Una moglie sotto la sferza
Adulti XXX. Vietato ai minori. Sesso esplicito, sadomasochismo.
Vogliamo ringraziare S. Angelica, che ha confezionato per noi questo racconto, ispirato a un suo intrigante ricordo.
Angelica è una giovane donna che ha abbandonato la vita monastica da alcuni anni; nessuna particolare divergenza l’ha indotta a farlo, quanto una sua personale ricerca di libertà e voglia di vivere a modo suo, senza eccessive imposizioni né regole. Oggi scrive, crea oggettistica pregiata, grazie alla preparazione acquisita in gioventù, e si dedica al suo giardino, dove non mancano fiori rari ed erbe piene di incredibili virtù.
Ha deciso di inviare qualche racconto al eQueens Project perchè, dopo esserci conosciute, la sua memoria le ha riportato alla mente un periodo assai particolare dell’esistenza, contraddistinto da una straordinaria serie di eventi.
Un giorno, quando era solo una ragazza, le venne ordinato di rassettare un vecchio scantinato, dimenticato e pieno di cianfrusaglie; per puro caso scopri, nascosto da un grosso stipo, uno stretto passaggio che si perdeva nel buio, verso l’ignoto.
Qualche anno più tardi, memore di quella scoperta, per scacciare la noia, si decise, nottetempo, a procedere a una ricognizione nel vecchio ripostiglio. Grande fu la delusione: il cunicolo scavato nella roccia, s’inoltrava per molti metri, ma non nascondeva alcun tesoro, né reliquie dimenticate e nemmeno “un ossario dei Cappuccini”. Terminava davanti a una solida parete, di legno antico, che neanche a colpi di piccone sarebbe stato facile abbattere.
Qualche giorno dopo, Angelica, scoprì di avere perso la chiave del suo stipo, la cercò ovunque ma senza successo. Prima di decidersi a scardinare il vecchio portello, si ripromise di dare un’occhiata nell'antico passaggio segreto. Così, la domenica successiva, poco prima della messa in Cattedrale, approfittò del trambusto per infilarsi nel budello. Fortunatamente la chiave era lì, proprio davanti alla parete lignea; quando Angelica si voltò, per tornare sui suoi passi, alle sue spalle una voce maschile tuonò:
«… e allora? Cos'hai fatto?» la suora trasalì, spaventata e confusa, e solo quando si riprese dallo spavento, trovò la forza di voltarsi. Dovette constatare di essere irrimediabilmente sola. Allora si fece più attenta: le voci che si sentivano erano due, una, forte e stentorea, era sicuramente quella di don Livio, il Rettore della Basilica, l’altra, più bassa e ovattata, doveva essere di un compaesano, che stava confidando al prete i suoi peccati.
Di là della parete misteriosa, quindi, c’era il confessionale della Chiesa grande e, di sicuro grazie a qualche antico marchingegno, dal cunicolo era possibile ascoltare distintamente le confessioni.
In seguito suor Angelica indagò con discrezione, scoprendo che il cunicolo era del tutto dimenticato; così, nei momenti in cui le era possibile, quello divenne un intrigante diversivo alla monotonia delle giornate in convento. Da quella postazione segreta, Angelica apprese molti peccati, alcuni orribili, e altri decisamente eccitanti.
Di alcune di quelle storie, l’ex‐suora ha scritto una memoria che oggi, approfittando del Progetto, ha deciso di condividere in perfetto anonimato.
Ofelia sotto i colpi
Ci sono persone ingenue che si conoscono e fanno un abile uso della loro ingenuità.
(François de La Rochefoucauld)
1 ‐ Ofelia
Quando Ofelia era solo una ragazzina dovette vedersela con Sam. Sam era il ragazzo di sua sorella, quella grande, che aveva già diciannove anni.
