Voglio fare il calciatore
Diego Armando Esposito, 12 anni, testa pazza di Scampìa e abitante della Torre, una delle più vecchie delle quattro torri costruite nel rione. Il padre – arrestato quando Diego non aveva neppure un anno – gli ha messo questo doppio nome in onore di Diego Armando Maradona, quello che per sette anni ha fatto sognare il Napoli. Ed è proprio questa la passione di Diego, giocare a calcio, a scuola ci va, sì, ma per perdere tempo, ci va “per pariare”. E’ iscritto in una scuola calcio del quartiere, è un attaccante e indossa la maglia numero dieci.
Passa le giornate in compagnia del suo pallone da calcetto. Maria, sua madre, lavora in una salumeria del quartiere. Mentre palleggia Diego pensava di dire al padre qual è la sua vera passione… gliel’ha sempre nascosto perché lui, durante i colloqui in carcere, gli dice sempre: “Tu non devi diventare come me, devi studiare e andare avanti. Se non studi non puoi andare da nessuna parte!”
Diego è più che sicuro che suo padre ci rimarrà male quando saprà che suo figlio va male a scuola.
Diego va bene in una sola materia, l’educazione fisica.
Sta ancora pensando a come dirlo a suo padre, la prossima volta che andrà a trovarlo, che lui a scuola va uno schifo. Ed ecco, sua madre lo chiama, gli dice di smettere di disturbare i vicini con tutte quelle pallonate che finiscono contro il muro della torre.
Lui non smette, anzi, tira più forte, sa che il suo sogno di diventare calciatore non si potrà mai realizzare. Piange e dà calci fortissimi alla palla, che per lui è oramai come prendere il palo della porta… dà un altro calcio, questa volta più debole, e mentre aspetta che il pallone ritorni indietro vede quell’uomo che corre tutti i giorni per il parco. Stavolta si ferma e, con espressione soddisfatta, gli dice:
“Guagliò… ma tu sei veramente bravo! Come ti chiami?”
"Diego"
“Proprio come il grande Maradona!... Senti Diego, che ne diresti se ti facessi giocare nelle giovanili del Napoli? Dovrai studiare. Nella sezione dei junior si accettano ragazzi che hanno come minimo la licenza media…”
“Io sto in seconda media, e poi non credo di potermi iscrivere. Non abbiamo tanti soldi e…” Mentre sta per continuare, l’uomo lo interrompe:
“Adesso devo andare, però pensaci e parlane ai tuoi genitori”…
Diego corre dalla madre e le racconta tutto.
Maria è triste.
“Giovedì andremo a trovare tuo padre, gli diremo che non stai andando bene a scuola, ci resterà male, poi… si vedrà”.
I tre giorni passano in fretta, Diego è emozionato quando vede suo padre.
“Come stai?”
“Sto bene, papà però devo dirti una cosa…”
Diego gli dice che ha avuto brutti voti in pagella quadrimestrale e che non ha proprio voglia di studiare. Suo padre resta in silenzio, poi gli prende una mano e la trattiene tra le sue
“E allora cosa vuoi fare, restare per strada?”
Diego trova finalmente il coraggio di dirglielo: “Papà… voglio fare il calciatore!” …
I due si guardano, sono entrambi commossi.
All’improvviso il padre lo stringe tra le braccia, e piangendo gli dice: “Studia e realizzerai il tuo sogno!”
Diego gli parla anche dell’incontro con l'uomo della scuola‐calcio, e quando finisce il colloquio è felice.
Dopo quel giorno si impegna con lo studio, diventa il migliore della classe e realizza il suo sogno diventando orgoglio del quartiere e facendo sognare il Napoli come fece un altro scugnizzo trent’anni prima, uno chiamato Maradona.