su "Le rotte del vento"
Apro la raccolta di poesie "Le rotte del vento" di Maria Teresa Santalucia Scibona e il mio primo pensiero è un interrogativo pieno di timore. Un sentimento di inappropiatezza dinanzi a una poetessa del suo valore e della sua esperienza.
Dopo aver letto le prime poesie, il mio animo si placa totalmente, avvolto nell'accogliere lo splendore e la delicatezza di parole spennellate con maestria e immensa sensibilità.
Rimanere estasiati da paesaggi filmati con l'inchiostro, che restano indelebili in quel transfer poetico da chi scrive a chi legge.
La prima poesia "Baruffe marine" è quella che mi sta più a cuore, e non solo perché mi è dedicata, ma perché racchiude l'essenza della poetica di Maria Teresa: una dolce tempesta marina. La dolcezza è una fresca e perenne brezza che accarezza le sue parole; ruscelli d'inchiostro che scendono lenti da armoniosi rilievi.
La tempesta è tutta la forza espressiva, e ancor di più umana, che trapassa ogni pagina e mette l'animo nobile di questa donna davanti ai suoi testi. Sì, perché anche quando ci troviamo davanti a descrizioni di paesaggi ed eventi naturali, nel parallelo opposto ci appare lei: una donna che tracima di tutte quelle parole, quei colori, quei suoni, quegli odori, quelle sensazioni forti che il suo corpo minuto fatica a trattenere.
La poesia "Le rotte del vento", che dà il titolo alla raccolta definisce un altro aspetto chiave.
"navighiamo a vista/ eludendo ignari/ le rotte del vento". Quest'incedere a vista, sicuri che la poesia ci porterà in un luogo a noi caro, senza bisogno di rotte segnate o della forza del vento che gonfi le vele.
E' la forza delle parole su cui veleggia Maria Teresa, è sicura al timone e neanche una tempesta marina le potrà sfilar via il suo tesoro più grande: la poesia.
Le rotte del vento
Raffaelli editore
22 pagine