Sam giocava spesso con lei perchè stava quasi sempre a casa loro. Giocando, giocando, iniziarono a fare anche la lotta. Naturalmente il ragazzo era molto più forte di lei e vinceva. Riusciva a immobilizzarla e, dopo di questo, la sculacciava scherzosamente... più o meno, ora era sulle natiche, ora sulle gambe, a volte anche sui seni turgidi, spuntati da poco e con i capezzoli appena abbozzati.
Col passare del tempo, Sam picchiava sempre più forte e Ofelia, sentiva sempre più male; ormai la lotta era diventata solo una scusa, serviva ad arrivare sempre alla stessa conclusione: lei perdeva, Sam la bloccava ma non la puniva più, perlomeno non davanti a tutti. Intanto, chi girava per casa in quei momenti di baldoria, non aveva il tempo né la voglia di interessarsi ai giochi scalmanati, di quei due matti: una ragazzina insignificante e un giovanotto rimasto un po’ infantile.
Ofelia rimaneva in “debito” di una, a volte anche di due, punizioni, che le venivano inflitte in separata sede. Al momento opportuno, quando capitava che restassero un po’ in disparte, o che potessero incontrarsi da soli nel garage di casa, Sam aspettava la ragazza e la puniva, e lei sapeva di doverlo subire. Era un patto segreto, sancito senza parole e nato, quasi spontaneamente, tra i due.
A un certo punto, in Ofelia, intervenne un elemento misterioso, che cambiò il dolore, la rabbia e l'umiliazione in qualcosa di diverso... di strano e indescrivibile.
Quasi sempre il ragazzo si sedeva e la teneva poggiata sulle sue ginocchia; quando la colpiva, Ofelia sentiva sempre, sotto il pancino, una protuberanza viva, gonfia e dura, che le faceva torcere le budella e le riempiva la mente di un segreto e sconosciuto senso di piacere. Piacere che le restava in corpo anche dopo, quando Sam andava via. Piacere che si placava solo quando la fanciulla, nel suo lettino, si cercava la patata, che aveva continuato a trasudare per tutta la serata, indipendentemente dalla sua volontà. Allora, approfittando dell'umido vischioso che trovava, v’infilava facilmente le dita. Se ne stava supina e si masturbava a lungo, fino a venire. Mentre si donava questi primi momenti di voluttà le capitava sempre di cercare, con la mano libera, quei punti dove Sam aveva picchiato duro, li trovava e si dava da sola dei feroci pizzicotti, compiacendosi di rinnovare il dolore che, invece di abbatterla, la mandava in estasi, moltiplicando all’infinito la sensazione di piacere.
Nel reciproco e tacito silenzio, la cosa andava oltre, e sempre di più, tant'è che la giovane Ofelia, ormai doveva stare attenta quando si spogliava, perché le sue natiche e il retro delle sue ginocchia erano spesso costellati di segni rossi o di lividi bluastri.
Il tempo passò, Sam sparì e Ofelia divenne una donna. Sposò Mimmo, un ragazzo meraviglioso, buono come il pane. La loro vita era felice, e Ofelia aveva scordato del tutto i suoi giochi infantili, e faceva regolarmente l’amore con il giovane marito. Solo a volte, quando le capitava di masturbarsi in solitudine, per raggiungere il massimo del godimento, si cercava automaticamente il sedere, pizzicandosi forte, fino a sentire dolore vero. Raramente, quando il desiderio di sentire male si presentava più incessante e violento, toglieva l’ago da due o tre siringhe sterili e, con estrema voluttà, se lo infilava completamente nelle morbide natiche. Accadeva nel bagno, quando poteva ammirarsi grazie al grande specchio, quando le goccioline di sangue erano evidenti e traboccavano di libidine.
2 ‐ Ragazza Manga
Operare nel settore immobiliare al servizio di un'Agenzia seria e competente; avere una florida e soddisfacente zona operativa, ottenere risultati e riconoscimenti, era una gran soddisfazione! Soprattutto a trent’anni. Senza falsa modestia, voleva dire aver lavorato sodo, con dedizione e correttezza. E questi erano i Pro. Di contro, le giornate senza appuntamenti erano noiose, per chi non aveva altri obiettivi che migliorare lo status sociale e, di conseguenza, la felicità della sua famiglia, specialmente in quel particolare periodo.
