Una notte straordinaria
Sembrava una sera come tante altre, quella che Matthew aveva vissuto.
Come tutti i giorni, era tornato dal suo lavoro, stanco come al solito, ma quella sera ancora di più.
Rientrato a casa intorno alle 20 e vedendo la porta di casa sua spalancata assieme a quelle degli altri inquilini del pianerottolo, gli tornò alla mente qualcosa che non avrebbe voluto ricordare.
“La cena col pianerottolo!” ‐ esclamò in mente sua ‐ “e ora che mi invento? Sono troppo stanco per tornare ad uscire, sono tutto sudato e la compagnia non è piacevole… devo inventarmi assolutamente qualcosa!
Nel frattempo arrivò Lucy, la sua ex che viveva ancora con lui dato che erano rimasti in ottimi rapporti.
“Allora andiamo? Sei pronto?”
“Decisamente no, Lucy, non ho molta voglia di venire alla cena, me ne ero pure scordato e non è stata una bella sorpresa ricordarmene.”
“Fai come vuoi, non sei obbligato a venire, ma lo sai che gli altri ci tengono, dopotutto non ci vediamo mai, e poi ceniamo gratis… dai, vieni che ti rilassi un po’…”
“Va bene, dammi qualche minuto per darmi una lavata e cambiarmi… aspettatemi giù che vi raggiungo.”
Dopo una buona lavata, Matthew già si sentiva meglio, e stranamente l’idea di spaparanzarsi ad una tavola a sfogare tutto lo stress di una giornata di lavoro ora non gli dispiaceva affatto, dunque si avviò anche lui con gli altri.
Il ristorante non era distante da casa, per cui si arrivò quasi subito, anche perché alle 21 doveva iniziare la cena offerta da questo politico, il quale aveva giustamente pensato di farsi propaganda visto che ci si trovava in piena campagna elettorale, e lo stesso stavano facendo tanti altri suoi colleghi più o meno illustri in quei giorni.
Giunti alla cena, i tavoli erano già quasi colmi di persone, tutte sedute in attesa di riempire di varie pietanze i propri stomaci e di saziare i propri appetiti culinari.
Entrando, dopo i dovuti convenevoli, Matthew e il resto della ciurma presero posto in una sala interna del locale, dove le hostess avevano loro indicato di sedersi.
Matthew stava seduto con le spalle al muro, in questo modo avrebbe potuto fare quello che più gli piace, osservare; era sempre stato un grande e attento osservatore, uno di quelli cui piace fissare le persone e capire dai loro comportamenti, dai loro gesti o dai loro occhi quello che vivono, che tipo di persone sono.
Prima di iniziare con i primi piatti, c’era un buffet all’esterno, e naturalmente non fece in tempo ad apparire che venne subito minacciato da ogni parte da una folla di scalmanati affamati tale da svuotare il locale al suo interno.
Matthew, odiando fare la fila e preferendo i rapporti sociali, e vedendo due hostess ferme un po’ più in là del tavolo, pensò bene di prendere un paio di bicchieri di vino e di portarli a loro:
“Prego ragazze, avete cenato? Vi porto qualcosa da mangiare?”
“Grazie, sei molto gentile, ma purtroppo non possiamo, ceneremo più tardi, il vino lo accettiamo però.”
Così, dopo aver attaccato bottone, si divertì un po’ a fare amicizia, non che gli interessassero le hostess, ma lui era uno studioso dell’essere umano, uno studioso dei comportamenti e delle reazioni alle circostanze da lui stesso procurate; in pratica, faceva esperimenti di relazioni.
Si avvicinò di nuovo al tavolo del buffet dopo circa un quarto d’ora, ma vi trovò ben poco poiché gli squali avevano decentemente asfaltato tutto ciò che sapesse di sostanza commestibile.
“Poco male” ‐ pensò Matthew ‐ “vorrà dire che gusterò meglio la cena”.
Matthew era uno che non si scomponeva più di tanto per eventuali eventi negativi o imprevisti che potessero accadergli. Non era attaccato a nessuna idea di come dovessero andare le cose, non aveva pre‐concetti o pre‐progetti, nessuna aspettativa sullo svolgersi degli eventi delle sue giornate, per cui riusciva a godersi ogni attimo con lo stupore della sorpresa, come se qualsiasi cosa potesse accadere da un momento all’altro, bella o brutta non importava più di tanto, l’essenziale era affrontarla con consapevolezza che la vita nient’altro è che una serie sequenziale di istanti presenti, da accettare e vivere al massimo e in pienezza. Questo spirito gli permetteva di essere sempre rilassato e sereno, raramente sotto stress o vittima di ansie, l’unico stress cui non riusciva a non sottomettersi era quello fisico, avendo una vita molto disordinata a livello di orari, e dunque era molto spesso stanco, avendo anche svariate attività e impegni a riempirgli la giornata.
