Un contenitore di vite
Un treno che sfreccia. Rompe l'aria. Corre verso qualcosa o viene rincorso? Sta arrivando o sta scappando? È solido, ferro, metallo, è rumoroso, grigio, scuro, è imponente. È un contenitore di vite. Un recipiente che trasporta corpi. Una cassaforte di segreti. Mani che lasciano spazio ad altre mani stanche, sudate, deboli, fredde, salde. Mani che cercano un appiglio per non cadere. Sguardi che incrociano altri sguardi distratti, persi, curiosi, bassi, spenti. Sguardi che cercano comprensione per non sentirsi inadeguati. Labbra serrate vicine a labbra in movimento, silenzi, parole a metà, volume troppo alto, confessioni, preghiere. Piedi che calpestano piedi ancorati, tremanti, forti. Piedi che camminano perché non si possono fermare. Poi ci sono i pensieri. Una nebulosa di pensieri che nascono e svaniscono, che si incontrano e si allontanano, che si scontrano, si mescolano, si guardano e inorridiscono, si leggono e si trovano, si nascondono, si vergognano, giocano, ballano, muoiono, sono fermi, incerti, spaventosi, pieni di dubbi e paure, di colori e sfumature, fanno chiasso, baccano, colpiscono, stridono, urlano e poi... il vuoto, l'assenza... solo carne, muscoli, ossa, capelli, vestiti, tacchi, borse, telefoni, solo questo, il nulla dell'umanità. Eppure le anime ci sono. Sono sedute una accanto all'altra, sono una di fronte all'altra, ma sono prigioniere. Le teniamo legate con una catena di protezione e amore materno per evitargli dolore, delusione, sconfitta. Le catene con il tempo fanno sanguinare, lacerano. Una lotta costante, quotidiana, che lascia al suo passaggio feriti e distruzione, una lotta tra la potenza delle catene e la forza dello spirito. Tutti vogliono essere liberi, ma pochi trovano le chiavi del lucchetto.
Così, passeggiando per strada e guardando sul ponte il treno che passa, immagino che quelle nuvole che quasi lo sfiorano siano delle navette che avvolgono tutte le anime che ce l'hanno fatta. Fluttuano e lasciano volare i pensieri nell'aere, nudi e pieni di speranze.