«Madre mia, che topa!» urlò Ennio, un giovane agente che si stava trastullando col PC. Chiamò a gran voce Mimmo, che si lasciò convincere dalla sua euforia e lanciò un’occhiata alla foto, arrivata sulla mail di Facebook. Osservò con espressione sarcastica quella ragazza che si presentava in vesti succinte.
«E chi ti dice che è veramente lei?»
«Infatti» ammise Ennio «ma, alla fine, è solo un gioco, no? Un passatempo... Se son rose, fioriranno!»
«Non fa per me!» disse Mimmo.
«Ma dai, perché?» insistette Ennio «sempre meglio che farsi le palle col Solitario. Sai chi ho tirato “dentro”... e adesso mi ringrazia? Nientedimeno che Gino, the Boss!»
Non è che Mimmo ne fosse troppo convinto, Gino era il suo capo ma, prima di tutto, un caro amico. Avevano cominciato praticamente insieme, in quella che era stata la nuova sede: Mimmo, alle prime armi, ma pieno di buona volontà, e Gino, al suo primo incarico manageriale. Con fiducia e rispetto reciproco, avevano lavorato sodo: ora, l'Agenzia di via Roma era diventata un ufficio importante e con molti collaboratori.
«Perché dici di no? Gino è separato, lo sai! Gli ho fatto aprire un profilo da "Cucador" su Badoo e si diverte pure nei gruppi spinti di Facebook. Sai come si è soprannominato?» il giovane agente sogghignò, «Padrone per Schiave! Ha detto: “Se mi devo buttare nella mischia, devo farlo alla grande!” Che tipo, il Boss!»
«E’ solamente il culo del principiante!» sentenziò Gino alla volta di Mimmo che intanto se la ridacchiava, pur lievemente imbarazzato. Ennio, alle loro spalle, spiava lo schermo del PC, e sbavava. Da qualche settimana la pausa pranzo era diventata un momento di caccia febbrile. Si spezzavano gli schemi di routine e iniziavano a spassarsela. Anche Mimmo si era lasciato convincere, ora si chiamava "Predator" e partecipava nei gruppi, scherzando e lanciando esche virtuali, niente di particolarmente peccaminoso, ovviamente. Per lui era solo un gioco, più o meno. Un lunedì aveva stretto l’amicizia con una che si presentava come donna. Il suo nick‐name era Ragazza Manga. Conquistata da Predator (Mimmo), forse grazie alla sua correttezza nell'esprimersi, Ragazza Manga, in una settimana di chat pomeridiane, gli aveva raccontato un po’ della sua vita e anche qualche sogno nascosto, qualche segreto della sua libido.
La misteriosa interlocutrice postava immagini prese dai fumetti “anime”, del tipo erotico, ritraevano fanciulline dagli occhioni innocenti e dal corpo da teen‐ager, scopate con soddisfazione e accanimento da giovani amanti o da mostri improbabili. Tutti, indistintamente, erano superdotati e infilzavano le ragazze, facendo lanciare loro gridolini di dolore. Intanto, dalle fighette straziate, colavano goccioloni di piacere intenso. Da un paio di giorni Ragazza Manga, in privato sembrava voler concedere, al suo Predator, qualcosa in più... Gli aveva inviato alcune immagini, che lei diceva sue, e scattate appositamente per lui. Se era vero, si era servita di uno specchio, indossava sempre biancheria semplice, quasi infantile, bianca o rosa.
Ai colleghi invidiosi si rizzavano i capelli, invece Mimmo non era il tipo da spingere troppo; quel gioco rischiava di diventare eccessivamente intrigante e lui non voleva che accadesse niente del genere; fin troppo innamorato della sua sposa, la rispettava con tutta l'anima.
