Una Massa Di Furbacchioni
Furbi o astuti che dir si voglia si nasce o si diventa? Facendo mente locale può venire in mente Ulisse e poi Gesù Cristo il quale, ad una domanda capziosa di alcuni Farisei se la cavò furbescamente affermando: 'Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio'. Da non dimenticare Chichibio cuoco di un signorotto che, dopo aver cucinato una gru (una specie di airone) se ne era mangiata una coscia. Con una battuta si era salvato dalle ira del padrone. Ai nostri tempi la maggior parte delle persone cerca di emergere a spese altrui nel campo del 'vile' denaro. Poco credibili sono i cotali che affermano che i soldi non fanno la felicità, tranne per la salute o forse anche per quella i quattrini sono indispensabili. Antonio Giolitti coltivava a San Severo in quel di Foggia un piccolo appezzamento agricolo di sua proprietà ma la terra gli dava la possibilità solo di sopravvivere, aveva progetti per una esistenza migliore. A miglior vita era passato Vito Giolitti un suo zio residente da tempo a Roma, esercitava la professione di barbiere, aveva lasciato in eredità ad Antonio oltre al suo negozio di barbieria in via 4 novembre anche un appartamento sovrastante. Antonio vendette il suo terreno e si trasferì nella capitale. Una mattina stava per uscire di casa per andare al bar quando: "Ci t'è muerte Coddhru Stuertu, ci stà fase a Roma?" Antonio aveva quel soprannome di collo storto in quanto sin dalla nascita aveva la caratteristica del collo piegato a destra, pensò bene di non dar confidenza a quel paesano invadente, proseguì per la sua strada, in futuro avrebbe posto un foulard sul collo. La barbieria di via 4 novembre era vicino alla Camera dei Deputati i quali in gran numero erano clienti di suo zio, ora erano diventati i suoi. Antonio cambiò il modo di vestire per essere in linea con un ambiente elegante e chic. Dopo poco tempo era il 28 ottobre 1922, tutto cambiò in Italia ed in particolare a Roma, Mussolini con la marcia dei Fascisti su Roma cacciò il governo Facta e si insediò a Palazzo Venezia, in giro c'era aria di epurazione dei vecchi dirigenti. Un affezionato cliente della barbieria di Antonio ben ammanigliato con i burocrati della capitale lo consiglio e lo aiutò a cambiare nome e cognome, Benito Bianchi in onore del Duce e di un suo fedele seguace. Presto i nuovi governanti, tutti aderenti al P.N.F. (Partito Nazionale Fascista) si insediarono nel nuovo palazzo del governo, diventarono anche loro clienti di Benito Bianchi e festeggiarono la rinnovata struttura della barbieria tutta ispirata ai valori del Fascismo. All'inaugurazione un brindisi con un italianissimo vino bianco, il Pro Secco di Valdobbiadene. Benito fece una 'minchiata' nel senso che ospitò a casa sua una paesana che ebbe la 'cattiva idea' di rimanere incinta. Nacque Adinolfo che prese il cognome del padre, la madre, insalutata ospite sparì dalla circolazione. Benito non si perse d'animo, ingaggiò Morgana Manno una balia come di moda allora per allevare il figlio il quale ben presto dimostrò un carattere aggressivo, invece di succhiare la tetta aveva preso l'abitudine di schiacciare i capezzoli con le gengive. Morgana chiese ed ottenne di passare al biberon. Sola al mondo restò in quella casa come factotum sino al quindicesimo anno del piccolo ma poi, stanca delle angherie subite, lasciò l'abitazione che l'aveva ospitata per tanti anni, si era 'rotte le scatole' di quel ragazzino che cresceva combinando monellerie a non finire. Adinolfo dopo le scuole medie fu iscritto alla quarta ginnasiale ed in quella scuola ancora una volta mostrò le sue caratteristiche negative. Aveva scovato un negozio di scherzi di carnevale, alcuni prodotti erano innocenti altri molto meno in riga con il carattere del giovane. Scuola mista, maschi e femmine nella stessa aula, ad Adinolfo capitò come compagna di banco Laura Marzioni che ben presto maledisse quella vicinanza. Un primo assaggio le capitò una mattina quando alle dieci e trenta, all'uscita dall'aula degli studenti per l'intervallo Adinolfo le buttò sui capelli dei pidocchi di plastica acquistati nel negozio di scherzi di carnevale, titolare Proietti Fulvio. "A. ragazzi, vacce piano, c'è chi s'incazza." Laura avvisata dalle compagne di classe si mise a piangere quando si accorse dei pidocchi, scappò dalla scuola e