Un Sensuale Effluvio
“Abbracciami forte” le parole di Anna erano rivolte ad Alberto i cui pensieri erano rivolti altrove. Una nebbia, a tratti intensa, stava invadendo i monti Peloritani che sovrastano Messina facendo sparire dalla vista il paesaggio. La vista dei fusti degli alti pini si dissolveva pian piano, in lontananza si intravvedeva appena il viottolo inghiottito dalle brume e una casa diroccata nelle cui vicinanze Alberto aveva posteggiato l‘auto. Il paesaggio surreale veniva talvolta illuminato dai fari di qualche automobile di coppiette in cerca di solitudine. All’interno della Opel i vetri si stavano appannando impedendo viepiù la visuale. Alberto abbassò il vetro dello sportello dalla sua parte per contemplare, affascinato, il panorama. Era abbastanza inusitato che in Sicilia, nel mese di aprile, si appalesasse un tempo così invernale, sembrava che la natura volesse ovattare la sua particolare storia d’amore.
Non era nuovo ad avventure ’galanti’ per dirla in stile ottocentesco ma andando avanti negli anni gli capitavano storie sempre più particolari.
Si girò verso Anna ventenne dal seno impertinente e dal ventre piatto dalla bocca deliziosamente infantile e dai verdi occhi ora sorridenti ora tristi ma che in ogni caso gli facevano provare sensazioni di tenerezza, di rimpianto dei suoi quarantotto anni di età, molto ben portati ma che cominciavano a dare i primi segni di futuri ‘acciacchi’.
“Sei signorile, elegante, hai personalità, ti sposerei subito, dove lo trovo un ragazzo che mi soddisfi: i miei coetanei sono insulsi, pensano solo al sesso ma ad un sesso vuoto. Tu mi dai calore, sicurezza e gioia di vivere, quando ti abbraccio mi si riempiono gli occhi di lacrime e quando mi distacco da te sento un vuoto profondo, vorrei tornare indietro…
Siamo venuti qua a guardare il panorama? Ti prego toccami il seno, mi fa tanto male, sai le pillole…, in fondo il sacrificio lo faccio per te…” “Per noi” corresse Alberto.” “Va bene per noi ma toccalo delicatamente anzi bacialo mi piace di più.” Il piccolo seno di Anna si muoveva delicatamente su e giù per il respiro affannoso, Alberto cominciò ad accarezzarlo ed a baciarlo dolcemente tutto intorno come piaceva a lei provocando mugolii di soddisfazione. “Toccami per vedere se sono bagnata sotto.” Anna era sempre bagnata ‘sotto’ quando era con Alberto. “Mi basta sentire la tua voce per telefono ed anche quando siamo fra la gente, se mi guardi in un certo modo, anche senza toccarmi…” aveva confessato la baby, un tipo unico. “La mia amica Cettina ci mette molto tempo, a suo marito lo fa ‘lavorare’ tanto e poi si fa male, me lo dice lei, io invece…” La natura è strana pensava Alberto la genitrice di tanta delizia, Mara, donna dura non apprezzata di certo da un marito grasso e piccolo non solo di statura, conformista e con i santini sparsi per casa non poteva di certo averle trasmesso quella natura sessuale che già a dodici anni la scuoteva tutta. “Coma fa una donna a non amare il sesso? È meraviglioso, mi distende, mi rende allegra, mi bagna le parti intime, mi piace tanto!” “Non fare la razzista all’incontrario” diceva convinto Alberto “Non pensi a quello che dicono le frigide, perlomeno di prenderesti della puttana.” “Mi piace essere mignottella” gorgogliava Anna. Non era facile fare un ragionamento razionale con lei. “Va bene se preferisci la nebbia a me scendo dalla macchina.” Una ventata gelida le fece cambiare opinione, ora sedeva buona buona al suo posto, Alberto non era il solito fidanzato, c’era qualcosa in lui che la attirava in modo notevole. “Tua moglie, hai avuto da dire con tua moglie?” “Non è in città, è da sua madre a Milazzo altrimenti non saremmo qui.” “Ma allora che d’acchiappa, non mi vuoi più bene, dimmelo, ti prego, lo sai che non potrei vivere senza vederti, quando sei andato a Roma da tua cugina…non voglio pensarci, un giorno stavo per prendere l’aereo, lo sai quanto sei importante per me.” I due amanti si erano incontrati circa un anno prima in un circolo di nobili frequentata da gente un po’ snob: i mariti annoiati parlavano fra di loro, talvolta venivano interrotti dalle legittime consorti per un giro di danza, qualche vecchio pensionato, in vena di follie, si buttava con le ultime energie rimaste su qualche giovin pulsella che non riusciva a dir di no a quel brutto satiro. Alberto lontano dalla legittima consorte, annoiato, girava per i locali. Alle pareti quadri di cattivo gusto, forse dipinti da qualche frequentatore del circolo che lo facevano sorridere. Stava accendendo la pipa quando si trovò fra le braccia una fanciulla uscita di corsa dalla toilette delle signore; I fili incandescenti del tabacco si erano sparsi sul vestito dalla signorina ed anche sul suo smoking. Dopo aver spento i vari ‘focolai’ Alberto