su "Mexico City Blues"
Due volte ho letto questo libro: la prima per respirare l'odore di Città del Messico, per perdermi nelle sue strade, per trovare rifiugio nella stanza d'albergo del poeta, per perdere il sonno con la droga; la seconda per penetrare e poi affogare nei suoi pensieri, nell'intimità della sua anima, fra pagine e pagine visionarie.
"Mexico City Blues" rappresenta il testamento e allo stesso tempo il manifesto del padre della Beat Generation, Jack Kerouac, esso si impone come il grande poema del '900. Suoni, parole; una grande jam sessions dell'anima di Kerouac con il mondo, le parole sono le note e il poeta e il musicista che le addomestica a suo gusto per dare vita ad una melodia ritmica, sincopata.
Infanzia, spiritualità, vita e morte si sussegue senza distinzione l'una dall'altro e senza alcuna interruzione proprio come la sua prosa: un lungo rotolo srotolato sul pavimento.
Da dire che, per ovvie ragioni, nella trasposizione dall'inglese all'italiano il senso più alto dell'opera si perde, riuscire a salvaguardare senso e ritmo è veramente arduo e questo mortifica leggermente il testo. Ciò nonostante ne consiglio comunque la lettura che si troverà dolce e convolgente, pervasa di un misticismo tangibile.
Consiglio per la lettura: preferite per la lettura le ore notturne accompagnati dalla luna piena, da una buona bottiglia e da un sottofondo musicale, un buon blues sarebbe perfetto.
Mexico City Blues
Newton Compton
289 pagine
8854123625