietro.
Dal terrazzo, Lucio, che vedeva perfettamente la scena, sentì il gigante mugugnare imbestialito. In cuor suo si augurò che sborrasse subito, come risultato della forte tensione accumulata, ma era una speranza veramente esigua. Lo vide spingere e avanzare deciso, mentre sua moglie emetteva gridolini soffocati. Purtroppo erano mesi che lui non la inculava e, praticamente, era tornata come vergine, di dietro. Quando il cazzo entrò completamente, le gambe di Filomena si contrassero, involontariamente, spinte dal dolore e dal nervo, che era stato sollecitato da quella dilatazione forzata. Prima le teneva piegate, con le ginocchia verso l’alto e i piedini sulle spalle di Nicola, ora invece erano diritte e perpendicolari, e non cadeva solo perché l’uomo se la teneva a portata di cazzo, con le mani sotto le natiche delicate e il perno di carne che l’aveva infilzata.
Passata la fase cruenta della dilatazione dello sfintere, si sistemarono comodi per potersela godere entrambi.

La donna appoggiò i polpacci sulle spalle di lui, mentre Nicola, raccolto il pancione molle, lo calò sul pube di Filomena. Era tremendo vederli perché lui grasso com’era, l’aveva circondata, facendo si che da lontano sembrassero una sola carne fusa.
Solo le natiche piatte e pelose, che si muovevano voluttuose in mille posizioni, indicavano che la penetrazione stava avvenendo perfettamente. Dai movimenti sinuosi e roteanti che ripetevano all’unisono, ancorati l’un l’altra da quel bastone carnoso, che Filomena sopportava in corpo, si comprendeva che non solo lui le dava dei colpi perpendicolari e profondi ma che le roteava anche la mazza dentro, quando era tutta piantata nel culo della moglie di Lucio.
Nicola se la inculava di gusto, perduto nei suoi vecchi sogni proibiti. Approfittò dei suoi polpacci, sistemati per tenersi sulle sue spalle, per baciarle le gambe e aiutandosi con le mani i piedini inguantati dalle calze color carne. Mentre fotteva, le aveva sganciato pian piano i nastri del reggicalze, che giacevano inerti e ballonzolavano ai lati del culetto ad ogni botta. Con le mani grossolane le aveva liberato la carne tenera delle cosce e ci viaggiava come un forsennato. Si godeva quel contatto e ogni tanto infilava le dita sotto le calze, non più tese, discendendo verso il ginocchio.
Tutto questo rendeva il corpo di Filomena ancora più discinto e arrapante e Nicola infilava la manona nell’incavo del polpaccio, tra la calza floscia e la carne delicata. Da sopra Lucio guardava senza forze e non provava più alcun senso di ribellione, nonostante lo spettacolo oltraggioso che gli veniva offerto dal giardino di casa sua.
Adesso era solo questione di tempo, tutto era calmo come la serata.
Nicola pressava la sua carne flaccida sotto quel pancino delicato e si intuiva che l’ammasso vibrante, nascondeva un manganello notevole che viaggiava nello sfintere della sua ex. Lei guardava le stelle e senza più remore si dava, totalmente, mentre con la destra si faceva un ditalino languido, quasi distratto: come fosse una ragazza annoiata, sola sul divano che cerca darsi un piacere ristoratore e singolare.
D’improvviso il grasso uomo grugnì come un animale e vibrò, scuotendo persino la carne flaccida adagiata sulla “vittima”. Premette il cazzo in fondo con tutte le forze, tanto da spostare in avanti Filomena con tutta la panchina. Si inarcava e sborrava, continuando a spingere e a grugnire, senza nessun controllo per oltre cinque minuti.
Poi le rimase dentro ancora a lungo, ma fermo, mentre riprendeva fiato e coscienza… Finalmente si sganciò dal culo e il cazzone gocciolava ormai senza forze, ma mantenendo quel suo spessore pauroso che Lucio non avrebbe mai dimenticato.
Fu allora che Filomena raccolse rapidissima le sue cose e lo liquidò quasi immediatamente. Il poveretto si rivestì alla meglio e, ritrovato il giudizio e il senso della realtà, si rese conto di quello che aveva rischiato e fuggì nella notte, non pentito ma di certo confuso.

La signora corse in casa (continua)