Una scelta d'amore
Elisa prese tra le mani la tazza di tè bollente e si accomodò sul divano, davanti al camino. La poggiò sul tavolino alla sua destra e, come ai vecchi tempi, si avvicinò a Bruno, strusciandosi a lui come una gattina. Gli anni erano passati senza rendersene conto. Lo osservò attentamente: i pochi capelli grigi che scendevano sulla fronte, gli occhiali lasciati scivolare sul naso. Bruno la guardò con riconoscenza e le accarezzò il viso. Rimasero così, a guardarsi per dieci minuti, senza dire una parola.
La piccola Maria era nel suo lettino a dormire. Accanto a lei, sul piccolo comodino, la madonnina luminosa che Elisa le aveva portato da Lourdes, per proteggerla. La mamma, loro nipote, era al lavoro e la piccola stanotte avrebbe dormito lì, da loro.
Non erano ancora abituati all’idea di essere già bisnonni a 75 anni.
Si alzarono contemporaneamente, come se si fossero messi d’accordo, e andarono a vedere se la bimba stesse bene. La sentirono respirare forte, come fanno i bambini quando hanno le adenoidi ingrossate. Rimasero lì a guardarla con dolcezza e poi, ancora una volta le loro mani s’incontrarono mentre le allungavano una carezza.
Bruno sapeva che anche Elisa stava pensando a quel periodo. Glielo leggeva sul viso, in quello sguardo, in quegli occhi sempre un po’ acquosi, quando si ritrovavano insieme ad accudire la piccola. Era una di quelle giornate in cui ritornano alla mente fotogrammi di vita passata, una di quelle in cui si desidera riviverne dei momenti, almeno per un po’.
Si arrampicò sulla scala e tirò fuori dalla libreria un grosso album.
Elisa lo aspettava sul divano, in silenzio.
Era l’album del battesimo della loro nipotina Alice, la mamma di Maria, che ora di anni ne aveva 38. Teresa, la loro figlia maggiore, la ebbe a diciassette anni.
Iniziarono a sfogliarlo, appoggiati l’uno all’altra, sorridendo con occhi lucidi di fronte alle foto di quella bimbetta che sembrava di porcellana.
Quando Teresa tornò da scuola in lacrime, quel giorno, non immaginavano nemmeno lontanamente quello che la loro bambina stava loro per dire. Pensavano a un brutto voto o a una lite con la sua amica. Mai avrebbero pensato quello che stava per succedere.
Elisa era una donnina minuta, dai modi gentili e molto tranquilla. Non alzava mai la voce e rifletteva molto prima di dire qualcosa. Soprattutto non giudicava mai. Quando qualcuno cercava di coinvolgerla in pettegolezzi, lei cambiava discorso o comunque aveva sempre una parola buona nei confronti delle altre persone. Era anche una donna molto religiosa.
Bruno, uomo all’antica e dai principii ferrei, era un impiegato statale e viveva sempre e solo in funzione della famiglia. Non aveva voluto che la moglie lavorasse, perché la donna doveva seguire i figli.
Dopo un lungo pianto, intervallato da silenzi, durante il quale Teresa non riusciva a parlare, Elisa decise di accompagnarla in camera sua per parlarle da sola. Solo dopo una buona mezzora, la ragazza riuscì a dire alla madre che era rimasta incinta, che il padre era un ragazzo più grande, conosciuto durante l’estate al mare e che lui non ne voleva sapere niente.
Lei, quel bambino, non lo voleva, non si sentiva pronta. Le disse che aveva ancora tante cose da fare, che doveva finire gli studi, continuare il corso di danza moderna. Mancavano solo due mesi al saggio di fine anno e non poteva tirarsi indietro proprio ora. Glielo disse con voce rotta dal pianto, intervallando parole a singhiozzi, un respiro strozzato e sincopato. Stava per avere un attacco di panico. La madre se ne accorse e l’abbracciò delicatamente, carezzandole il volto, spostandole i capelli dal viso dietro le orecchie. Le disse di stare tranquilla, che tutto si sarebbe risolto. Lo disse più a sé stessa che a lei, perché il colpo le era arrivato in piena faccia e non riusciva più a sollevarsi, si sentiva come un pugile che non riesce a risollevarsi mentre inizia il “count down” e ha pochi secondi per farlo. Il match si sarebbe svolto in quei primi attimi, le parole andavano soppesate per non aggravare la situazione, per non ferire ulteriormente la sua bambina, che in quel momento le appariva come un pulcino bagnato e spaventato.