guardò in faccia Anna, serafico lui, arrabbiatissima lei che aveva preso fiato per aggredire il suo astante ma, guardando la sua espressione, aveva desistito. Il silenzio ed il modo di guardarla tra l’incuriosito ed il divertito le avevano impedito di dare la stura ad una delle sue solite sceneggiate aggressive. Nel frattempo Alberto aveva preso fra le sue le deliziose diafane mani di Anna e, guardandola negli occhi: “Ma così corrono solo le gatte, qualche parente fra i felini?” Fare ammutolire la ragazza non era impresa facile, ma lei non sapeva che dire, ogni frase che le passava nella la mente le sembrava inadeguata alla situazione e poi si sentiva imbarazzata. Ritirò le sue mani da quelle di Alberto e, senza guardarlo in viso, rientrò in sala. “Ehi gatta non ti sarai offesa!” Maledizione le dava pure del tu, mi ha chiamato gatta, ora gli faccio sentire le unghie del felino. Si girò di scatto con lo sguardo fiammeggiante della vendicatrice sospinta da una giusta ira ma la risata di Alberto la colpì bloccandola. “Mi scusi signorina sia per la bruciatura che per l’appellativo di gatta, vede io sono un istintivo e dico sempre quello che mi passa per la mente, non la chiamerò più così, lo giuro, l’appellerò alla francese ‘chatte’” “Questo seguita a prendermi per i fondelli, chi crede di essere, maledetto sfrontato, borioso e impertinente!” Ma la frase era rimasta nel suo pensiero, non aveva ancora pronunziato verbo, cercava qualcosa d’effetto che potesse trarla d’impaccio ma non trovava nulla, meglio il silenzio. “Signorina è la tecnica migliore, lo faccio anch’io quando sono impacciato. “Accidentaccio questo mi legge pure nel pensiero, lo odio…” Stava di nuovo allontanandosi quando si sentì afferrare per la vita, “Anna questa volta era molto infuriata, questa non gliela perdono” Stava per reagire quando si trovò stretta al petto di Alberto, gli occhi di lui la scrutavano dall’alto del suo metro e ottanta, occhi seri, tristi, anche questa volta non reagì. Alberto la lasciò andare, uno accanto all’altro rientrarono in sala accolti da una musica sud‐americana, Alberto la prese fra le braccia e cominciò a ballare. “Lei è l’uomo che non deve chiedere mai, non mi piacciono i presuntuosi.” Si sciolse dall’abbraccio e si allontanò sculettando deliziosamente.
“Alberto dimmi cos’hai, te lo chiede la tua chatte, ti sento lontano.” Il più non giovin signore rientrò nella realtà, la nebbia si era fatta ancora più fitta ed il buio della notte avanzava. “Ho un po’ di paura ti prego di stringerti a me, ne sento il bisogno, lo sai che ti voglio un bene dell’anima.” Alberto invece aveva voglia, una voglia sessuale violenta che gli stringeva lo stomaco come una morsa, tolse le scarpe ad Anna, poi i collant e lo slip, intravide nella penombra le morbide deliziose cosce e affondò la bocca nella deliziosa ‘chatte’ già bagnatissima. La baciò a lungo. Sentì qualcosa di vischioso sulle labbra e sulla barba. Anna si era lasciata andare completamente e respirava forte, ogni tanto si lamentava sommessa e si mise sopra di lei penetrandola facilmente. Sentì che i loro umori si univano, lei si muoveva freneticamente. Alberto sentì che ‘ciccio’ si ritirava lentamente. “Una volta duravo più a lungo, ora…” “Non ti cambierei con un giovane, hai tutte le qualità che desidero, sono molto innamorata di te, talvolta ho paura che tu sparisca dalla mia vita. Ricordo quando ci siamo rincontrati per la prima volta dopo la festa da ballo, era un anno addietro, siamo andati al mare, era aprile, il tempo nuvoloso. Avevo accettato l’invito senza convinzione mi hai fatto delle foto in bianco e nero ed a colori, mi dicevi: guarda verso il mare, meno pensierosa, sorridi meno forzatamente soprattutto con gli occhi, va bene, mi piaci anche seria, imbronciata sei deliziosa; era venuta gente. In macchina al ritorno sentii il desiderio di raccontarti qualcosa di importante della mia vita, non ero più vergine, mia madre mi ucciderebbe, mi ha inculcato l’idea che la verginità è un bene supremo. Ero impiegata presso lo studio di un ingegnere, io geometra lavoravo anche fuori orario. Un pomeriggio, assente la moglie, mi invito a mangiare in casa sua, forse per il troppo spumante ingurgitato non mi sono quasi accorta che quel maledetto mi aveva spinto sul divano e mi aveva violentato. Giunta a casa mi sono rifugiata a letto con la scusa che mi sentivo male. Dopo una settimana mi sono recata da un ginecologo che mi ha confermato che c’erano delle lesioni sulla mia…” Anna rammentando il triste episodio sembrava riviverlo nella realtà, Alberto l’abbracciò e la baciò a lungo cosa che parve calmare la poverina che rispose ai baci e riuscì anche a sorridere poi “Ho capito da tempo che vuoi una giornata completa per noi, organizza tu la…spedizione!”
