Un singolare colpo di fulmine
C’era una volta un comunissimo ragazzo che, per mantenere il suo anonimato, chiamerò Alessio. Alessio viveva in un anonimo paese, una piccola cittadina dalla storia antica, di circa diecimila abitanti. Era un ragazzo tranquillo e riservato che si teneva lontano da ogni situazione che potesse sfociare in cattive acque. Aveva pochi amici, ma buoni, persone di cui fidarsi nel momento del bisogno e non solo. In una cittadina come quella in cui viveva le persone si conoscono un po’ tutte, ma Alessio non era un tipo popolare, non era uno di quei ragazzi che si mettono in mostra in chissà quale modo. A lui bastavano solo la sua famiglia e i suoi amici, niente di più, ed il paese viveva tranquillamente anche senza conoscerlo.
La grande passione di Alessio era il cinema, amava il cinema. Da un paio d’anni sognava di diventare un grande regista. ‐Vorrei vincere l’Oscar e poi permettermi il lusso di mandare a fanculo l’intera Academy – diceva. Cioè uno come nessun’altro. Amava soprattutto il cinema drammatico, vuoi perché guardare persone che stavano messe peggio di lui lo faceva stare meglio con se stesso, vuoi perché la felicità narrata dai film è sempre stata così paradossale. I suoi film preferiti, non avrebbe mai potuto scegliere l’uno o l’altro, erano “L’Esorcista”, ‐ Mi fa venire i brividi alla schiena – ripeteva ogni volta che ascoltava la colonna sonora del film; e “La sottile linea rossa”. Non ha mai spiegato il perché, ma gli piaceva.
Ad Alessio piaceva molto, anche, il basket ma non si è mai cimentato in questo sport. Invece, per un periodo praticò atletica leggera. Qualcuno diceva fosse anche bravo ma quando arrivò il momento di diventare professionista Alessio decise di abbandonare. Qualcuno gli chiese il perché, ma non ha mai saputo rispondere neanche a questo. In effetti erano molte le domande a cui non sapeva rispondere. Comunque, quando aveva bisogno di rilassarsi, tornava nuovamente a indossare le scarpe da ginnastica e a correre un po’.
Alessio si accontentava di piccole cose: stare spensieratamente con gli amici, magari con una birra in mano, tornare a casa e ritrovare la sua famiglia.
Un giorno, a maggio, Alessio si alzò di buon ora e vide, sbirciando dalla sua finestra, che fuori c’era una bella giornata primaverile. Il cielo era sereno con un paio di nuvole ed un sole che cominciava a farsi sentire. Con il trascorrere delle ore la mattinata si fece ancor più bella, le pochi nubi che erano presenti sparirono all’orizzonte e il cielo acquistò un acceso color azzurro. Il sole divenne ancor più caldo, sembrava che fosse già arrivata l’estate.
Alle diciotto in punto di quel giorno, non si sa per quale ragione, Alessio uscì da casa indossando dei pantaloncini neri, scarpe da ginnastica e maglietta bianca, pronto a correre. Si era da poco alzato un leggero venticello fresco, molto piacevole, che mitigava la calura del sole. Per Alessio correre era una liberazione, il miglior modo per scrollarsi di dosso tutti i malumori che la vita gli aveva riservato. Il tragitto che percorreva abitualmente ha un paesaggio mozzafiato, una strada sull’alto del monte che guarda tutta attorno a sé.
Il vento, intanto, divenne più forte, il cielo si annuvolò fino a diventare coperto e grigiastro. Alessio non si preoccupò più di tanto, mancava poco, ormai, per finire il giro e tornare a casa. Proseguì, quindi, a correre ritornando a perdersi nei suoi pensieri. Lui era un sognatore.
Ad un tratto gli squillò il telefonino. Alessio lo estrasse dalla tasca dei pantaloncini e rispose. Era un suo amico. I due si intrattennero qualche minuto a chiacchierare mentre Alessio continuava a correre a passo lento.
