Tutto ha inizio

E vita fu.
Ancora una volta, il miracolo della vita, l’ennesimo, si era consumato in quel luogo indecentemente stracolmo di rumori metallici, che neanche il vocio umano riusciva a superare .
Appena nato, un gruppo di rumorose donne aveva provveduto a ricoprirlo con una buffa stoffa, raffigurante grossi riquadri dai colori sgargianti: ciò affinché non sentisse freddo, questo, almeno, era il pensiero del protagonista della nostra storia, del tutto ignaro del crudele
destino che lo attendeva. Chiassose e squillanti voci accompagnarono la sua accurata vestizione: meticolosamente, tali donne si accertarono che quella buffa veste non presentasse alcuna piega e aderisse perfettamente al suo ossuto corpo. Tali gesti, molto accurati, nei suoi confronti lo fecero sentire davvero amato e importante. La sua gioia raggiunse il culmine, quando le donne, che si erano occupate fino adesso di lui, alla fine esclamarono: “È proprio bello, lo
chiameremo Marcello!”. Successivamente, una di queste lo sollevò, con
garbo, tra le sue mani e lo rivestì di una plastica trasparente, in modo tale che il suo coloratissimo vestito non si potesse rovinare. Era una donna giovane, dai modi alquanto gentili e cortesi. Marcello, sollevando lo sguardo, incrociò il suo ed ebbe la sensazione di tuffarsi in un immenso mondo sommerso, ma ne colse anche una vena di stanchezza e, forse, anche di tristezza. Le mani con cui la donna lo ricopriva di detta platina, allorquando avevano sfiorato qualche raro lembo del suo ossuto scheletro, rimasto scoperto, si erano rivelate dure e screpolate: dimostravano essere molto provate dal lavoro. Capì che, dietro quel volto gentile, si celava una vita ricca di sacrifici, un marito, forse anche dei piccoli figli da accudire. Il lieve sorriso, che fiorì sul suo bellissimo viso, scivolò piano in fondo al suo, ancor giovane, cuore. La donna diede un’ultima occhiata, per controllare l’accuratezza del suo lavoro e lo portò in fondo a un lungo corridoio. Poggiato, infine, in un enorme cartone, insieme a un numero straordinario di suoi simili, si chiedeva che ne sarebbe stato di lui. E, con lui, continuavano a chiederselo tutti i suoi compagni, se fossero di avventura o sventura ancora era troppo presto per poterlo dire.
Immaginiamo, infatti, un gruppo di persone che, per un motivo qualsiasi, che qui non stiamo a definire perché irrilevante, si trovano ad essere ignare del proprio destino e a condividere, tutte insieme, questa incertezza. Con molta probabilità, accadrà che ciascuna di queste persone tenterà una previsione personale, più o meno ottimistica, in base o alla propria propensione caratteriale o alle proprie esperienze di vita. Ci sarà, dunque, in questo gruppo, ignaro della futura sorte, chi, essendo stato fino adesso molto sfigato oppure, per carattere, davvero molto pessimista, fino a poter essere definito “catastrofico”, si troverà ad immaginare una lugubre previsione: il peggio del peggio, fino addirittura all’estremo auspicio negativo, la fine della stessa vita, la morte, o, ancora peggio, una morte crudele e dolorosa. E chi, Gastone nella vita, o solo molto ottimista, avrebbe invece previsto soluzioni alquanto più piacevoli.