VENEZIA LA LUNA E TU.....

Quando suonò il telefono, io ero già lì vicino, in attesa. E' un po' che aspetto, gli dissi, ma lui non fece caso alla mia protesta. Senti, mi disse, ce l'hai una ventiquattrore? Oddio, pensai, cosa mai sarà una ventiquattrore? Il mio silenzio in risposta fu piuttosto eloquente. Una valigetta, mi disse, non ce l'hai una valigetta per stare via due giorni? No, non ce l'avevo, ma dov'era il problema? La compro oggi. Perchè? Perchè domani passo a prenderti e stiamo via due giorni. Che meravigliosa sorpresa! Ma che bellezza! Dove andiamo? Non te lo dico dove andiamo, è una sorpresa. Mi precipitai immediatamente in un negozio di borse e valige e passai in rassegna un po' di ventiquattrore, fino a che trovai quella che mi piaceva. "Ventiquattrore", ma che razza di nome, pensavo. Il mattino seguente puntualissima lo aspettavo sotto casa. Scarpe basse tipo paperine, gonna nera svasata, maglietta rosa, borsetta, valigetta, e tutti i miei magnifici diciannove anni. Lui sì che era un uomo di mondo! Io ero una ragazzotta di provincia, lontana provincia, timida, impacciata, e perennemente preoccupata di non essere "all'altezza" e di fargli fare brutta figura. Quando arrivò e scese per aprirmi la portiera dell'auto e avvolgermi fra le sue braccia, ogni incertezza svanì: perfino ad una sprovveduta come me era evidente il suo amore. Andiamo a Venezia, mi sussurrò all'orecchio. Non ero mai stata a Venezia e non stavo nella pelle dalla gioia. Durante il viaggio lui mi raccontò un mucchio di cose della sua vita, ben più vissuta della mia, e poi mi illustrò i panorami, le località che si vedevano in lontananza oltre l'autostrada, e che lui conosceva benissimo. Sono bellissimi i paesaggi del veronese, del vicentino, ed io pendevo dalle sue labbra. E quando attraversammo il lungo ponte prima di Venezia, e il mare si aprì davanti ai miei occhi, pensai che non avrei potuto essere più felice di così. Quando fu sera lui mi portò in un ristorante sul mare, un grande ristorante. Lo sciacquio gentile dell'acqua mi cullava, e gli spruzzi sotto il pontile arrivavano a lambirmi i piedi. Ci sedemmo l'uno di fronte all'altra, gli occhi negli occhi, le mani nelle mani, la luna si rifletteva nell'acqua luccicante. Un sogno, un autentico sogno. Ma poi abbassai lo sguardo sul tavolo e allora sì che rimasi atterrita: accanto ai piatti c'era una serie di posate, tante, troppe posate di cui un paio che non avevo mai visto nella mia vita. Due bicchieri non mi spaventavano, il piccolo per il vino e l'altro per l'acqua. Anche dei piatti ormai sapevo tutto. Ma tutte quelle posate! Mi accorsi che le mie mani cominciavano a sudare e così le ritirai velocemente dalle sue. Qualcosa non va? Disse lui. Ma no, figurati, è tutto bellissimo! Risposi io con un filo di voce, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalle posate. Arrivò il cameriere con gli antipasti di pesce ed io pensai: adesso guardo quello che fa lui e copio. Ma lui, cavallerescamente, attendeva che io cominciassi a mangiare. E aveva anche un discreto appetito. Ma non mangi? Incalzava. Sì, sì, comincia tu, anzi prima beviamo un po' di vino! Non c'era davvero modo di uscire dalla situazione, e così coraggiosamente presi una forchetta e un coltello a caso, proprio mentre lui prendeva una specie di palettina apposta per il pesce, seppi in seguito. Rimanemmo entrambi con l'utensile a mezz'aria e lì ebbi la conferma del suo amore. Se ti trovi in difficoltà col coltello, puoi provare la palettina, è molto comoda, disse guardandomi negli occhi. E poi aggiunse: ho ordinato qualcosa di veramente eccezionale per dopo, non te lo immagineresti mai. Fra l'altro è la specialità del ristorante.
Infatti dopo arrivarono due vassoi giganteschi di scampi ai ferri. Come fare a dirgli che i crostacei non mi piacevano, che il solo vederli mi dava la nausea? Avrebbe continuato a reggere l'amore?