Un momento di dubbio.
Si guardò in giro: niente, assolutamente niente.
Quanto tempo passò prima che se ne rendesse conto? Non avrebbe saputo dirlo: forse un minuto, forse un'ora, forse una vita intera.
Il tempo, d'incanto, sembrava sparito.
Si sentiva leggero, leggero; si chiese, addirittura, se per caso esisteva ancora. Il pensiero gli fece apparire il sorriso sulle labbra; quella piccola reazione istintiva di colpo lo riportò a se stesso. Sì, esisteva, e il tempo non era sparito.
Tuttavia, quella strana sensazione di leggerezza permaneva, anche se meno accentuata.
Che cos'era successo? Per qualche secondo tamburellò nervosamente sul tavolino: un'altra reazione istintiva che gli spalancò dinanzi un altro pezzo di realtà. Il contatto col freddo della materia fulmineamente gli fece percepire la luce dell'ambiente e, per un attimo, se ne sentì feriti gli occhi.
Sbattè le palpebre e fissò attentamente dinanzi a sè: si trovava in un caffè, piuttosto piccolo, ma molto intimo.
Si disse che non valeva la pena pensare a come ci era arrivato: questo avrebbe presupposto ricordare tutto quello che aveva fatto prima e non sembrava che ciò avesse grande importanza.
Non doveva essere successo niente di notevole perchè, altrimenti, se ne sarebbe ricordato subito.
L'importante era il presente, e il presente non era nient'altro che trovarsi seduto in quel caffè, dinanzi a quel tavolino dove era poggiato un bicchiere vuoto.
Ora percepiva anche i suoni: un rumore di bicchieri che il cameriere, dall'altra parte del bancone, stava lavando, l'acqua che scorreva dal rubinetto aperto ed altri ancora.
Guardò con attenzione davanti a sè e prese coscienza completamente dell'ambiente. Poi distolse lo sguardo e si concentrò sul bicchiere. Non lo interessava particolarmente, ma era un buon sistema per scaricare la tensione.
Che cos'era successo? Gli parve di cominciare a ricordare.
Era successo che, improvvisamente, si era reso conto di non conoscersi.
Strana idea pensò, ma era così.
Certo, sapeva perfettamente qual'era il suo nome, che lavoro faceva e così via, ma non si conosceva. E qui stava il nocciolo della questione.
Strano, pensò di nuovo, non mi conosco, non conosco me stesso.
Chi sono in realtà?
Fu preso nuovamente da quella assurda sensazione di leggerezza.
Il fatto era che non ci aveva mai pensato.
Pezzi della sua vita si affollarono alla mente. Poteva servire, ma erano ricordi sconnessi e gli dicevano ben poco.
Chi sono? Chi sono?
La cosa cominciava a infastidirlo, eppure non poteva liberarsene.
Quella domanda gli ronzava maledettamente nel cervello.
Che significava la sua vita, la vita che aveva vissuto fino allora, i momenti in cui aveva riso, i giorni in cui si era sentito stanco, tutte le esperienze, tutte le sensazioni? Che significava tutto questo? Doveva pur esserci da qualche parte la chiave che gli avrebbe permesso di scoprirsi, di dire a se stesso: questo sono io. Ma dov'era questa chiave? Forse nel ricordo di una donna, forse in un luogo in cui era stato, forse nella sensazione di un attimo o forse ancora in una parola che aveva detto o che gli era stata detta? Forse in un libro che aveva letto, in una poesia studiata sui banchi di scuola, forse in un giorno di dolore o in un altro di felicità?
Provò a pensare, ma non trovava niente.
La gente gli passava dinanzi e non lo vedeva. Sarebbe stato bello fermare qualcuno e chiedergli: "Dimmi, sai chi sono io?", ma quello, nella migliore delle ipotesi, lo avrebbe respinto annoiato.
No, nessuno poteva dirgli chi fosse. Doveva pensarci da solo e tuttavia non sapeva venirne a capo.
Si chiese se, in fondo, tutto quello che aveva fatto, tutto quello che aveva provato, non era stato nient'altro che una pura reazione, a persone, a cose, a circostanze.
Ma, se era così, poteva allora dire di esistere di esistere di per se stesso, di esistere veramente, o non era piuttosto un prodotto degli altri?
In realtà, dunque, non esisto veramente, non sono che una pura illusione, un sogno e niente più, pensò.
Però il discorso valeva per chiunque, per tutti complessivamente. E allora non esisteva nessuno? Tutti erano un sogno? Sono morto o sono vivo? Siamo morti o siamo vivi? Ma che cos'era la morte e che cos'era la vita? Qual'era il sogno e quale la realtà?
Era stanco ormai e capiva che non esisteva rimedio.
Pagò il conto e uscì.
La serata era veramente bella, sorrise contento: la vita, in fondo, era quella.
Attraversando la strada, un'auto lo investì.
Mentre moriva si chiese: "Che vuol dire?"; poi, una smorfia ironica gli irrigidì la faccia.