Un sogno del terapeuta
Sogno un luogo onirico ricorrente. Da un'alta scogliera mi affaccio sul grande golfo di Napoli. Sulla mia sinistra intravedo il lungomare, il porto, due castelli e vari altri edifici monumentali, di fronte lontanissimo un promontorio con piccoli paesi arroccati ed a destra tre grandi isole nere. Il mare è azzurro chiaro, ci sono onde morte altissime e non c'è quasi corrente. L'acqua è appena fresca, deliziosamente fresca, e molto profonda. Io entro in quell'acqua tanto incredibilmente limpida che ho la sensazione di volare leggero e sicuro. Non sono solo, sento sulle spalle e sulla schiena il contatto leggero di una donna, mi volto e la vedo giovane e familiare. Penso dapprima a mia figlia. Nuoto, o volo, fluidamente verso il largo, mentre il cielo diventa di un azzurro sempre più intenso e brillante. Non si vede quasi più la costa dietro di noi ed il promontorio davanti, in breve, è avvolto da nuvole immense e scure. Si alza un vento sempre più teso ed io giro lentamente sulla sinistra. Virando scorgo la città con i suoi due castelli, uno sul monte e l'altro sul mare, avvolti da alte fiamme. Completata la virata sollecito con dolcezza la ragazza a lasciare la mia schiena e lei al mio fianco inizia a nuotare sempre più vigorosamente. Mi accorgo che non è mia figlia ma che, in ogni caso, per lei provo interesse e responsabile premura. Il mare ora è molto agitato ed io confido nelle mie forze per arrivare con sicurezza alla riva. Provo la piacevole euforia di chi si sente in grado di far fronte a qualsiasi difficoltà della vita. Con la coda dell'occhio intravedo la ragazza che nuota al mio fianco. Poi devo superare un banco d'alghe viscide ed impanianti e più avanti una serie di scogli a pelo d'acqua. Tra gli alti spruzzi delle onde, che si frangono sballottandomi, supero le correnti avverse e finalmente approdo in una tranquilla baia affollata di bagnanti che si asciugano e si rivestono per tornare alle loro case. Uscendo dall'acqua mi accorgo di essere rimasto solo. Per un attimo provo spavento e preoccupazione per la sorte della mia giovane compagna. Ma l'angoscia dura poco ed io sono presto pervaso da una grande serenità. Sento che lei se l'è certamente cavata alla grande contando sulle sue forze e sulla sua nuova, acquisita, sicurezza e che se si è diretta ad una sua meta che non coincide più con la mia è perché non ne avverte più la necessità. Io mi sento felice e soddisfatto per averla affiancata e sostenuta in quest'esperienza.