Un altro mondo
Le luci sono spente. Mi piace venire qui quando non c'è nessuno. Cammino piano e ascolto il rumore dei miei passi sul legno. Queste assi mi parlano. Mi dicono cose che mi piace ascoltare; miliardi di parole che si avvicinano e che aspettano il loro momento. Chiudo gli occhi e le parole entrano in me. Sogno con loro, mi danno una nuova vita, mi regalano un'altra avventura. E sono naufrago su un'isola , sono Principe di Danimarca, sono poeta spadaccino, sono diavolo sull'altalena, sono un veneziano geloso. Non sento il caldo, non sento il freddo, la bocca è asciutta, il cuore danza nel petto, e loro, le parole, che si mettono in fila per uscire, una dietro l'altra, con un ordine preciso, con il giusto tono, con la giusta intenzione. E schizzano fuori dalla bocca, entrano in sala, si aggirano tra le file e si appoggiano sui ricordi, aprono porte antiche, trovano lacrime nascoste, rubano risate alla tristezza, ricordano gesti famigliari, ti trascinano in un altro mondo. Riapro gli occhi. Le parole continuano a girare, in me. Domani saranno qui ad aspettarmi. Domani, quando da dietro il tendone del sipario sentirò le voci degli spietati sognatori, che con un biglietto comprano un viaggio e un po' della mia vita. E' tardi, esco dall'uscita di sicurezza. Lascio dentro applausi e lacrime, risate e emozioni. E respiro l'aria del mondo. Qui fuori bisogna essere solo bravi ad improvvisare, il resto è un caso. m e r d a, t a n t a m e r d a*
- (è usanza in teatro, prima di una rappresentazione, dirlo come augurio. Una volta, quando si andava a teatro, se uno spettacolo aveva avuto successo, quindi affluenza di pubblico, lo si valutava dallo sterco di cavallo davanti al teatro. Ergo...)