Una levataccia
Una levataccia, stamattina, senza alcun motivo. Mi ero addormentata con il televisore acceso, fatto strano per una come me che ama rilassarsi a letto godendo di programmi interessanti. Alberto Angela disquisiva sulle ultime scoperte di una Pompei diversa. La storia mi è sempre piaciuta perché permette di capire il presente. Ho immaginato gesti di vita quotidiana tra le mura di quegli ambienti, portati alla luce dalle mani di attenti archeologi. Mi sono lasciata andare, cullata dalla sua voce. Tre ore di sonno, quelle sono le ore in cui ho dormito. Quelle in cui ho elaborato pensieri a cui non ho dato la luce, come se i lapilli avessero coperto tutto. Un primo caffè seguito a poca distanza da un secondo. Una lentezza di movimenti assurda, la voglia di andare avanti da stabilire. Bisogna essere felici di alzarsi, mi rimbomba questa frase nella luce mattutina. Riflettevo su quanto sia difficile trovare la motivazione per affrontare una giornata iniziata male. La mente, ancora intrappolata nei sogni, lotta per adattarsi alla realtà. E così, mentre sorseggio il mio caffè, sento crescere dentro di me una nuova determinazione. La luce del mattino non è solo una promessa di una nuova giornata, ma anche di nuove opportunità. Mentre tento di far partire l'auto che gira a vuoto. Ecco, di nuovo la batteria. Mi fermo giusto il tempo di respirare e riprovo, magicamente si riavvia. Nella lunga lista delle imprecazioni non ho lasciato nulla al caso. La spesa da fare, cose da organizzare, mi avvio verso l'inizio di una giornata alquanto strana. Lungo la strada che percorro ogni giorno, volgo lo sguardo lungo il tratto ad angolo dove ci sono sempre state le oche. Un piccolo stagno artificiale, direi piuttosto una pozzanghera, dove le suddette amano starnazzare. Normalità, non direi. Sono cambiate tante cose.