su "Il nero e l'argento"
L’ultimo libro di Paolo Giordano parla di una relazione, di un universo in evoluzione, degli affanni (il nero) e delle bellezze a volte minime (l’argento) che dentro una coppia si hanno. Una coppia che ha paura di scoprirsi, di scavare dentro e dietro i fantasmi che albergano in ognuno di noi, una coppia che vacilla pensando al domani, alla vita, al suo ripetersi, fino al giro di boa, in quelle acque placide, profonde, dipinte da un blu spettrale che ricorda l’abbandono. Quasi paurosi di un senso di nullità, di negazione di un rapporto fantasma, immaginario, sentono il bisogno della conferma, dell’approvazione, dell’essere visti per ricevere un’autenticazione. Così la signora A. – sotto le vesti di domestica – si introduce nella loro casa, silenziosamente, con passo felpato, quasi venendo ad essere un essere che ha il potere con il suo sguardo di generare e portare una tranquillità amorosa sempre più scadente. Ormai da quando c’è lei, tutto sembra aver trovato il giusto senso, la giusta collocazione: “[…] provai anch’io un sollievo inaspettato, persino un senso di eroismo per come avevo accantonato le mie ambizioni in favore della serenità di Nora. I miei colleghi emigrati avrebbero avuto la gloria accademica spalancata davanti a loro e uffici ariosi in strutture di vetro e metallo, ma avrebbero vissuto lontano, lontano non solo da qui, lontano da qualunque posto. Avrebbero incontrato e sposato ragazze straniere, «mogli comode», perlopiù appartenenti al fototipo nordico e con le quali comunicare in una lingua intermedia, il francese o l’inglese, come diplomatici. E io? Io, invece, avevo Nora, che comprendeva ogni sottigliezza delle frasi che pronunciavo e ogni implicazione di quelle che sceglievo di non dire. Potevo aspirare a qualcosa di più di questo?, immaginare di metterlo a rischio in favore di una borsa di studio seppure prestigiosa? Ogni progresso della fisica dall’inizio, l’eliocentrismo e la legge di gravitazione universale, le equazioni sintetiche e perfette di Maxwell e la costante di Planck, la relatività ristretta e quella generale, le stringhe multidimensionali attorcigliate su se stesse e le pulsar più remote: tutta la gloria di quelle scoperte insieme non sarebbe bastata a restituirmi la stessa pienezza […]”.
Un amore che va oltre le concezioni ancestrali della fisica, che sfida le leggi del mondo seppur avendo sempre il bisogno di conferme costanti (esterne). Il loro percorso amoroso evolverà, muterà come leggi elementari, fin quando un variabile, una variabile di segno negativo opposta all’amore porterà turbamento nella coppia, e nella vita della tenera signora A. che vedrà dissolvere pian piano ogni sua sicurezza, tant’è che si astrarrà dalla vita della coppia per indagare nel suo personale universo. Così la coppia diviene fotografia della confusione, del turbamento, della sintonia ormai spezzata dall’assenza, un’assenza improvvisa, inspiegabile, cui deve fare i conti anche il figlio della coppia ormai spezzata dall’assenza, un’assenza improvvisa, inspiegabile, cui deve fare i conti anche il figlio della coppia ormai smarrito e in balìa di una assenza dolorosa. Dall’universalismo narrativo Giordano nel corso del libro muta e stratifica la storia per arrivare a presentarci un particolarismo fatto di scelte – forse sbagliate –, di amori (bisognosi di conferma), di invadenze, di dialoghi interiori, dell’amore a tutto tondo (che si sente minato): che talvolta tocca picchi d'argento, talaltra tocca picchi di nero.
Il nero e l'argento
Einaudi
118 pagine
8806221612