solo a casa sua si accorse dello scherzo. Adinolfo fece orecchie da mercante all'avviso di Proietti dal quale acquistò un petafono sorta di camera d'aria ovale con un'apertura sfrangiata che, pressata emanava un forte suono tipo peto. Il giovane graziò Laura ma colpì Angela Sferrazza insegnante di matematica materia in cui il ragazzo 'zoppicava'. La dama nubile, cerea in viso, gambe storte, bassotta, era odiata dagli studenti. Una mattina appena entrata in aula fulminò con lo sguardo tutta la classe in attesa di una vittima che avrebbe interrogato con sicuro esito negativo per l'interessato o l'interessata. Appena seduta un suono forte ed inconfondibile di un peto...tutti gli studenti insegnante compresa rimasero di stucco. La signorina Sferrazza rinvenuto il corpo del reato lo portò in direzione. Il preside messo al corrente del fatto stava per ridere, riuscì a trattenersi. Ragguagliato in quale classe era accaduto il fatto comprese subito chi poteva essere il colpevole: "Signorina per oggi vada a casa, ci penserò io a punire l'alunno." "Adinolfo dovrei farti sospendere da tutte le scuole del Regno, non mi dire che non sei stato tu, per stavolta ti farò solo cambiare istituto, andrai al Tito Lucrezio Caro, li non ti illudere di farla franca, se ti comporterai male il preside non scherza." Dopo pochi giorni di insediamento nella nuova scuola Adinolfo non resistè anche perché si era nel periodo di Carnevale, andò dall'amico Proietti. "Mon ami, stavolta voglio fare il botto, dammi qualcosa che farà epoca, stì professori novi sò peggio de li vecchi!" E botto fu, una fialetta contenente un liquido puzzolente fu posta sotto la sedia dell'insegnante di lettere. Una volta seduto la fialetta si ruppe, un gran puzzo fece scappare tutta la classe nel corridoio. La notizia si sparse fra gli studenti e fra i professori, Adinolfo stavolta non fu perdonato, espulso da tutte le scuole del Regno. Papà Benito tutto sommato prese bene la notizia, per la testa aveva altri problemi ben più importanti, iscrisse il figlio ad una scuola privata con la minaccia di mandarlo all'Istituto di correzione 'Gentile' che di gentile aveva solo il nome, all'interno disciplina ferrea, nessuno scherzo ammesso pena grosse punizioni. Il giovane finalmente capì la lezione, si mise a studiare di buzzo buono meravigliando per primo il genitore, un motivo c'era, aveva come compagna di classe una ragazza di Perugia dall'aspetto piacevole. Sofia Cardinali era molto ambita e corteggiata dai maschietti ma con scarsi risultati, se la rifaceva solo con le compagne femminucce. Adinolfo se ne stava innamorando pur non frequentandola, sembrava una modella. Le difficoltà erano per il giovane uno stimolo per impegnarsi a raggiungere lo scopo ma i corteggiamenti dei maschietti non andavano a buon fine allora? Ci voleva uno scossone per far cedere la corazza della baby, pensa e ripensa il giovane ritenne che il modo migliore per conquistarla fosse in primis non girarle attorno e poi farla impietosire, le ragazze di solito sono sensibili alle tragedie, quale evento migliore che la morte di un parente prossimo? Per una settimana Adinolfo non si presentò in aula, l'ottavo terzo giorno comparve con una fascia nera al braccio e faccia da funerale, alla domanda di spiegazioni dei compagni di classe: "È morto mio padre." Manifestazioni di cordoglio e abbracci da parte degli altri alunni. Alla fine delle lezioni Sofia lo intercettò e: "Era ammalato tuo padre?" "I dottori hanno certificato il ictus, adesso sono proprio orfano, anche mia madre in passato..."Sofia lo prese sotto braccio, stavano uscendo dall'istituto quando il bidello Carmine: "Fori ce stà tu padre con 'na Mercedes." "Stronzo è una Maserati!" "Mercedes o Maserati sei un bugiardo, non voglio mai più vederti pezzo di imbroglione!" La frittata era fatta, la sceneggiata non aveva portato al finale previsto. Gli avvenimenti politici italiani avevano portato aH'avvicinamento di due regimi dittatoriali Fascismo e Nazismo. Hitler fu invitato a Roma e con sfarzo di manifestazioni festaiole fra lui e Mussolini fu sottoscritto il 'Patto d'Acciaio' che tanti lutti avrebbe portato agli italiani. Quei fatti non toccarono Benito che seguitò il suo lavoro ma importanti avvenimenti stavano accadendo anche per lui. Per il regime fascista era stata una vergogna l'emigrazione