Vite scosse
Aprile 2005, sono le 14.40 e il sole sta già declinando verso ovest rotolando sul crinale di una collina.
I raggi solari si riversano sul piccolo centro silenzioso e attonito .
Guardo le ombre che strisciano sulla strada polverosa in un andirivieni tragicamente lieve e vuoto.
Le coscienze come le abitazioni sono accartocciate su se stesse senza soluzione di continuità.
Un forte vento spazza la strada alzando barriere di polvere che ti investono facendoti mancare il respiro.
La polvere si attacca alla gola già stretta da una sorda pietà, un lucchetto che chiude l’anima.
Il vento è l'urlo disperato della natura che piange la morte di ventisei innocenti allineati in due file da tredici nei loculi del minuscolo cimitero situato all’ingresso del paese.
Giovani mamme la cui esistenza è trascorsa in un attimo si ritrovano ormai già vecchie ad invocare Dio e a ripetere perché, perché, perché, una litania che squarcia il cuore.
Le osservo mentre restano lì, immobili ed eteree di fronte alla loro tomba a fissare la loro lapide.
Accanto alle foto vedi la macchinina rossa della ferrari, il pupazzo di dragon ball, un peluche variopinto, frammenti di sogni drammaticamente sgretolatisi insieme alla scuola elementare Iovine in una pigra mattinata di ottobre alla vigilia delle vacanze per la festa dei morti.
"Non c’è più nulla, non esiste più nulla, il mondo è finito" Sono le parole di un’anziana donna che esce dal cimitero tenendosi sotto il braccio di un’altra più giovane di lei . Mi fissa per un attimo come a voler dire qualcosa poi invece si ritrae andandosene per la sua via.
Il senso del pudore di persone è qualcosa di commovente tanta è la semplicità con cui la rassegnazione si mescola al dolore vivo di una perdita incommensurabile.
La rabbia e l’impotenza di fronte a un’esistenza caduca ti annichilisce, ti fa sentire niente.
Vorresti essere un granello di polvere in balia del vento o un ciuffo d’erba gramigna che si insinua nelle mura scrostate di una vecchia casa pericolante.
Qualsiasi cosa pur di scomparire, pur di smarrire la coscienza di se stessi.
E’ un evento troppo grande per tentare di capire
Una scuola elementare, le prime esperienze fuori dalla famiglia, l’inizio di un percorso di vita che si trasforma per un inafferrabile motivo in uno strumento di morte, in uno spaventoso cimitero di giovani coscienze alle quali è stato negato il futuro.
Più in la una troupe televisiva ha allestito un set dove un giornalista dall’aria trafelata aspetta il segnale della messa in onda.
Sono i lanzichenecchi della cosiddetta informazione.
Gelidi resoconti che snocciolano cifre e dati in un crescendo di pathos reso ancor più tragico da una “diretta” che mastica il tempo mai sufficiente a far riflettere ma sempre abbastanza per brandire la notizia come una clava.
In quell’attimo mi attraversa come una lama fredda l’indifferenza che pervade chi da le notizie. In questo mondo capovolto fare informazione non vuol dire rendere partecipe di un evento chi ascolta ma curare un testo affinché non sia ne troppo breve ne troppo lungo ma giusto, da stare nei quaranta secondi della diretta .
Vivo l'evento che diventa racconto e il racconto che si trasforma in un elenco di numeri recitati con le giuste espressioni da un anchorman sul palcoscenico della tragedia.
Alzo lo sguardo verso il sole semicoperto che torna ad irradiare di vera luce quelle colline dai fianchi delicati sui quali si arrampicano a perdita d’occhio filari di viti.
Intanto il vento è diventato brezza che porta dal mare l’odore leggero dello iodio e mentre la mente è persa in questi contrasti forti penso che la natura ha sempre una ragione per essere come è.
Anche se noi piccoli uomini non arriviamo a comprenderlo basta allargare lo sguardo sul paesaggio sottostante tra gli ulivi e le viti per percepire la nostra condizione di semplici viaggiatori in un tempo che scorre e continuerà a scorrere comunque, con o senza di noi.
Si parlerà di responsabilità e di ricostruzione, ci sarà chi si attiverà per sostenere le popolazioni colpite dal sisma e chi si preoccuperà di alleviare le loro sofferenze ma nulla di tutto ciò farà recuperare l’identià a chi ha subito una perdita.
Ci saranno uomini e donne diversi da ciò che sono stati, ci sarà un domani che verrà vissuto secondo nuovi paradigmi e vedranno la luce altri bambini che potranno contare su valori diversi, forse più veri e profondi.