Dopo averla calmata, la convinse a uscire dalla stanza per condividere il problema anche con suo padre che era rimasto nel soggiorno ad aspettare.
Parlò Elisa per la figlia, con i suoi modi pacati, cercando le parole giuste, calibrando ogni singolo vocabolo e gesto. Sapeva già che suo marito l’avrebbe presa malissimo.
Bruno rimase in silenzio per qualche interminabile secondo. Sembrava incredulo, come se non avesse capito bene.
Poi si alzò e, nervosamente, prese dal mobile‐bar la bottiglia di cognac e ne versò un bel po’ nel bicchiere. Bevve tutto in un sorso solo. Poi batté il pugno sul tavolo facendo sobbalzare tutti gli oggetti appoggiati sopra. La figlia tremava e piangeva.
«Mi devi spiegare quando è successo! Quando sei diventata una donna e perché non me ne sono accorto prima!» Le disse il padre buttandosi a peso morto sulla poltrona, tenendosi la testa con le mani, quasi parlando tra sé e sé.
Passarono minuti in silenzio, si sentiva solo un pianto composto e leggero della ragazza. I pensieri erano polline che volava senza mai posarsi.
Poi Teresa lo disse. Pronunciò chiaramente la frase: «Io voglio abortire» con un tono talmente deciso che non ammetteva repliche. Bruno restò per un po’ immobile, sprofondato nella poltrona, il bicchiere in mano e lo sguardo fisso davanti a sé, senza più forze. Elisa continuava a camminare in lungo e in largo attraverso la stanza e a tormentarsi le mani. Non avrebbe mai accettato una scelta del genere. Si fermò davanti a suo marito, si accovacciò e gli prese il viso tra le mani. Rimasero così, come facevano sempre, a guardarsi negli occhi pieni d’amore. Non c’era bisogno di dire niente, parlavano con lo sguardo e si capivano sempre. Quello sguardo diede loro la forza di affrontare la situazione. Erano insieme e insieme l’avrebbero superata. Come sempre. Bruno posò il bicchiere con calma, poi si alzò, prese per mano Elisa e insieme si avvicinarono alla figlia. Le parlarono con dolcezza, le ricordarono che lei era cattolica e che sarebbe stato un peccato mortale, come un omicidio. Ma lei sembrava ferma nella sua decisione. Lei quel bambino non lo voleva. La madre cominciò a singhiozzare, non avrebbe mai accettato questa cosa. Non poteva farle questo affronto. Il padre alzò di nuovo il tono della voce, la minacciò di cacciarla di casa. Poi si calmò e continuò più pacatamente.
Elisa la prese tra le braccia, carezzandola dolcemente. Bruno le disse che non si doveva preoccupare di nulla, che al bambino avrebbero pensato loro, che lei poteva continuare gli studi e tutto sarebbe andato bene.
Improvvisamente sembrava che quasi fossero loro a doversi scusare con la figlia. Sapevano che per abortire sarebbe dovuta andare all’estero, in Italia l’aborto era illegale e comunque doveva essere accompagnata perché minorenne
Così le parlarono con infinita dolcezza, come si parla a un bambino piccolo. La presero in mezzo a loro sul divano e la tennero stretta a lungo, senza più dire niente. «Se è maschio lo porterò con me a pesca la domenica…» Le bisbigliò Bruno all’orecchio.
Elisa invece era certa che sarebbe stata femmina, una bella bambina bionda con gli occhi azzurri, proprio come la madre. E che come la madre avrebbe avuto una fervida fantasia, proprio come Alice nel paese delle meraviglie.
Dopo un tempo infinito Teresa si alzò in piedi e guardandoli negli occhi con infinita dolcezza, pronunciò un nome, Alice. Si era sicuramente una femmina. E l’avrebbe chiamata Alice.
Un vagito ruppe il silenzio. Proveniva dalla camera da letto. Bruno si alzò di scatto, posò l’album sul divano e si avviò di corsa verso la cameretta dove dormiva Maria. Elisa lo seguì. Bruno la prese in braccio e le mise il ciuccio, mentre la cullava per farla riaddormentare.
Si guardarono e sorrisero complici.
Bisnonni a 75 anni. Bellissimo, davvero bellissimo.