Alberto ricordò che in passato aveva favorito la direttrice di un albergo in sede di verifica, andò a trovarla. Era una bolognese simpatica: ”Maresciallo a disposizione, la Cesira non dimentica gli amici.” “Dovrei passare qualche ora con una mia conoscente, mi occorre una stanza dalla mattina alla sera.” “Ben bada ben mi indichi la data, sarà servito.” Anna disse a sua madre che voleva passare un giorno a casa di una sua amica, la vecchia per fortuna ci credette e così la baby ebbe via libera un sabato. Alberto la stava aspettando all’interno dell’albergo in compagnia di Cesira che volle la carta di identità di ambedue: “Non vi registrerò ma se viene la polizia…” Quando apparve, la deliziosa era vestita molto elegantemente e dimostrava tutta la sua giovane età. Cesira: “La differenza tra uomini e donne è che se un maschietto si prende un’avventura è un conquistatore, una femminuccia come me una…lasciamo perdere.” La direttrice era stata di parola, la stanza era la migliore dell’albergo e c’era anche un mazzo di fiori. Alberto mise in frigo la ‘mangereccia’ che aveva portato e rimase sbalordito quando Anna apparve nuda dal bagno. “Sei una visione!” la prese in braccio e la depositò sul letto, ovviamente Ciccio era già in posizione, la Gatta istintivamente lo prese in bocca e poco pochi minuti rimase quasi affogata da un mare di sperma; si rifugiò in bagno e riapparve…”Scusami ma non ho mai avuto un’esperienza simile, voglio solo abbracciarci prima di…” La stanza era dotata pure di filodiffusione e Cesira pensò bene di immettere musica romantica, un’atmosfera rilassante e romantica. Alle dodici Alberto aprì i pacchetti contenenti cose buonissime da mangiare. “Basterebbero per un battaglione…” “Mi piace il tuo paragone militare…mia cara mi sto innamorando di te e non so…” “Io lo sono da un bel po’ quindi siamo pari.” Celiò la baby. Dopo un riposino Alberto partì all’attacco, Ciccio sembrava più grosso del solito ed ebbe qualche difficoltà a penetrare la gatta la cui padrona si guardò bene dal protestare anche se aveva provato un po’ di dolore. Dopo un po’ Anna cominciò a respirare sempre più affannosamente sino ad emettere dei prolungati ulularti di piacere, Alberto capì che forse aveva trovato il punto G della deliziosa la quale seguitava imperterrita sino a quando, esausta, pian piano smise e girò di spalle a…suo marito. Ci volle circa un’ora ad Anna per riprendersi, si stirò da vera gatta e si posizionò sopra l’Albertone: “Sembriamo un panino imbottito.” La baby aveva anche il senso dello humor. Dopo un pranzo innaffiato, poco, da un Lambrusco doc restarono in camera sino alla sera. Erano le diciannove quando i due si rivestirono e nella hall ritirarono le relative carte di identità. Un velo di tristezza li avvolgeva , la favola breve è finita, il vero immortale è l’amor (Jaufré Rudel). Per fortuna di ambedue questa volta Hermes, protettore di Alberto, si impegnò al fine che la ‘favola breve’ non fosse più tale e, dopo molte peripezie i due felicemente maritati vissero…vi risparmio il resto. Amici lettori auguro anche a voi tanta fortuna in tutti i campi, specialmente in quello amoroso.