Chissà: se quella storia non fosse stata tanto palese, condivisa come un gioco davanti agli amici che, ormai, sapevano tutto; se la sedicente ragazza, nell'offrirsi ogni giorno di più, tra gioco e realtà, non avesse toccato certi argomenti e certe esagerazioni, forse Mimmo non si sarebbe sentito così a disagio. Dopotutto, lui era un bell’uomo e non aveva, in pratica, nessuna esperienza né di trasgressioni, né di tradimenti... E "Ragazza" cominciava a fargli salire il sangue alla testa.
Diceva di avere una vita sin troppo normale ma intanto gli confessava apertamente che da troppo nascondeva a se stessa le sue pulsioni segrete. Ammetteva di avere un uomo ma che, a lui, non se la sentiva di confessare quei desideri che la stavano consumando. Da qualche mese, poi, attraversava uno strano momento psicologico, forse erano gli ormoni... fatto sta che i suoi sogni erotici erano diventati insostenibili. Ragazza Manga, infatti, per rincarare la dose della sua appetibilità, aveva sostenuto di essere incinta, il desiderio di essere brutalizzata, nonostante il pancione che iniziava a farsi notare, si era impadronito di lei e la voglia di essere sculacciata, se non frustata, da un vero uomo, un padrone deciso e severo, era diventata una vera ossessione: le toglieva il sonno.
«Che libidine!» disse Ennio, mordendosi le labbra «Cosa aspetti? Fatti sotto, no?»
3 ‐ Complici, carnefici, vittime rassegnate
Un martedì, Mimmo e Gino furono gli ultimi a uscire, erano da soli e, prima di rientrare a casa, decisero di andare a farsi uno Spritz, per concedersi un piccolo diversivo. Parlarono un po’, alla fine Mimmo disse all'amico che non se la sentiva di continuare quei giochetti sul web e che avrebbe staccato.
«Ci tengo a mia moglie, non posso rischiare, e poi questo non è il mio genere, sono cose che non fanno per me. Mi conosci. Se ti va, se ti diverte, continua tu al posto mio: mi farai un piacere. Goditela e, come dice Ennio, Se son rose...»
A Gino scappò da ridere. «Che bacchettone, sei. Però, fai bene. Tieniti ben stretta la tua famiglia, lo vedi altrimenti cosa succede? A cinquant’anni, e solo come un cane; fatico per niente e senza scopo. I ragazzi stanno con la madre. Ora sono grandi, di me non s’interessano più. Meglio non pensarci, va...!» Allontanò dalla mente quel velo di tristezza «Dammi sta’ password dai, e sai che ti dico? Se Ragazza Manga è pronta a cadere nella rete, le faccio "pelo e contropelo". Ho sempre desiderato provare una storia di masochismo e, se veramente è incinta poi, libidine pura! Me la scopo davanti allo specchio.» si salutarono allegramente, da buoni amici. Quella stessa sera, dopo aver mangiato qualcosa alla svelta, Mimmo, in pace col mondo, si addormentò da solo nel lettone, scacciando dai pensieri quell’impossibile avventura.
La giovane Ofelia era rimasta a casa della madre. Dopo aver salutato Mimmo al telefono e scambiato teneri bacetti, s’infilò nel suo vecchio letto di ragazza, che era rimasto intatto a casa dei suoi. Il sonno tardava a venire, svogliatamente, senza alzarsi, accese il suo Tablet, per perdere un po’ di tempo. Predator era onLine... strano, era difficile trovarlo sul web, di sera. Una delle cose che aveva convinto la ragazza che, Predator, fosse un uomo vero e proprio, erano proprio le sue assenze, la sera e durante i fine settimana, tipico! Sono i classici periodi in cui, gli uomini sposati, diventano docili agnellini al cospetto di quelle mogli che, essi stessi, dipingono in chat come odiose e insignificanti, durante il resto della settimana!
