Tutto bianco
Tutto bianco: il cielo, le strade, i balconi, i muretti, i cartelli, gli ombrelli, i tetti, i sempreverde, le siepi, gli alberi nudi, le macchine parcheggiate, le macchine che passano per strada, i passanti senza ombrello. L’orizzonte si perde nel bianco, sfuma nel nulla, inghiottito da questa massa pesante di bianco rimasta incastrata tra queste colline, che lentamente si sta riversando. Bianco: tutto è bianco, tutto svanisce nel bianco, persino il mio cane nero che gioca tra la neve troppo alta per lui che è un bassotto. Continua lentamente a scendere il bianco dal cielo con un ritmo incerto, che non si ferma mai, ipnoticamente dosato, controllato.
Una sera siamo andati a cena fuori con tutto il coro e tu mi hai riaccompagnato a casa.
Anche quella sera stava nevicando. Quella sera ho iniziato a fumare, anche se non te l’ho mai detto: ho iniziato a fumare una sera di gennaio di tre anni fa, solo per poterti guardare mentre mi parlavi, solo per stringere qualcosa di tuo tra le dita. Difatti ti avrò scroccato una decina di sigarette solo per assaporare i tuoi gesti, la tua voce profonda e le tue adorabili fossette. Intanto tu ti meravigliavi che io, una ragazzina di quindici anni sapessi così tante cose del mondo, fumassi già così tanto, ma soprattutto che sapessi ascoltare. Hai riaccompagnato a casa prima tutte le altre ragazze e poi me per ultima: siamo rimasti soli, avvolti dalla magia della neve, respirando un silenzio irreale fuori e dentro la tua macchina. Ti sei fermato sotto casa ed io non volevo scendere, cercavo disperatamente qualcosa da dire per fermare quel momento, per fermarti. Ma le parole spariscono tutte quando mi servono, quando ne ho più bisogno non le trovo, non so dove vanno a finire. Intorno a noi solo la neve che ci avvolge dolcemente, nella mia testa il nulla, anzi qualcosa che rotola giù inafferrabile e inafferato, proprio come la neve, se ci pensi. E nella tua? Me lo sono sempre chiesto, ma non te l’ho mai chiesto se anche nella tua testa stava nevicando oppure no, vorrei chiedertelo adesso ma non sarebbe ridicolo?
“Scusa, ti ricordi quella sera di tre anni fa quando mi hai riaccompagnato a casa? Ricordi: nevicava fortissimo e siamo rimasti soli. Sai mi stavo chiedendo: anche nella tua testa stava nevicando? Per me è importante: prova a ricordare... Grazie.”
Quella sera così lontana, sotto casa mia ti ho strappato un bacio leggero, e poi non so perché, senza neanche darti il tempo di capire sono scivolata fuori dalla macchina, senza dire una parola, e me ne sono andata senza voltarmi. Dopo un po’ sei andato via anche tu, inghiottito dalla neve, sei sparito nel nulla, nel bianco e anche il tuo sapore è andato via con te. Adesso so che non sarei dovuta scappare, perché un bacio non si può rubare, ma si deve vivere, perché quella sera non tornerà mai. Ne torneranno altre certamente e saranno più belle o più brutte, più intense magari, più romantiche, più divertenti, ma quella sera di gennaio non tornerà mai più. Tornerà la neve a colorare di bianco tutto, persino la tua macchina, tornerà a posarsi su di te e magari anche su di noi, ma non sarà mai più la stessa neve, mai più. Neanche noi siamo più come allora, anche noi siamo cambiati eppure siamo restati gli stessi: è una strana cosa se ci pensi. Questa neve che adesso si ostina a mettere radici quaggiù non è la stessa che quella sera avrebbe potuto farci compagnia fino in fondo, sai cosa intendo.
Non so che altro dire, le parole sono andate di nuovo a nascondersi non so dove, forse è la neve che me le porta via, che le risucchia. Che se fa la neve delle mie parole? Vorrei saperlo, vorrei tanto chiederglielo.