su "Settanta acrilico trenta lana"
Era da tempo che la letteratura italiana non veniva sconvolta dall'interno, nel suo apparato fondamentale: la scrittura. Questo è quanto ha fatto Viola Di Grado, scrittrice di origini siciliane, che col suo "Settanta acrilico trenta lana" ha modificato in modo innovativo e singolare i parametri dello scrivere. La sua scrittura è infatti del tutto nuova: è una scrittura forte, decisa, a tratti violenta che lungi dall'annoiare il lettore, coinvolge e catapulta letteralmente nella storia che la Di Grado racconta. Camelia è una giovane ragazza che vive a Leeds con una madre che fotografa buchi e vuoti, chiusa nel silenzio più totale, conseguenza della scoperta del tradimento dell'ormai defunto marito, traduce manuali di istruzioni per lavatrici e cerca di instaurare un nuovo linguaggio comunicativo fatto di silenzi, di sguardi e di gesti. Camelia conoscerà Wen, un ragazzo cinese che le insegnerà il linguaggio degli ideogrammi e di cui lei si innamorerà.
"Settanta acrilico trenta lana" mostra una maturità linguistica e narrativa sorprendente che, con le sue sinestesie, iperboli, allitterazioni, fa del linguaggio un qualcosa di plasmabile e malleabile. E con grandi risultati. Viola Di Grado si pone nella letteratura italiana con grande forza e immediatezza. Immediatezza, soprattutto, che pone le proprie radici nella giovane età della scrittrice e nella voglia di catturare il lettore, irretendolo e piegandolo con la forza delle proprie parole e delle proprie idee. Il romanzo di Viola Di Grado, è una sfida lanciata al lettore di ogni età. Una sfida che impone di fare i conti con il dolore sottile che pervade le nostre vite e che spesso ci conduce ad assumere comportamenti inaspettati e, perciò, bizzarri.
Settanta acrilico trenta lana
E/O
189 pagine
8876419470