Mentre continuava a parlare al telefono vide avvicinarsi una ragazza. Gli sembrava bellissima. Visse quei secondi lentamente. Pian piano i due si avvicinarono. Era bellissima. Si chiamava Roberta ma questo Alessio non lo sapeva. Lei era più piccola di qualche anno, aveva i capelli biondi, corti, gli occhi blu e un corpo dalle curve seducenti. Alessio ebbe un attimo di smarrimento, per un attimo gli si fermò il fiato mentre quella splendida ragazza gli passava accanto. Per un istante i loro sguardi si incrociarono. Ma durò poco, Roberta proseguì la sua corsa mentre Alessio, rimasto senza parole, si fermò un attimo a guardar fuggire quella bellissima giovane donna, mentre dall’altro capo del telefono il suo amico continuava a chiamarlo senza ricevere risposta.
Fu un colpo di fulmine…
Bizzarra la vita. Quella mattina, guardando il cielo nessuno avrebbe mai pensato che sarebbe mai potuto solo piovere.
In effetti non cadde nemmeno una goccia di pioggia ma solo un colpo di fulmine. Un unico colpo di fulmine nel raggio di cento chilometri. Un unico fulmine che colpì lo sfortunatissimo Alessio.
Ci fu un boato fortissimo. Roberta cadde a terra spaventata e frastornata. Per qualche secondo ogni abitante del paese si fermò ad ascoltare il boato di quel fulmine. Poi si guardarono tra di loro e si chiesero cosa fosse stato.
Dopo qualche istante Roberta si rialzò, si voltò e vide del fumo alzarsi verso il cielo. Ancora impaurita si avvicinò con cautela alla fonte di fumo. Poi un urlo. Lo sentirono in tutto il paese, più forte del boato che il fulmine aveva causato. Nel paese si guardarono tra di loro e senza dire una parola si chiesero: ‐ Ma che cazzo sta succedendo?
Roberta scappò via, correndo più forte che poteva. Qualche minuto più tardi giunsero i soccorsi: arrivarono i pompieri, un'ambulanza e i carabinieri. Ma non c’era niente da fare, ormai di Alessio era rimasta solo una carcassa bruciata. Era uno spettacolo orrendo. Pian piano giunsero, anche, folle di curiosi che ebbero il dispiacere di assistere a quella macabra scena. Bastarono un paio di minuti perché la notizia di quella raccapricciante morte si spargesse in tutto il paese. Ma nessuno sapeva ancora chi fosse la vittima di quello sfortunato avvenimento. Dopo aver fatto il giro di tutto il paese, la notizia giunse infine ai genitori di Alessio. Ed allora si poté dare un nome a quello sfortunato ragazzo.
Fu una scena insopportabile, per tutti. Non si poteva restare indifferenti di fronte al dolore dei genitori che piangevano il loro figlio. Il passaparola svelò silenziosamente il nome della vittima. Il nome di Alessio fu bisbigliato da una bocca all’altra. ‐Ma chi è questo Alessio? – si chiesero tutti. ‐Il figlio di… ‐ rispondeva qualcuno, ‐Ah! – esclamavano allora.
‐Ma chi è questo Alessio? – continuavano a domandarsi.
Finalmente i resti di Alessio furono raccolti e portati via. Sull’asfalto restò una macchia nera, di bruciatura. Fu a questo punto che una persona disse: ‐Era un ragazzo dolcissimo, non meritava di fare questa fine.
E così che cominciò tutto.
‐Era altruista, aiutava sempre i bisognosi, non si tirava mai indietro. – oppure, ‐Era la persona più intelligente che avessi mai conosciuto, mi mancherà tantissimo. – Ci fu addirittura chi disse: ‐Una volta mi salvò la vita, gliene sarò grato in eterno.
Le ore passarono, giunse la notte, ma il paese non riusciva ad addormentarsi, nessuno avrebbe potuto dormire dopo un evento del genere, così la gente continuò a raccontarsi quanto esemplare fosse stato Alessio, quanto fosse simpatico, allegro, divertente, bello, intelligente, altruista, buono, generoso, coraggioso, umile. Mentre i suoi familiari e gli amici rimasero in silenzio chiusi nel loro dolore.
