Una storia
Stanotte i pensieri viaggiano veloci; sarà che la mia vita è arrivata ad un momento in cui le scelte sono determinanti e darei qualunque cosa per vedere anche solo uno scorcio di futuro,sarà che sono pieno di dubbi e mi faccio mille domande riguardanti l’amore.
Un giorno chiesi a mia nonna come si fa a riconoscere la persona giusta e lei mi rispose che piacerebbe a tutti saperlo.
‐E poi alla fine cosa vuol dire la persona giusta? – si scalda subito su questi argomenti,anche
sulla politica veramente.
‐Succede che ci si innamora e questa è la cosa più bella ed eccitante che ti possa capitare.
La persona giusta è quella che continui a scegliere giorno dopo giorno,che stimi e che desideri come compagno o compagna di viaggio. La persona giusta è quella che fa lo stesso con te.
Non mi piace la definizione di “amore per sempre” che tante favole hanno posto prima della parola fine,viviamo mica per sempre noi, ma credo che per vivere a lungo,il più possibile a lungo, una storia d’amore devi averne cura: la devi coccolare la notte e raccontarle una storia prima di addormentarti,la devi coprire perchè non prenda freddo,devi svegliarla anche se è solo l’alba e guardandola negli occhi devi dirle che oggi succederà ancora,anche oggi la farai innamorare. ‐
Sapevo che la vena romantica di mia nonna mi avrebbe affascinato,capivo anche che le sue parole non erano buttate li a caso,conosceva benissimo il mio stato d’animo riguardo il fallimento della convivenza dei miei genitori, intuiva che nella mia domanda era implicita la richiesta di una dose di fiducia e a modo suo,con delicatezza, riusciva sempre a rassicurarmi.
I miei genitori erano molto giovani quando sono nato,mia madre ha partorito due mesi dopo aver preso il diploma di ragioniera e mio padre lavorava già come elettricista All’inizio ce la misero tutta per riuscire a creare una famiglia. Sistemarci a casa dei nonni doveva essere solo un aiuto momentaneo per dargli la possibilità di iniziare, volevano farcela da soli e per un po’ ci sono anche
riusciti andando a vivere in città.Io non mi sono mai mosso da qui,ed è stato meglio così.
Mio padre se n’è andato quando avevo 2 anni,ora ha una compagna e sembra anche che sia felice. Mia madre lavora come impiegata in un ufficio e si è tenuta la casa in città perché di viaggiare non se ne parla.In questi ultimi cinque anni di scuola superiore ho vissuto con lei soprattutto in inverno,ma a me piace alzarmi presto, prendere il pullman con i miei amici e guardare il giorno che inizia attraverso i finestrini e comunque il fine settimana non vedo l’ora di tornare qui dai nonni.
Con mio padre non abbiamo niente in comune e lui non si sforza neanche un pò per conoscermi.Ho 19 anni e non sa se mi sono mai innamorato,per me queste cose sono importanti da dire a un padre se te le chiedesse,più del profitto scolastico.
Mia madre è più problematica.Lei va a periodi,quando le gira mi fa il terzo grado e vuole sapere tutto ma il più delle volte scarica tutto sulle spalle della nonna,con la scusa che lei deve rifarsi una vita,che ha il lavoro che la stressa e tutte le minchiate che si inventa,come se il figlio non facesse parte della sua vita.Non riesco mai a essere sincero con lei e quasi sempre le racconto delle storie, tanto si stanca in fretta di ascoltare.
Io comunque mi sento fortunato,ho un carattere allegro e positivo.Grazie ai miei nonni sono cresciuto contando sulle mie capacità.Loro non mi hanno mai obbligato a fare niente che andasse contro i miei desideri.Non dico che mi hanno viziato tutt’altro, mi hanno insegnato a valutare e a non essere superficiale a scegliere e a sbagliare anche. Mi sono stati sempre vicini ma mai invadenti ne con gli amici tanto meno con i primi amori che portavo a casa per farglieli conoscere (pochi la verità).
La scuola non è mai stata un problema,non sono un secchione ma cerco di non complicarmi la vita rimanendo indietro,quest’anno mi diplomo e il prossimo passo sarà l’università,nonna ha già pronti i fazzoletti per la laurea,ma si sa lei è sempre un passo avanti.
