Una sera, a Febbraio.

Il bus è affollato, sono in piedi. Fuori il tramonto scarlatto esplode su Capo Miseno e si riflette nelle vetrine dei negozi. Un raggio si è posato sul volto di una donna seduta alla mia sinistra. Ha occhi verdi chiari, uno sguardo amaro, a momenti triste. E’ vestita con eleganza, trucco lieve ma curato. Biondi capelli mesciati raccolti dietro la nuca da un fiocco viola. Un ciondolo d’ametista scende tra piccoli seni candidi. Sento il suo sguardo. Il dolore allo stomaco sta aumentando. Ha occhi verdi.  Gli sguardi si sono incrociati e sembrano non lasciarsi. Si è accorta della mia mano destra premuta sulla bocca dello stomaco. Le sorprendo una vibrazione dei muscoli del volto.
‐“ Ho un infarto”‐ Questa idea mi si presenta nella mente in una frazione di secondo, inattesa, imprevista. Il dolore è aumentato e mi divide in due metà come una lama. Forse sto morendo. Ma come è la morte? Si muore così? Cerco di riassumere i miei parametri vitali: respiro, sto in piedi, ci vedo. Ma forse tra pochi istanti cadrò, seminando imbarazzo, timore e disagio tra la gente. Il dolore sale verso il collo e si insinua per il braccio sinistro. Devo scendere. Lo sguardo della donna dagli occhi verdi è ancora su di me, lo sento come un fascio di luce. Siamo in due sconosciuti a sapere una sola verità. Scendo alla fermata di Piazza Bernini. Un mercoledì sera nella sua normalità. Invidio per un attimo la consuetudine altrui che non mi appartiene più. L’agonia è un tempo che precede l’esito o è una sensazione? Sono entrato nei tempi dell’agonia? Affretto il passo, contro tutte le regole mediche del caso. Cerco un taxi in sosta. La signora dagli occhi verdi è scesa. E’ ferma a dieci metri da me e mi osserva. Le mie gambe sono insicure. Sto andando in panico. Il respiro si ferma a tratti in gola, il dolore è un punto di fuoco al centro del petto. Le dita sbagliano numeri sul cellulare. Poter essere raggiunto da mio figlio, medico… Nel taxi, la voce della centralinista è metallica, impersonale, senza alcun sentimento. L’autista guida annoiato in un traffico denso, serale. Il dolore, ora, ha una pausa. La camicia è bagnata di sudore freddo. La pelle traspare pallida. I marciapiedi sono affollati; volti sconosciuti mi passano come in un film. –“E’ lei?”‐ Ho il tempo di chiedermi vedendo un’ombra a ridosso di un camion in sosta. Riconosco il fiocco viola. Nell’atrio del pronto soccorso, steso su una barella, il cielo è ricco di stelle. Mentre si attende qualcuno, riconosco la costellazione sopra di me….le tre stelle del Cacciatore…Sirio! Ecco, sì, “morire ad occhi aperti” come le ultime volontà dell’imperatore Adriano della Yourcenar.  Sì, ad occhi aperti, in questo ultimo passaggio sotto un cielo stellato. Sirio, non ci vedremo più.
‐“ Passami la pompa. Tu attacca la fibrinolisi. Gli hai già fatto l’eparina?”‐ E’ una voce forte, vicino a me. Mi da sicurezza. Non riesco a scorgere il volto. Una lampada al neon dal soffitto mi abbaglia. Qualcuno fruga con un ago nella vena del mio braccio destro.
‐“ Betabloccante”‐ riprende la voce. E’ come essere su un bastimento in tempesta. La voce del Capitano è quella che prevarica. Sento che mi sono affidato a qualcuno.
‐“ Stai attento alla frequenza, sta scendendo troppo”‐ L’altro non lo vedo, ma ubbidisce col silenzio dello schiavo..
‐“ Cazzo, atropina, sbrigati che questo se ne sta andando, siamo a 35…”‐
Questa volta vado via sul serio. 35 pulsazioni al minuto, il mio cuore si sta fermando. Mi da anche fastidio che il Capitano, mi abbia chiamato “questo qui”…ma non ho la forza di presentarmi. Non avrei mai pensato di morire così, su un lettino duro, guardando un pugno di mosche morte nel portalampada del soffitto.
‐“ Può andare ora‐“ Ho perso la cognizione del tempo. Lo afferro a tratti, come sequenze di un film.
La morfina sta facendo il suo benefico effetto. Sono entrato in un mondo calmo, senza suoni. Il volto della donna dagli occhi verdi mi riappare. Non sorride, ma sembra volermi dire qualcosa.
‐“ Questo qui può andare, Rianimazione, all’8. Passami il prossimo.” La voce del Capitano liquida “questo qui”, che sarei io.

Febbraio 2000