Umanità delle bestie
Lo confesso, il titolo di questo racconto l’ho pari pari copiato da un romanzo scritto da mio padre Armando nel 1945, dopo il secondo conflitto mondiale in memoria di suo fratello Alberto, mio omonimo, deceduto per il ‘tifo’ (allora gli antibiotici non erano ancora conosciuti.) Il cotal romanzo per esigenze di risparmio era stato stampato dalla tipografia editrice Flori di Jesi, dove tutta la famiglia Mazzoni abitava, su carta color tra il giallo ed il bianco non per esigenze tipografiche ma per parsimonia ultimo ‘regalo’ della autarchia di mussoliniana memoria che aveva portato gli italiani alle pezze nel ‘culo’ed alle toppe sotto le scarpe. Il romanzo originale trattava dei sentimenti che anche gli animali provano. Avevo nove anni quando la nostra cameriera Mariola mi fece notare un gattino piccolo, spelacchiato e spaventato che stentava a reggersi in piedi sul tetto di un vicino edificio forse abbandonato dalla madre. Un forte sentimento di passione mi portò ad andarlo a prendere anche se con un po’ di pericolo dato che i ‘coppi’ erano umidi di pioggia. Da quel momento ‘mio mao’ era divenuto per me inseparabile, mio compagno di letto, di scuola (sotto il giaccone), di giochi (era ingrassato e divenuto molto socievole, un amico carissimo.) Ad Eris, dea dell’invidia non parve vero di mettere in atto una sua cattiveria: Mio Mao una mattina fece una piroetta, si girò su se stesso e cadde dal balcone, morte immediata. Rimasi impietrito, non una lacrima, mio padre cercò di consolarmi: “Ci sono in giro tanti gatti randagi oppure te ne comprerò uno.” Nessuno poteva sostituire Mio Mao, un grande amore. Quell’episodio doloroso condizionò la mia vita. Superata la maturità classica mi iscrissi a veterinaria a Roma dove nel frattempo di era trasferita la famiglia di mio padre funzionario di banca. Conseguita la laurea ebbi la fortuna di leggere sul ‘Messaggero’: ‘Cedesi laboratorio veterinario’ via Flaminia 201 telefonare al n.‐‐‐‐‐‐‐ Non mi parve vero, chiamai subito, il titolare dell’esercizio, lo trovai seduto dinanzi alla porta d’ingresso, espressione del viso sconsolata, il perché lo seppi dopo. “Sono Ignazio Scortichini,. sono diventato troppo vecchio per questo lavoro, mi sta accadendo che gli animali che curo spesso mi mordono, mai accaduto in passato, è ora che me ne vada in pensione.” Il signor Scortichini mi cedette l’esercizio per un prezzo non elevato così accadde che diventai il padrone e dell’esercizio veterinario che chiamai ‘Mio Mao’. Prima cliente una signora circa trentenne, ben truccata, di classe con in braccio un volpino che abbaiava alla grande. “Veda lei che può fare, vicino casa mia ci sono state volpine in calore ed il mio cane vorrebbe…” Entrai subito in funzione: “Pucci muto, mutuo hai capito?” Il cane al principio non percepì il mio ordine nemmeno la mia espressione del viso corrucciata poi pian piano si calmò anche dietro somministrazione di biscotti dolci.” “Come ha fatto, Pucci abbaia anche di notte…” “Gentile signora ai maschietti come lei avrà pensato piacciono due cose, la seconda sono i cibi dolci.” “E la prima?” “Non voglio essere volgare ma guardandola…” “Non pensa di essere impertinente?” “Mi permetta di risponderle in latino ‘audaces fortuna iuvat’.”Fui ricambiato da una risata ‘argentina “Che ne dice di offrirmi un pranzo? Sono Aida Saglinbene.” “Ed a Pucci non ci pensa, vediamo se riesco a trovare una deliziosa compagna per lui.” Altro colpo di fortuna, entrò in negozio una volpina della Pomerania in piena crisi di astinenza da maschietti. Senza porre tempo in mezzo i due volpini iniziarono a ‘copulare’ sino a quando rimasero ‘attaccati’ e ci volle del tempo prima che ritornassero alla calma sessuale. La padrona della volpina femmina, una signora non più giovane: “Quanto debbo per la prestazione del maschietto?” “Tutto gratis madame, se ha in futuro bisogno di un veterinario son qua.” Il ristorante ‘Suprasutta’ non distava molto dal ‘MioMao’, subito dopo l’ingresso Pucci, soddisfatto in tutte le sue voglie s’infilò sotto un tavolo, lo stesso scelto da me e da Aida. “Mia cara permettimi di darti del tu e di farti una domanda ovvia, chi era della tua famiglia che portava il tuo stesso nome?” “Mia nonna.” “Immagino ricca.” “Indovinato, sei un mago.” Nel frattempo si era avvicinato un cameriere dai modi e vestito in modo particolare, sicuramente un gay. “Che bella coppia cosa ordinate?” “Faccia lei siamo affamati.” Tutto il pranzo di gradimento mio e di Aida che volle fare da anfitrione, una gran signora che si espresse questa volta lei in latino: ‘post prandium stabis post coenam ambulabis.’ Abbraccio di ammirazione da parte mia non tanto di sola ammirazione, ‘ciccio’ si svegliò di colpo e fece vedere la sua presenza nel bozzo sui pantaloni. “Sono perplessa, non mi capita spesso ma stavolta…“Non sono perplesso, mon ami ‘ciccio’…” ”Ho capito, a casa mia o a casa tua? Ho la mia Maserati ‘Grecale’ posteggiata vicino al tuo esercizio.” “Ho la mia Alfa Romeo ‘Stelvio’ nei pressi, scegli tu.” In quel momento non feci del campanilismo, Aida si mise al volante, Pucci con un salto si sistemò nel sedile posteriore, io vicino ad un paio di cosce quasi tutte scoperte…”Tra poco ti usciranno gli occhi dalle orbite, un po’ di pazienza…” Porta d’ingresso aperta, entrata per primo da parte di Pucci, Aida si diresse nella camera da letto in cui era acceso il condizionatore che emanava una frescura piacevole, eravamo ad agosto. Lavacri alle parti nobili da parte di entrambi nel vicino bagno e poi …vai sino alla sera quando Aida: “Sono separata da mio marito, è stato l’unico uomo ella mia vita ma tu...” Forse qualche lacrima, rimpianto ovvero…Aida si era girata si spalle, io malignamente pensai che madame gradisse un approccio posteriore ma male me ne incolse. “Non ti è ancora bastato, per fortuna che la nostra storia finirà presto!” Non finì presto, Grande amicizia fra me e Pucci a cui presentai qualche femminuccia in calore suscitando il non assenso della padrona, appartamento mio in un condominio di otto piani in via Appia, condominio abitato anche da tante ‘signorine’ non quelle delle famigerate case di tolleranza ma ugualmente disponibili. La gelosia si impadronì di Aida che venne a conoscenza delle mie intime ‘conoscenze’ con Isabella, con Armida, con Eloisa, con Lucrezia, con Corinna giurando ogni volta che avrebbe lasciato per sempre quell’incorregibile zozzone ma poi…l’amore, quello vero aveva il sopravvento sino a quando ciccio non riuscì più a…Pucci, ormai vecchio venne sepolto di notte in giardino sotto una pianta di rose, anche il vecchio zozzone fu omaggiato degli onori che decisi meritasse.