su "Notturno"

"Ecco, non ho più l'ansia del tempo". Al Notturno ci si arriva, in genere, per studio. Non è un libro pensato per fare scalpore, non è propriamente un romanzo e non appartiene nè alla fase classicista nè a quella superomista di d'Annunzio. Se lo si affronta come il frutto di un momento solitario della vita di un uomo eclettico che ha sempre seguito ogni sua vocazione con profondità e intensità, le cose cambiano colore e prendono quello del buio. La sua genesi è legata a quando d'Annunzio passò un lungo periodo di ricovero con gli occhi bendati, nel 1916, a seguito di un incidente aereo: il bisogno inarrestabile di fissare sensazioni, umori e ricordi lo indusse a scrivere su lunghe strisce di carta, che si passava tra le dita. La stesura finale arriverà alcuni anni dopo, ma la sostanza resta immutata: chi lascia le sue memorie è un d'Annunzio cinquantenne, intimo, riflessivo, malinconico. 
"La vita non è un'astrazione di aspetti ed eventi, ma una specie di sensualità diffusa, una conoscenza offerta a tutti i sensi, una sostanza buona da fiutare, da palpare, da mangiare. (...) Io sento tutte le cose prossime ai miei sensi, come il pescatore che va a piedi nudi sul lido scoperto dal riflusso e si china a ogni tratto per riconoscere e raccogliere quel che gli si muove sotto le piante" (Gabriele d'Annunzio)

Notturno

di Gabriele d'Annunzio

Libro "Notturno" di Gabriele d'Annunzio
  • Casa Editrice
    Rizzoli
  • Dettagli
    306 pagine
  • ISBN
    881705061X