Voynich. Mistero senza tempo. 3
La lampada inutile
‐ Bene, Abel – disse Claire, mentre venivano scortati attraverso un angusto corridoio – non voglio offendere la tua intelligenza, non sono chi hai creduto… ma il mio nome è veramente Claire. – il professore sembrava invecchiato, forse per la stanchezza e, probabilmente, per la delusione. Attraverso un’altra di quelle piccole porte, arrivarono ad una cavità enorme, se ne vedeva solo il soffitto. Gli ambienti erano divisi da vecchi mobili e scaffalature; c’era praticamente di tutto, dai libri agli alambicchi, dai PC a sofisticati mezzi di scansione; l’aria secca era pervasa da un ronzio, certo un impianto notevole di deumidificazione. Un paio di svolte in quel labirinto, poi entrarono in una grande costruzione, ricavata tutta in cristallo, compreso il tetto.
– Ora assisteremo ad un incontro storico – disse lo strano tipo che si era unito al gruppo; l’uomo aveva un volto anonimo, era vestito da prete ma aveva uno sguardo freddo e indecifrabile e gli occhi neri come la pece.
– Monsignore è il nostro capo – disse Claire, stranamente deferente – il suo nome non vi direbbe niente… né vi servirebbe a capire chi siamo.
– Hai ragione – intervenne amaro Corbett – non ci servirebbe a niente, visto che ci avete già condannati!
– Silenzio! – disse il prete, autoritario – Dovremmo essere tra studiosi, no? – ma poi atteggiò la bocca a un sorriso malevolo. Claire intervenne per ricordare a tutti il motivo di quella riunione. “Probabilmente,” pensò Davide, “tra tante menzogne, è veramente un’archeologa.”
– Il Manoscritto – iniziò Claire – è stato redatto molto prima di quanto si pensi, nel 1239, da un amanuense, Aspreno, per altro del tutto sconosciuto alla storia, e il committente del libro fu l’imperatore Federico II. “Noi” – e probabilmente si riferiva alla Chiesa – conosciamo bene l’origine del libro… ma celava il suo mistero da troppo tempo, perché lo ritenessimo pericoloso. In pratica, avevamo un po’ abbassato la guardia. Se l’opera non aveva rappresentato un pericolo per 800 anni, probabilmente poteva rimanere dov’era restando un crivello per gli esperti del settore.
– Perché diavolo sei venuta da me, allora? Cosa cercavi a Yale? – il professore probabilmente non digeriva ancora l’inganno. Quando Claire rispose, la sua voce era fredda, quasi sprezzante; non lo aveva mai amato, era lampante.
– È molto semplice: tutto è partito dalla tua idea di rendere il Voynich fruibile integralmente, sul web.
– Un’azione infantile – disse l’ometto divertito – cosa sperava? Che una persona qualunque… un appassionato di misteri da fumetto, lo decifrasse come per incanto?
– Beh… non sbagliavo di molto, visto i crimini di cui vi state macchiando, semplicemente perché Davide mi ha cercato, a Yale… – disse Corbett, provocando la stizza dei presenti.
– Non è solo questo. – rispose acida Claire – Tra i nostri esperti, qualcun’altro ha scorso il Manoscritto ed ha riconosciuto, nelle pagine finali, uno strumento conservato nella parte più recondita e inaccessibile della Biblioteca Vaticana; un manufatto di forma cilindrica di cui non si è mai compreso l’utilizzo, denominato: la Lampada inutile. Intanto, una delle guardiane, trascinava, al centro della stanza, una gruetta da officina. Appeso al gancio, una specie di cilindro nero.
– Questo strano oggetto, giace da secoli nel deposito, praticamente dimenticato. – disse il prete – Poi, l’occhio acuto della nostra insostituibile Claire rimase colpito da una figura del Voynich. Per puro caso, risistemando dei reperti, aveva avuto modo di avere tra le mani la Lampada oscura… ma continua tu, mia cara.
– Credo ci sia poco da spiegare, Monsignore, il professor Corbett ha individuato dove ha già visto una “lampada” come quella, giusto? – Chiese lei lanciando uno sguardo di sfuggita in direzione di lui.
‐ Mio Dio! – disse questi, incredulo; l’aveva notato subito. Era lo stesso disegnato minuziosamente sul lato esterno di molte pagine del Manoscritto. – Pensavamo fossero vasi da Speziale ma io non ne sono mai stato convinto: perché disegnarli con cura senza indicare cosa avrebbero potuto contenere?
‐ Quando l’abbiamo studiato, dopo secoli di abbandono, comprendemmo molto sul funzionamento della Lampada. Era stata etichettata come “inutile” perchè, chi la studiò, non aveva alcuna conoscenza della tecnologia che le permetteva di funzionare. Lo stesso appellativo di “Lampada” dovette essere collegato più a un sentito dire, che a una reale comprensione del reperto. – era ancora Claire, a spiegare tutto. Corbett pensò che per loro, forse, c’era ancora una speranza di avere il tempo necessario per tentare di fuggire. Se gli raccontavano tutte quelle cose era per due motivi: uno, volevano servirsi del suo aiuto e della sua esperienza e, due, erano certamente convinti che sia lui che Davide, non sarebbero mai usciti dai sotterranei del Vaticano, perlomeno non da vivi.
Senza memoria.