Ofelia si mise comoda e poi lo salutò, dopotutto era l’unico rapporto che la intrigava nella piatta banalità dei Social Net. Col favore delle tenebre, il Predator sembrava particolarmente allupato... era diverso dal solito, più spiccio e più deciso, manifestava senza mezzi termini il desiderio di lei, di conoscerla, di possederla. La cosa riscaldò la ragazza, quella manifestazione di virilità la affascinava!
In genere, nonostante scherzasse volentieri, anche coi doppi sensi, lui sembrava sempre un po' indeciso, non cercava mai la “conclusione”. Stavolta, forse, era tutto solo, e la libertà e la notte lo rendevano più audace, fatto sta che, Predator, dopo dieci minuti se la voleva scopare ad ogni costo, ma quello sarebbe stato il minimo, il suo amico si prodigava in una serie di varianti oscene, riguardo al loro possibile rapporto, riempiendo la fantasia di Ofelia con promesse sadiche e perverse.
Mentre sosteneva la conversazione, schernendosi con un falso sarcasmo, la donna ringraziava il cielo per averle fatto scoprire l’alter ego del suo contatto segreto. Le risultava veramente difficile mantenere una certa compostezza. In pancia sentiva che non avrebbe resistito a quell’uomo; il predatore era venuto allo scoperta e lei, la vittima, era troppo eccitata per ricordarsi di badare a ciò che faceva. Era sposata, futura madre, e l’altro, in realtà, un perfetto sconosciuto ma in quel momento, complice l’eccitazione, se lui glielo avesse chiesto, sarebbe uscita volentieri di casa, anche a piedi nudi, per farsi oltraggiare per le scale. Dopotutto, quelle scale le conosceva bene... c’era un’ultima tesa, di sopra, che portava al terrazzino, non ci saliva mai nessuno. Quando Sam era troppo allupato per aspettare e aveva bisogno della sua piccola “schiava”, si rifugiavano spesso in quella alcova segreta, pericolosamente esposta. Eppure, proprio là, Ofelia aveva subito le peggiori punizioni e le più indicibili umiliazioni: oltre a sottostare alle oltraggiose fantasie di Sam, era pure costretta a prenderle nel più assoluto silenzio. Che goduria indescrivibile...
Lui le chiese se poteva chiamarla, ma era troppo tardi, però, nel lasciarsi, lei promise che avrebbe accettato un appuntamento. Era stato difficile fingere di sostenere gli attacchi del suo nuovo amico virtuale, però per lei davvero era la prima volta, non avrebbe mai voluto tradire il marito. Nel suo animo, qualcosa le diceva che questo era diverso; era come una droga, una dipendenza fisica, che lui non avrebbe potuto mai capire... non era un tradimento, l’amore, la devozione, il rispetto non c’entravano: lei aveva bisogno di quel rapporto. Anzi, forse sarebbe stato proprio la migliore medicina per la sua mente, malata di desideri inconfessabili.
Mentre il suo corpo si scioglieva in mille fantasie, Ofelia si lasciò andare e confessò a se stessa tutto il desiderio che aveva represso; aveva bisogno di essere maltrattata da Predator, ne andava della sua felicità e di quella del suo matrimonio con Mimmo, anche se lui non avrebbe mai dovuto sapere nulla. Era eccitata… così i possibili rischi di quella pazzia le sembravano estremamente remoti, come accade sempre in questi casi.
4 ‐ Felici e contenti?
Passarono un paio di settimane... misteriosamente Ofelia si trovò davanti un Mimmo scontroso e taciturno, e la cosa la addolorò. Lei, al contrario, si sentiva al settimo cielo, anche se non poteva darlo a vedere. Di nascosto invece, quando chattava con Predator, gli confessava tutta la sua euforia. Ormai, aveva abbandonato ogni pudore nel raccontarsi a quell’uomo; scrivere dei suoi trascorsi e di ciò di cui, una parte di lei, aveva bisogno era diventato un gioco erotico. Già un paio di volte si erano masturbati all’unisono. Lei si sentiva più libera a scrivere, ma quando erano sul punto di venire, si telefonavano... giusto il tempo di scambiarsi gli ultimi sospiri della goduria.