degli italiani nelle Americhe soprattutto negli Stati Uniti. Mussolini ordinò di inviare il piroscafo 'Cavour' a New York per imbarcare gli italo americani che volevano ritornare nella madre patria. Fra gli imbarcati un certo Mike Jacocca, quarantenne, prestante nel fisico i cui nonni erano emigrati a New York. Una settimana di navigazione e poi il piroscafo attraccò al porto di Ostia. Sul molo una folla festante con gagliardetti fascisti e con scritte di ben tornati. In tanto tripudio di manifestanti nessuno della Dogana pensò di controllare i bagagli dei passeggeri, sarebbe stata per loro un'offesa. Benito, uno dei pochi che erano titolari di un telefono, prima di chiudere il locale per andare a pranzare ricevette una telefonata: "Ti aspetterò dinanzi la porta di casa tua." Che fosse uno scherzo? Non lo era, un distinto signore sostava dinanzi all'ingresso. "Sbrigati, aprì la porta, nessuno mi deve vedere!" Appena all'interno: "Sono arrivato in Italia col piroscafo 'Cavour' proveniente da New York, nel mio passaporto risulto essere Mike Jacocca, i nostri nonni erano amici per questo mi rivolgo a te, non ho fatto in tempo a mangiare..." "Vediamo quello che ci ha preparato Claretta, tutti cibi romani, ti dimenticherai le sbobbe americane!" Mike gradì anche il caffè espresso, quello lungo americano era una brodaglia. "Sto per confidarti qualcosa . di molto riservato, il mio vero nome è un altro, faccio parte dell'A.I.A. ‐ Air Intelligence Agency, sono riuscito a portare in Italia un baule con tanti falsi biglietti di lire italiane nascoste in un baule sotto uno strato di vestiti, alla Dogana non l'hanno controllato, ho a disposizione una villa all'Olgiata e in dotazione una piccola radio trasmittente ad onde corte che capta le stazioni italiane e tedesche, ha una portata sino agli States, siamo riusciti a decifrare il codice segreto sia dei tedeschi che degli italiani, i quattrini che ho con me, coniati in una zecca americana servono a mia copertura. In un terreno vicino casa mia aprirò un centro per la G.I.L. ‐ Gioventù Italiana Littorio ‐ dove potranno divertirsi i 'Figli della Lupa', gli 'Avanguardisti' e tutti gli iscritti al partito fascista, non importa se costerà un bel po' di soldi, comprerò tutti i giornali ispirati al partito, giusto oggi ho letto un articolo del 'Balilla' in cui venivano sbeffeggiati i governanti americani ed inglesi: 'Rusveltaccio, posa piano presidente americano chiede aiuto e protezione al ministro Ciurcillone'. Roosvelt posa piano perché è stato ammalato di poliomelite, Ciurcillione si riferisce a Churchill ministro inglese. Domani inizieranno i lavori, ho dato come acconto centomila lire al titolare di una ditta di costruzioni che mi ha promesso di far lavorare gli operai in due turni giornalieri, il progetto è stato redatto dall'architetto Paolo Romagnoli che mi dicono molto bravo. Per il tuo lavoro di barbiere assumi un sostituto, questi ordini vengono dall'alto, da quello che mi risulta da noi non c'è stato mai un tradimento..." Quella frase smozzicata era un chiaro avvertimento, brutta fine per i traditori! Benito rammentò al suo interlocutore un verso di Dante: 'Il traditore fu ucciso ma se le mie parole esser dien seme che frutti infamia al tffclitor ch'i' rodo.' "Non pensavo che un barbiere...ad ogni modo complimenti, non amo gli ignoranti." Il giorno dell'inaugurazione della casa della G.I.L. ‐ Gioventù Italiana Littorio ‐ Benito invitò il figlio Adinolfo. Gran folla di Fascisti plaudenti, si erano presentati anche alcuni gerarchi imponenti che all'arrivo salutarono Mike con il saluto fascista e: "Per il Duce Eia, Eia Alala!" Adifolfo pensò ad uno dei suoi scherzi, Benito gli lesse nel pensiero: "Non ci provare, ti rompo la testa!" Dietro le transenne in prima fila... una Sofia cambiata ma sempre bella, era sottobraccio ad un gerarca dalla pancia sciabordante vestito di nero: "Babbo (papà era stato abolito dal Fascismo) questo è Adinolfo un mio ex compagno di scuola, lo volevo sposare, a ma lui mi ha preso in giro..." "Piccola mia dì la verità lo rimpiangi?" A Sofia uscì qualche lacrima dagli occhi. "Vede dottore (a Roma tutte le persone importanti sono dottori) sua figlia anche adesso è favolosa, ma in quanto a carattere..." "Ha preso tutto da sua madre buonanima, fate pace e soprattutto fatemi diventare nonno!"