Era notte fonda quando Davide e il Professore scesero da un Taxi, davanti alla Stazione di Piazza del Popolo. Il lungo budello, elegantemente illuminato, ma completamente deserto di via del Corso, era proprio di fronte a loro. I due erano provati, spossati ma inequivocabilmente vivi. L’auto ripartì senza che il conducente richiedesse alcun compenso. Sedettero su una panchina di marmo, cercando di riordinare i propri pensieri:
– Capisce professore, siamo qui, a Roma, liberi come l’aria! – disse Davide incredulo, mezz’ora prima si era sentito un eroe innocente, condannato da una setta di monache pazze, di cui non aveva mai sospettato l’esistenza. – Non ci hanno torto neppure un capello… incredibile!
Corbett lo ascoltava probabilmente, ma non condivideva la sua enfasi; forse la stanchezza aveva fiaccato maggiormente le energie dell’anziano luminare.
– Avevamo ragione, ha visto? – sorrise Davide, mentre cercava di ricostruire gli eventi: grazie alla Lampada meravigliosa, alimentata dall’acetilene è possibile sia interpretare il linguaggio che scoprire i progetti nascosti nei grandi disegni! Sono ancora esterrefatto. L’essere misterioso, ha istruito lui stesso l’amanuense, per creare un codice illeggibile a chiunque, tranne che a Federico II… m’immagino l’emozione dell’Imperatore. Chi l’avrebbe mai pensato? Una storia iniziata migliaia di anni or sono tra gli Olmechi, termina nella piccola Italia, dall’altra parte del mondo, nientemeno che a Castel del Monte: una costruzione misteriosa di cui nessuno era mai riuscito a comprendere lo scopo… e come avrebbero potuto?
Lontano, dopo aver sorvegliato, sorniona, l’Altare della Patria, un’auto della Polizia imboccò via del Corso, procedendo lentamente. Gli agenti, stressati, aspettavano di riempire, pacificamente, l’ultima mezz’ora del loro turno.
– Il progetto non poteva somigliare ad altri… era unico. Una costruzione dedicata totalmente all’essere venuto dallo spazio… una costruzione fatta per diventare, in parte, una spettacolare piscina calda, piena di cloruro di sodio… e poi ha visto, professore, tutto lo studio per tentare di mettere incinta una donna umana? Spettacolare: mille anni fa, quell’essere, trattava i cromosomi e l’anatomia in un modo che ancora oggi sembra stupefacente… – Davide si diede una calmata. – Eh, professore, questa è una scoperta sensazionale, e certo la gloria sarà tutta sua… però la prego, dia una chance pure a me, mi permetta di farmi un po’ di pubblicità. Incrociò lo sguardo di Corbett e iniziò a ridere, finalmente la tensione si scaricava, dopo quella incredibile serie di eventi. Anche il professore gli sorrise; stranamente Davide non gli riconobbe lo sguardo acuto che aveva sempre nascosto negli occhi vispi. Certo la stanchezza stava avendo la meglio sul professore, e anche su Davide stesso. Non vedeva l’ora di trovare un letto, finalmente, e farsi una spettacolare dormita…
– Non si scordi di me, mi raccomando! – aggiunse il giovane, sempre sorridendo, di una gaiezza un po’eccessiva. – Davide Sa…, Sa… – il ragazzo cominciò a ridere di se stesso – Ma come è possibile? Adesso mi scordo persino il mio cognome?
– Ehi, amico, per caso tu sai come mi chiamo? – e rideva come uno sciocco, mentre la sua mente vagava su una strana serie di ricordi, che si mescolavano come carte da gioco nella sua memoria allucinata… il giovane provò paura e una grande sensazione di vuoto. Non ricordava più niente: cosa ci faceva nella notte su una panchina; dove si trovava; chi era quel vecchio sconosciuto accanto a lui? Un lieve fastidio al braccio lo costrinse a guardare: al centro dell’avambraccio, il segno rosso di una puntura che andava sbiadendo… anche l’altro, quello che sembrava un vecchio scemo, aveva un segno così.
I due sorridevano come due ebeti, senza ricordi e senza identità. Quando i poliziotti si avvicinarono per un controllo, non seppero rispondere a nessuna delle facili domande rivolte loro dagli agenti.
Epilogo
1465, Anchiano.
‐ Pazzo… pazzo! – urlava la donna, mentre il marito sedeva bonario con l’immancabile caraffa di Chianti, a portata di mano; lui era solo un osservatore esterno, come sempre. Caterina, invece, inveiva contro il Signore, questi la lasciò sfogare prima di comunicarle le sue decisioni. – Ed io più sciocca di voi: lasciare il ragazzo a studiare dal vecchio squinternato, quello che tutti prendono in giro… l’ultimo Templare delle mie babbucce!
‐ Adesso calmati! – disse l’uomo che non era mai riuscito a nascondere l’amore profondo che aveva provato per lei. – Non ti preoccupare di niente. Gli inquisitori arriveranno solo domani pomeriggio; si occuperanno loro della salma e di tutto il resto, compreso il “diavolo mostruoso” nella sua cantina. Sciocche superstizioni da contadini. Probabilmente si tratta solo di un animale impagliato… Tranquilla, il ragazzo adesso è già a Vinci e domani, prima dell’alba, sarà in viaggio per Firenze. Se Dio vuole resteremo del tutto estranei a questa maledetta faccenda…