su "Dadino"
“È questa una storiella fantasiosa/ che parla della gioia e del patire/ e senza approfondir nessuna cosa/ ha dentro sia la vita che il morire”: comincia così, con questo incipit denso di significati, il poemetto di Paolo Bianchi, “Dadino”, una bella storia di crescita, passaggi e iniziazione. L’opera è rivolta, come ci dice il sottotitolo, a “piccoli grandi e grandi piccoli”, due categorie di lettori in grado di superare i confini della propria età e lasciarsi andare a esperienze inconsuete.
Per una strana circostanza il protagonista, il cui nome, che dà titolo all’opera, ha in sé una forte allusione all’imprevedibilità della sorte, tuffatosi in uno specchio d’acqua si ritrova in un mondo all’incontrario. Nel viaggio di Dadino tutto, o quasi tutto, è piccolo, tranne forse la paura, lo spaesamento iniziali e la diffidenza per ciò che è diverso. Tali sensazioni ben presto si trasformano in desiderio di capire e di esplorare, grazie al fortunato incontro con un “piccolo signore di passaggio”, che rassicura il bambino sulla reversibilità della sua condizione. Al contempo però l’uomo instilla in lui la curiosità di conoscere, e come un novello Virgilio, riconoscendo il coraggio del bimbo, lo accompagna in un viaggio straordinario. Le mete, però, vanno conquistate: non si tratta infatti di una comoda visita guidata, ma di un dialogo maturo teso all’esplorazione dell’alterità, svelata non come una realtà migliore o peggiore di quella che ci è familiare (“il mondo dritto”), ma come un diverso punto di vista, prezioso strumento per capire fino in fondo quel che ci circonda. Attraverso l’esperienza di Dadino il lettore più attento si troverà quindi a riflettere sui grandi misteri della vita, riscoprendo dentro di sé la capacità che solo i “grandi piccoli” hanno di separarsi dalle proprie sicurezze per crescere, o, nel caso di “piccoli grandi”, scoprirsi persone migliori.
Dadino
Sangel
64 pagine
8897040659