C’è un episodio che mi piace ricordare e che quando ci penso mi fa esplodere il cuore di gratitudine e di amore verso quelli che sono il mio punto di riferimento.
Quando ho iniziato a frequentare la seconda elementare mia madre,più per convenzione che per convinzione mi ha iscritto al catechismo.Inizialmente non ho opposto resistenza anche perché i compagni erano gli stessi di scuola e per un anno mi sono sorbito insegnamenti che non so perché ma non mi convincevano troppo.Era come seguire i discorsi di mia mamma: tante parole incomprensibili che rimanevano nell’aria e che non provocavano nessuna emozione. All’inizio del secondo anno il disagio stava crescendo e quando un giorno quella santa donna della catechista volle a tutti i costi allontanarmi dalla mia amichetta per accodarmi alla fila dei maschietti, per la prima volta ebbi uno scatto di ribellione.Avevo tutta l’intenzione di mantenere il mio posto e non per capriccio ma perché era li che stavo bene.Provocai così la frustrazione della maestra che forse in buona fede,la sua naturalmente,minacciò la mia anima di bambino dicendo che il mio comportamento offendeva Gesù e che sarei andato all’inferno.Non potevo credere che qualcuno così buono un momento prima diventasse all’improvviso un mostro vendicatore, mi sentii talmente male che vomitai fra i banchi della chiesa.
Quando mio nonno venne a prendermi,non vorrei sbagliarmi ma aveva un aria divertita mentre salutava la signora, mi sentii rincuorato e mentre uscivamo dalla chiesa non potei fare a meno di pensare a Gesù che diceva:”vediamo chi sta peggio adesso che devi pulire tutto!”
Non tornai più al catechismo, mia madre insistette per qualche giorno ma poi per fortuna non se ne preoccupò più.
Quel meraviglioso uomo che è suo padre invece si preoccupò per me,lui non parla molto ma quando c’è da fare una cosa la fa e basta.
Dopo una settimana iniziammo insieme un corso che insegnava a costruire aquiloni; per due mesi ci siamo impegnati a misurare, tagliare, scegliere i più complicati modelli da realizzare sino a diventare i più bravi, tanto che ci proposero di continuare atri due mesi per insegnare ai nuovi arrivati. All’inizio della primavera tutti quelli che avevano partecipato ai corsi si diedero appuntamento in spiaggia per far volare i propri aquiloni.
Era uno spettacolo bellissimo: mentre stringevo in mano il filo argentato del mio aquilone non smettevo di correre e guardare il cielo. Non lo perdevo di vista un attimo e mi spaventavo quando sfiorava le code degli altri aquiloni in una confusione di riflessi,forme ma soprattutto di colori.
Quei colori ancora così vivi nei miei ricordi.
Quando la sera mia nonna si sedette sul bordo del letto per darmi la buona notte mi girava ancora un po’ la testa. Una cosa però avevo chiara: quella era stata la mia prima comunione e l’avevo condivisa con un mondo allegro e colorato (ora che ci penso,mi ricorda qualcosa!).
Sempre naturalmente con Martina accanto.Lei è l’ Amica.
E’ sempre stata presente nella mia vita, condividiamo gli stessi amici e la stessa scuola. Nei passatempi un po’ ci alterniamo; quando mi prende il periodo della lettura mi ostino a voler stare in solitudine seduto nella veranda di casa a leggere,quando lei magari ha voglia di andare a correre.Oppure succede il contrario e allora la lascio in pace e seguo gli altri amici andando a correre o a passeggiare lungo la spiaggia o in centro. Facciamo anche parte di un gruppo di volontari che operano in ambulanza,di solito scegliamo gli stessi turni,quelli compatibili con la scuola e gli studi.Per qualunque cosa sappiamo che basta uno sguardo per capirci e non smettiamo mai di cercarci.
Ma il nostro e solo nostro momento magico è la sera dopo cena,quando avvolti nella coperta d’inverno o sdraiati sulla sabbia d’estate ci sussurriamo delle storie.
E’ un gioco che abbiamo iniziato da bambini;una sera sua mamma mi telefona per dirmi che Martina aveva la febbre e mi voleva vicino.Io andai e mi coricai vicino a lei e mentre le tenevo la mano le raccontai bisbigliando la più strampalata storia che mi potessi inventare sino a farla addormentare.