Rientrato nel locale, andò a sedersi al tavolo, cominciando a scherzare e ridere con i suoi compagni di tavola, parlando del più e del meno, di tutto ciò che non si poteva raccontarsi durante la settimana, e non vedendosi quasi mai di fatti da raccontare ve ne erano molti.
A un certo punto, davanti al tavolo di Matthew, passò una delle cameriere, molto carina con due bei occhi grandi e la carnagione chiara; attese allora che lei si avvicinasse al suo tavolo per portare le bevande, e colse immediatamente l’occasione per chiederle il nome:
“Mi chiamo Gabriela” ‐ rispose la cameriera, sfoggiando un bel sorriso.
Amante dei particolari, Matthew si contentò di quel bel sorriso e pensò che la serata dopo tutto non stava andando poi così male, era divertente, il cibo non era malvagio, insomma, tutto sommato non aveva sbagliato a decidere di parteciparvi.
Ma non sapeva che ancora il bello non era nemmeno iniziato, l’evento che avrebbe toccato la sua esistenza ancora non si era presentato.
Passarono pochi minuti infatti da quel sorriso di Gabriela, che Matthew dovette alzare gli occhi, che erano orientati alle posate, per non riabbassarli più.
Ad un certo punto infatti, cominciò ad avvertire una presenza magica.
C’era qualcosa di strano nell’aria, in quella bolgia di persone e di parole buttate all’interno del locale senza sosta, in quelle percentuali buttate a caso dal politico per fare presa su di una manciata di elettori attenti, in quei minuti che parevano correre e che invece ad un certo punto rallentarono, come i suoi occhi, su di lei, la bellezza fatta persona.
Dopo quei pochi secondi in cui ci fu il primo passaggio davanti ai suoi occhi, Matthew non ebbe alcun altro pensiero se non “quando passerà di nuovo?”, e attendeva con ansia il suo passaggio per credere a ciò che i suoi occhi credevano di aver visto.
“Ma è una allucinazione? Che c’era nel vino? Non è possibile…” ‐ cominciò a chiedersi ‐ “no, non è possibile, avrò sognato… ho senz’altro sognato… non può esistere una ragazza così bella… sicuramente avrò immaginato tutto, la stanchezza mi fa vedere cose che in realtà non esistono” ‐ e queste cose continuava a ripetersi cercando di convincersi.
Ma non passò molto tempo che la ragazza fece ritorno, e per quante cose Matthew avrebbe voluto dirle, non riuscì ad emettere fiato, restò ancora una volta immobile a contemplare quella visione che non avrebbe mai neanche sognato e di cui non riusciva a capacitarsi.
La serata ormai aveva preso un’altra direzione, inattesa, come le sorprese e gli imprevisti che a Matthew piacevano tanto, ma questo era molto più di un imprevisto, era un dono del più grande artista di tutti i tempi, e un dono era trovarsi lì ad ammirare quella deliziosa opera d’arte.
“Ed ora? Che faccio?” ‐ pensava ‐ “Non posso andare via da questo locale senza parlarle, non posso lasciare passare questa sera senza dirle qualcosa…. ma cosa? Posso dirle la verità? Mi prenderebbe per pazzo! Dunque che fare?”.
A quel punto, non sapendo che pesci prendere, scelse la strada della spontaneità, si fece coraggio e non appena lei passò, le chiese:
“Scusa, puoi portarci dell’acqua?”
“Certo” ‐ rispose lei sorridendo.
“Mio Dio…” ‐ pensò lui esterrefatto…
Dopo poco lei tornò con l’acqua e la pose al centro del tavolo, davanti a Matthew, che riprese:
“Grazie…eh……..” ‐ disse, schioccando le dita delle mani come a far finta di dire il nome di lei, ma senza dirlo.
“Rita…” ‐ soggiunse lei sempre sorridente.
“Grazie Rita.” ‐ concluse lui, non potendo aggiungere altro senza esporsi a figuracce.
Già era andato abbastanza oltre il consentito, ma c’era qualcosa dentro che gli fremeva, qualcosa che lo avrebbe spinto a compiere ogni genere di follia pur di poterle stare vicino.
Dovette attendere l’arrivo del caffè per rivederla, e quanto fu lunga l’attesa; nel frattempo si era procurato carta e penna e aveva scritto il suo nome, il suo numero di telefono ed anche l’indirizzo elettronico, per darglielo in qualche modo in seguito, alla prima occasione utile.
Giunta finalmente la fine della cena, arrivò il momento tanto desiderato del caffè.