Le ubbie del marito non durarono a lungo, per fortuna, la mettevano a disagio. Una sera Mimmo esordì con una frase abbastanza strana:
«Scusami, amore, se in questo periodo ti sono sembrato un po’ musone,» disse durante la cena; portò al minimo il volume della TV «vedi, abbiamo avuto un po’ di problemi sul lavoro, ma adesso è acqua passata. Io desidero che tu sia felice... ricordalo sempre. Voglio che vivi bene... per questo farei qualsiasi cosa per te. Se tu non sei felice, la mia stessa vita finirebbe male.» Dopo aver pronunciato quelle parole indecifrabili, si alzò e l’abbracciò, e la tenne stretta stretta, per un sacco di tempo. Da quel momento tornò il ragazzo serio e affettuoso di sempre... anzi, divenne fin troppo premuroso, accomodante, disponibile. Ofelia attribuì quell’eccesso di zelo all’euforia per la futura paternità. “Sarà l’emozione!” pensò la moglie, impressionata da quel comportamento.
5 ‐ Appuntamento al buio
Un sabato, alle tre, dopo una mattinata abbastanza impegnativa, Ofelia fece solo uno spuntino; doveva uscire per incontrare una vecchia amica che si era trasferita all’estero. Si sarebbero viste alla Stazione, per passare qualche ora insieme, prima che la donna ripartisse. Perlomeno, quella era la scusa che si era inventata col suo Mimmo, per giustificare la sua “passeggiata” pomeridiana.
Il marito era sempre fin troppo disponibile con lei, sembrava camminare sulle uova in sua presenza... effettivamente era un comportamento esagerato. Ofelia non era una sciocca ma non era certo quello il giorno adatto per indagare sulla gentilezza di Mimmo. Si pregustava quell’appuntamento da oltre una settimana, era su di giri come una collegiale e sia il ritegno che la prudenza erano andate a farsi benedire. L’adrenalina che le scorreva in corpo era una droga efficace e potente, Ofelia, ora in intimità virtuale con il suo futuro “carnefice”, non riusciva più a pensare con lucidità: voleva essere sottomessa, maltrattata, sentirsi alla mercé di quel maschio sconosciuto che le aveva anticipato le sue torve intenzioni. L’avrebbe trattata come un pezzo di “carne cruda”, su cui sfogare ogni suo desiderio. Altro che primo incontro, niente caffè da sorseggiare: il Predatore la voleva trovare già in Albergo; le aveva persino ordinato come si doveva vestire...
Mimmo, intanto che lei si preparava, gironzolava per casa e un po’ la prendeva in giro.
«E ci vai vestita così, dalla tua amica?» Ofelia, era sotto l’effetto dell’emozione, fece un giro su se stessa e si fece ammirare, godendo della sua velata gelosia. Adesso anche quello, per lei, faceva parte del gioco: la menzogna. Dire bugie all’amore della sua vita, per coprire quel “porco” che si diceva pronto a usarla come l’ultima delle prostitute.
Ballerine rosse, di vernice, calze spesse, francesine bianche; la gonna color panna non era una mini ma le arrivava al ginocchio, spinta un po’ in avanti dal pancione, ormai pronunciato, era sempre a filo sulla fine delle calze, lasciando intuire a ogni movimento la carne nuda e delicata, un’immagine ben poco innocente e più provocante di quanto si potesse immaginare.
“E per fortuna che Mimmo non ha veduto l’intimo che sono stata costretta a indossare...” pensò la ragazza.
«Dai, non scherzare sempre,» disse «e non crearti problemi per la macchina, mi son fatta prestare quella di mia madre. Sei libero se vuoi uscire, se ti va!»
«E dove vuoi che vada?» disse lui accomodante «Preferisco restare a casa... mi metto sul divano... aspetto che torni.»