Dopo questo episodio decidemmo di trovarci tutte le sere, dopo aver cenato ognuno con la propria famiglia,per raccontarci al buio tutto ciò che ci poteva venire in mente, dal racconto fantastico a quello più spaventoso, anche erotico ma quelli più di recente e solo dopo una bottiglia di birra e d’estate all’aperto Le abbiamo chiamate le storie della buona notte e davvero hanno segnato la nostra vita, anche il periodo che ha preceduto l’ingresso alla scuola media quando io e Martina iniziammo a osservare le persone che conoscevamo da anni con nuova curiosità. All’improvviso non eravamo più solo un gruppo di bambini che giocavano spensierati, ognuno di loro provocava in noi reazioni diverse.Con Martina avevo tutto quello che sino a quel momento mi bastava e io la colmavo di affetto come solo un amico sa fare.Adesso non ci bastavamo più, lei per prima iniziava a darmi qualche buca agli appuntamenti e io mi sentivo abbandonato, ma seppur con uno strano disagio addosso continuavo a fare le cose di sempre.
Fino all’arrivo dell’estate quando la cittadina si riempie di vita e anche quella di noi ragazzi si anima un po’ di più. Naturalmente cercavamo di stare sempre in gruppo ma alcuni intraprendenti iniziarono a muovere i primi passi verso la scoperta di se,affrontando nuove esperienze,il massimo quell’anno è stata qualche sigaretta e qualche bacio rubato, ma ne parlarono per tutta l’estate. Io sentivo gli stessi fremiti ma mi tenevo in disparte e osservavo i miei amici.
Qualcosa però mi colpiva: non avevo nessuna voglia di farmi baciare da quelle ragazze al contrario dei miei amici e con questa perplessità cercai Martina. Lei mi rispose che forse non volevo essere baciato dalle ragazze perché preferivo essere baciato dai maschi.
Non c’era ironia e non voleva essere una battuta maliziosa,lei aveva anticipato quello che io stavo appena intravedendo,la guardai seriamente negli occhi e le dissi:”giusto!”.
Così anch’io iniziai a guadarmi in giro ma senza fretta,intorno a me si muoveva una moltitudine di genere umano e io dovevo trovare il mio posto,come gli altri,l’unica certezza che avevo era di dover custodire e proteggere i miei sentimenti.Non sentivo il bisogno di scoprire la mia anima prima della persona, chi frequentavo per studio o per sport o nei divertimenti aveva davanti a se Stefano e questo doveva bastare,ho sempre deciso io chi merita di sapere di più.
Certo mi è capitato di stare male e soffrire per una battuta o un’allusione cattiva sparata a freddo da gruppi di giovani senza cervello, ma molto di più ho sofferto per la presunzione di alcuni adulti che con arroganza si sono scagliati sputando e condannando ciò che la loro ignoranza bolla come pericoloso.
Contro gli adulti non ti puoi difendere quando sei uno studente, loro ti chiedono di portare rispetto e di impegnarti per meritare la loro considerazione.
Al contrario io sono dell’idea che il rispetto tra adulti e giovani deve essere reciproco.
Gli adulti però devono dare l’esempio soprattutto quelli che stanno più vicino ai ragazzi,sono loro che devono prendere le distanze dai pregiudizi, dal giudicare le apparenze o il modo di vestire o le scelte affettive; allora anche i giovani imparerebbero a non vederli i pregiudizi e a non accanirsi contro quel compagno che magari non usa lo stesso genere di jeans o che vedono camminare per mano al suo ragazzo.
Ora sto per lasciare la scuola e un po’ anche una parte di mondo che ha determinato la mia crescita e mi ha reso ciò che sono adesso.Ho formato il mio carattere in questi anni e le esperienze positive e negative non mancheranno di tornarmi utili mentre proseguo il mio cammino.
Ho deciso di iscrivermi in Veterinaria,mi piacerebbe un giorno aprire uno studio nella cittadina che sempre rimarrà nel mio cuore e che per i prossimi anni sarò costretto a vedere meno.
Martina vuole fare Medicina,per la prima volta non saremo gli inseparabili;lei cercherà casa con il suo ragazzo e io…..beh io farò lo stesso con il mio, ma questa sarà un'altra storia.