Lei si avvicinò con eleganza, si mise a servire i caffè dalla parte di Matthew, e mentre lei serviva lui la fissava, cercando di catturare nella sua memoria ogni minimo particolare, cercando di ricordare bene quella indefinibile bellezza che aveva davanti.
“Sei italiana?”
“Sono italo‐brasiliana, brasiliana di madre. Ma sono più italiana che brasiliana”
“Ah, immaginavo che non fossi proprio italiana, ma avrei detto che eri tipo dell’Eritrea o giù di lì… mi sono sbagliato… che bello… io adoro il Brasile… è un bel posto?”
“Sì, bellissimo…” ‐ terminando di servire i caffè, sempre con quello splendido sorriso.
“Grazie dei caffè….ma c’è anche il tiramisù? ” ‐ ormai Matthew avrebbe detto qualsiasi genere di cavolata pur di trattenerla lì ancora un po’, ma lei doveva andare e lui dovette arrendersi al suo:
“Sì, c’è anche il tiramisù”
Disse così lei, senza nemmeno immaginare quanto già era stata tiramisù per lui, ravvivandogli la serata e illuminandogli il cuore e gli occhi.
Arrivò il tiramisù, ma, mangiandolo, Matthew pensava a come fare per darle il bigliettino con il suo recapito e come dirle che era molto carina e simpatica.
La serata passò troppo velocemente, gli altri del tavolo volevano andarsene, e si alzarono da tavola incamminandosi verso l’uscita.
Matthew cominciò ad agitarsi, lui che sempre era calmo e tranquillo, e cominciò ad andare in giro per il locale cercando di vedere dove potesse essere la bella Rita, ma non riusciva a trovarla.
Intanto gli altri erano sulla soglia della porta esterna, e stavano salutando.
“Lucy, aspettatemi fuori qualche minuto, devo andare al bagno!” ‐ si inventò Matthew per prendere ancora un po’ di tempo.
E mentre si muoveva avanti e indietro come un marinaio che ha perso l’orientamento, la bussola indicò davanti a lui Gabriela.
“Ciao Gabriela, volevo salutarti, sai dove è Rita? Volevo salutare anche lei…”
Neanche il tempo di dirlo, e Rita, con in mano e sulle braccia un bel po’ di tiramisù, sopraggiungeva per servire altri tavoli. Giunta vicino a Matthew, poggiò i tiramisù sul tavolo e si fece salutare.
“Ciao Rita, come dicevo a lei, volevo salutarvi, è stato un piacere avervi conosciuto, vi lascio il mio telefono e l’e‐mail, se qualche volta vi va di uscire per fare due passi, o con altri amici….”
Avrebbe voluto parlare usando il tu, e non il voi riferendosi a entrambe, ma sarebbe stato palese il coinvolgimento, che già si leggeva probabilmente nei suoi occhi imbarazzati e desiderosi di bellezza, e saziati dalla più alta delle bellezze.
“Ora devo andare, a presto!” ‐ disse andando via da loro, andando via da lei.
Uscì dal locale felice e ringraziando Dio per quella splendida visione che gli aveva donato.
Era convinto che non l’avrebbe mai più rivista:
“Perché mai lei avrebbe dovuto farsi risentire?” ‐ si chiedeva.
Pensava di essere stato invadente e sciocco, pensava di essere stato frainteso e scambiato per uno che ci prova con le ragazze, pensava che non l’avrebbe mai più rivista.
Ma, come al solito, decise di non pensarci, decise di non farsi programmi o aspettative.
Per quella sera era stato saziato, e intanto voleva godersi quello splendido momento e non sciuparlo in futili pensieri sul futuro.
Matthew andò via, contento per aver colto l’occasione, per aver trovato il coraggio di farsi avanti, per non lasciarla sparire nel nulla, per provare ad avere l’opportunità di rivederla forse un giorno.
Ora dipendeva da lei, ma lui la sua parte l’aveva fatta, e per questo non aveva alcun rimpianto, e questo gli dava pace perché aveva fatto quello che desiderava fare.
Ora dipendeva da lei farsi viva, ma anche se fosse sparita per sempre, la vita di Matthew era stata comunque oramai segnata da una stella cometa unica, di quelle che ripassano ogni tremila anni; ormai il suo cuore era stato deliziato e i suoi occhi ammaliati.
Tornato a casa, il suo ultimo pensiero fu:
“Che meravigliosa visione!”.
Poi chiuse i suoi occhi, e si addormentò felice con lo stupore e la speranza di un bambino.
E quella notte straordinaria finì. Matthew non avrebbe mai lontanamente immaginato che quella che sembrava la fine altro invece non era che l’inizio di una bellissima storia.
Tutto partì da una notte qualunque. Una notte straordinaria.