Il giorno dopo sul luogo dell’incidente la gente cominciò a portare mazzi di fiori per esprimere il loro dolore. Piccoli mazzetti di fiori di campo. Poi ad un tratto arrivò qualcuno che pose un grosso bouquet di fiori dal diametro di un metro. ‐Io lo conoscevo bene, il mio dolore è più grande del vostro, e lo dimostro con questo gesto – disse la persona che portò quell’enorme cesto di fiori.
La mattina seguente si svolsero i funerali a cui prese parte l’intera popolazione, non mancava nessuno, uomini, donne, bambini, anziani, invalidi, tutto il paese decise di fermarsi per quel giorno. Tutti i negozi rimasero chiusi per lutto, ogni attività fu sospesa per cordoglio verso la famiglia di Alessio. La chiesa non era grande abbastanza così all’esterno si formò un’immensa folla di gente che accolse il feretro con un interminabile applauso.
La sera, verso le venti, un uomo, con la moglie i suoi due bimbi, uscì, candele in mano, iniziando una fiaccolata per ricordare Alessio. Camminando per le strade del paese si aggiunsero delle altre persone, poi degli altri ancora, e ancora. I genitori e gli amici di Alessio rimasero senza parole nel vedere l’intera popolazione che, candele in mano, si dirigeva verso il luogo dove Alessio si era spento. La folla rimase fino all’alba a pregare per quel povero ragazzo.
La mattina, ancora stremati dal dolore per la morte di Alessio, nessuno aveva voglia di ritornare alla vita normale. Così il Sindaco dichiarò che quel giorno ci fosse lutto cittadino. In tal modo ognuno poteva rimanere ancora a piangere per Alessio.
Un gruppo di persone decise di fondare un’associazione benefica in nome di Alessio, con lo scopo di aiutare tutti coloro che ne avessero bisogno. –Alessio era un ragazzo dal cuore d’oro. Dava una mano a chiunque gli chiedesse aiuto. Con questa associazione noi vogliamo ricordarlo per il suo altruismo, la sua virtù maggiore – disse il neopresidente ad un giornalista locale.
Un ricco imprenditore locale decise invece di dedicare al povero Alessio un monumento commemorativo, che fu costruito sul luogo dove era ancora visibile la chiazza nera di bruciatura. I lavori furono celeri, l’opera fu realizzata in soli due mesi. Adesso dove cadde quel fulmine si erge una discutibile piramide di bronzo, alta venti metri ed una base di cinque metri per cinque, con una targa in cui è inciso “Per ricordare Alessio”.
A questo punto il sindaco del paese sentì il dovere di indire immediatamente un lutto cittadino fino a nuovo ordine. Dopo di che iniziarono ad essere raccolte firme per cambiare il nome del paese in Alessiopoli. Quasi tutti firmarono quella richiesta, gli unici che non la firmarono furono i genitori e gli amici di Alessio.
‐L’intera cittadinanza si è mossa per offrire la giusta commemorazione ad Alessio, solo loro – disse uno indicando i genitori e gli amici di Alessio – non hanno reso il giusto ricordo. Io propongo di esiliarli dal paese. – avanzò poi.
La proposta fu approvata dall’intera popolazione e qualche giorno più tardi i genitori e gli amici di Alessio furono allontanati a vita dalla cittadina.
La portata del fenomeno acquistò sempre una maggiore grandezza. Giunsero i giornalisti e le televisioni. Furono scritti articoli da prima pagina, saggi, furono realizzati servizi televisivi…
Poi, un giorno, molti anni dopo, quando ancora era in vigore il lutto cittadino, un piccola bambina di otto anni, dopo aver fatto una passeggiata in bicicletta ed aver letto la targa della piramide, chiese al suo papà: ‐Papà, chi è Alessio? – Ma il padre non seppe risponderle.
Sono passati tanti anni da quella vicenda, e nessuno ha mai saputo chi fosse stato, veramente Alessio. Io lo conoscevo e devo dire che non c’era motivo di creare tutto questo trambusto per un coglione capace di farsi beccare dall’unico fulmine caduto nel raggio di cento chilometri.
Eppure gli volevo bene.