Ultimo giorno di lavoro
Quando la sveglia iniziò a trillare, Bortolo (così, troncandogli il cognome, lo chiamavano gli amici) era già in piedi da un pezzo, aveva già fatto la barba, infilato la tuta da lavoro e calzato le scarpe antinfortunistica.
Lasciò suonare la sveglia per alcuni secondi e poi, senza spegnerla, la posò per terra, quindi, in uno sfogo emozionale di dolore e gioia, con un colpo di tacco da ballerino gitano, la fracassò.
Quello era il suo ultimo giorno di lavoro al “Consorzio Vitivinicolo di Dolcenero‐ Vignaioli dal 1919”, che in sigla faceva … (vabbè, lascio a voi immaginare).
Quarantadue anni e dieci mesi più altri tre di finestra si era fatto.
La storia dei tre mesi aggiuntivi non la sapeva, era stata Ileana, la volontaria dell’Inca a spiegargli che avrebbe dovuto lavorare ancora un po’ prima della pensione
‐Non lo capisco ma mi adeguo – così aveva risposto lui usando una battuta che aveva sentito in televisione.
Al che Ileana, ironicamente, aveva replicato: ‐ L’Italia è l’unico paese al mondo dove le finestre si misurano in mesi: tre mesi una finestra, sei mesi una doppia finestra, un anno una porta finestra.
L’azienda vitivinicola, distante circa tre chilometri dalla sua abitazione, era posta sulle alture che segnavano il confine tra il paese e i comuni limitrofi: un vecchio casale ristrutturato a dominare filari di vite che a ogni nuova stagione regalavano antichi sentori e colori.
Bortolo non aveva la macchina, per alcuni decenni risolse il problema della mobilità casa – lavoro – tempo libero con una Lambretta; poi anche quella si era fatta vecchia e non conveniva più ripararla, da lì la decisione di passare in modalità pedalata.
Da Vilcher, segretario della Lega Spi Cgil di Dolcenera, a un prezzo decisamente politico, aveva comprato una bicicletta Atala vintage appartenuta a suo suocero e che lui non usava più perché, da quando era andato in pensione, era passato alla cyclette in camera da letto.
Quando, sceso in cantina, afferrò la bicicletta, si accorse che un copertone era afflosciato.
‐Mi ricorda qualcosa ‐ pensò in un momento di fuggevole autoironia; poi, tornato alla realtà, si rese conto che il copertone e la camera d’aria avevano uno squarcio di alcuni centimetri provocato, probabilmente, da qualcosa di tagliente, forse un pezzo di vetro di bottiglia.
Inutile tentare una qualsiasi riparazione e poi nemmeno aveva i ricambi, che tra l’altro per quella bici, vintage più di lui, si facevano fatica a trovare.
‐E adesso cosa faccio? – pensò
L’unica soluzione era farsi prestare una bicicletta da qualcuno, ma da chi?
‐Amilcare cazzo! Potrei passare da lui; mi scoccia disturbarlo, ma oggi è l’ultimo giorno di lavoro mica posso mancare, senz’altro avranno preparato un rinfresco d’addio.
Amilcare era un suo compagno di lavoro che grazie a “Quota cento”, pur avendo cominciato a lavorate quando altri erano già stanchi di faticare, era riuscito ad andare in pensione prima di loro.
S’incamminò quindi verso la casa del suo ex collega.
La loro era un’amicizia di vecchia data, si erano conosciuti in giovane età frequentando la sede della P.C.I.
Nel tempo, anche se il partito aveva cambiato pelle, lui era rimasto di sinistra; Amilcare invece era diventato leghista e da quel momento la loro amicizia aveva cominciato a vacillare.
Ogni tanto quando il discorrere si spostava sulla politica litigavano di brutto e per un po’ si guardavano in cagnesco, ma poi la convivenza forzata sul posto di lavoro li costringeva a riappacificarsi.
Bortolo ogni tanto gli diceva: ‐ Amilcare sembriamo quei due braccianti morti di fame che litigavano su chi, tra i rispettivi padroni, aveva più mucche; mentre loro due andavano avanti a polenta e cicoria e non avevano mai mangiato una bistecca.
Avrebbe potuto telefonare per chiedergli se gli prestava la bicicletta, ma lui di notte metteva il silenzioso, anche perché l’Adalgisa, la moglie di Amilcare, che pesava assai ma aveva il sonno leggero, non sopportava di essere svegliata di soprassalto.
L’Adalgisa era stata la prima morosa di Bortolo, ma la loro storia era durata poco e alla fine si era messa con Amilcare.
La bicicletta del suo amico era una gran bella bicicletta, elettrica per di più, l’aveva comprata recentemente con un finanziamento di 84 comode rate mensili da 30 euro cadauna.
Bortolo, canzonandolo, gli diceva: ‐ Caspita Amilcare, quando finirai di pagare la bicicletta sarà ora di fare un altro mutuo per la dentiera.
‐Chissà se me la presta? E’ molto geloso delle sue cose se poi si mette di mezzo la moglie, ciao bambina.
Con quella bicicletta Amilcare arrivava sempre in anticipo al lavoro, mentre lui, spesso, molto spesso, arrivava all’ultimo momento o in ritardo.
Allora Amilcare gli cantava: ‐E stamattina/ non mi son svegliato/ o bella ciao/ bella ciao...
Bortolo, al sentir quelle parole, la prima volta si era messo a ridere, la seconda un po’ meno, dalla terza volta in poi aveva reagito urlando parole orfane, sin dall’infanzia, di buona educazione.
‐ “Bella ciao” è sacra e non si tocca!
A un certo punto del suo cammino verso la casa di Amilcare, sentì il telefono squillare, guardò lo schermo e vide che era Ermanno, il Presidente del Consorzio.
‐Ciao Bortolo, ascoltami bene, oggi non venire al lavoro, abbiamo dovuto chiudere per il virus che c’è in giro, dobbiamo sanificare tutto prima di riprendere la produzione.
‐Che botta di culo! – pensò Bortolo
Si sentì come quella mattina di un “secolo” prima, quando entrando in classe si ricordò di non aver fatto i compiti, però nello stesso momento era entrato nell’aula il bidello ad annunciare che la maestra non sarebbe venuta perché ammalata.
Quando arrivò sotto la casa di Amilcare, suonò a lungo e ripetutamente il campanello.
Lui dopo alcuni secondi aprì la porta finestra del balcone e si attaccò alla ringhiera con tutte e due le mani (tipo Mussolini durante i suoi farneticanti discorsi)
‐Bortolo, che cazzo! Ti sembra la maniera di suonare? Qui c’è gente che dorme, hai svegliato anche l’Adalgisa! Si può sapere cos’è che vuoi?
‐ Amilcare sai cosa ti dico?
Dai, sentiamo cos’è che mi vuoi dire, così poi torno a dormire.
‐Amilcare: va a dà via i ciapp ti e la to bicicleta!